la Repubblica, 21 novembre 2019
Biografia di Hannah Gadsby
C’è una guerra culturale in Occidente, e le vittime della serata sono due trentenni che non ridono. Due bravi ragazzi di Stoccolma, di certo progressisti, con le fidanzate allo spettacolo di una lesbica australiana autistica sovrappeso. Si chiama Hannah Gadsby, ha rivoluzionato la comicità, è diventata stella di Netflix, ha vinto un Emmy per il suo show Nanette. È così amata – e pure odiata – per la sua analisi spericolata dei traumi personali («Non mi ero mai resa conto di quanto fossero popolari i traumi», dice nello show). Per la sua presenza forte («Niente è più forte di una donna distrutta che si è ricostruita»). Perché è esilarante («non mi identifico come lesbica o trans. Mi identifico come stanca»).
Con Nanette è diventata così influente da ispirare – hanno riferito ai media fonti affidabili – la nuova politica del Moma di New York, di acquisire più opere di donne e minoranze. Ora porta in giro per il mondo il suo nuovo spettacolo, Douglas (sarà su Netflix l’anno prossimo). E riempie teatri, più che altro di donne.
Il pubblico
Al Waterfront Center di Stoccolma sono una marea, lesbiche etero e altro, con un po’ di uomini, qua e là, da individuare nella folla come il personaggio Wally dei libri per bambini. «Wally è il simbolo del privilegio dei maschi bianchi: perché bisogna trovarlo?», chiede Gadsby. «Perché non prova a trovare se stesso come tutti noi?». Ridono molto, nell’ordine: le spettatrici femmine; gli etero scuri di pelle; i gay; pure i teneri padri suburbani svedesi che accompagnano figlie ragazzine con capelli corti e bomber. Non i due bravi ragazzi, immobili per un’ora e mezzo, vicini vicini tra le fidanzate che si sganasciano. Consapevoli di non essere più il canone; di non decidere più cosa è culturalmente rilevante e cosa fa ridere, almeno lì.
Magari perché Gadsby è aggressiva, a tratti pesante, e ha la complessa gestione della rabbia di chi è stata stuprata in gruppo. D’altra parte «se gli uomini capissero il valore della fatica emotiva l’avrebbero monetizzata da tempo. Se ci avessero pensato le donne avremmo fatto i miliardi coi Bitchcoin». I bitcoin delle stronze, che a pensarci sono un’idea.
La comica
Gadsby, più brechtiana che australiana, inizia lo spettacolo spiegando cosa dirà nello spettacolo. «Prima delle battute con parolacce, poi battute classiche, poi vi racconterò una storia di misoginia successa in un prato dei cani. Poi vi parlerò del mio autismo. Poi altre battute, poi prenderò in giro gli anti-vax, poi farò una conferenza di storia dell’arte con diapositive, e concluderò cercando di scatenare odio».
Douglas è forse la conseguenza di Nanette; del rifiuto annunciato della comicità in cui donne e minoranze si devono prendere selvaggiamente in giro peressere accettate. Seguivano dibattito e senso di obsolescenza tra gli stand-up comici anglosassoni, ammissioni di colpa, virtuose dichiarazioni di intenti per il futuro. Seguiva massacro di Gadsby stessa da parte di parecchi haters online. Seguiva resilienza di Gadsby. Sulla grassezza che gestisce grazie a completi ben tagliati: «Fanculo le diete, trovatevi un sarto». Sull’astio maschile: «Vi siete offesi? Ma sono solo battute, suvvia, cosa volete che sia» (è quel che le donne si sentono dire).
La critica
Douglas è il nome del cane di Gadsby. Lo spettacolo è stato giudicato «geniale» ( The Atlantic ), «tumultuosamente divertente, profondamente infuriato» ( New Yorker ), «smantella la commedia e mostra l’anima» ( New York Times ) e porta la gente sui social a spingere estranei a guardarlo, perché «ha cambiato la mia vita e cambierà la vostra» ( The New Republic ).
Mentre secondo il Financial Times usa troppi luoghi comuni e «manca di empatia teatrale». E a Gadsby viene contrapposta una femminista più aggraziata come la Phoebe Waller-Bridge della strepitosa serie Fleabag (però Waller-Bridge è attrice-autrice di fiction; Gadsby si rifà a vecchi comici uomini, assertivi, alcuni grandi molestatori o peggio, come Bill Cosby e Louis C.K.).
Gadsby e il suo cane ora vivono a Los Angeles. Dove si è fidanzata per un po’ con Jill Soloway, creatrice della serie Transparent e altra icona della tv che alcuni in Italia chiamerebbero «di propaganda gender». Gadsby sostiene che gli americani pretendono di fare battute su tutto; ma se da australiana di campagna scherza sui cani morti entrano in agitazione.
Le arti
Gadsby è comica per vocazione e storica dell’arte per formazione. E le sue microconferenze con foto sono indimenticabili. In Douglas spiega quadri da patriarcato colto come la Scuola di Atene di Raffaello. Dove un gruppo di soli uomini «decide i nomi delle cose». Le donne sono in altri quadri: «Sono costrette a correre nude in gruppi di tre». Se si allontanano, «vengono prese, incatenate a qualche roccia e minacciate da un drago». C’è ancora chi ci prova, munito di rocce. C’è chi obietta, anche perché, che diamine, «le donne esistono da tanto tempo, da prima ancora dei vestiti». E in effetti.