Il Meccanismo europeo di stabilità è un fondo "salvastati". Se n’è dotato l’Eurogruppo negli anni della crisi e i 19 Paesi partecipano con quote proporzionali al Pil, l’Italia con circa 14 miliardi. Ha finanziato Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Cipro. È il "prestatore di ultima istanza", ruolo che la Bce non può svolgere per statuto. Con 700 miliardi di potenziale intervento - in grado di fronteggiare qualsiasi crisi - è la maggiore istituzione finanziaria del mondo, più grande del Fmi.
• Perché i timori?
Nella discussione si sono fronteggiate due posizioni: i Paesi nordici come sempre timorosi di prestare soldi a chi ha già un forte debito; la "sponda sud" che vuole evitare il ripetersi di umiliazioni modello Grecia. Il compromesso da votare all’Eurosummit del 13 dicembre (passa solo all’unanimità), è il seguente: il Mes quando riceve una richiesta di aiuto istruisce la pratica. Se emergono dubbi sulla solvibilità del Paese, può (non "deve") chiedere la partecipazione dei privati al salvataggio, cioè la ristrutturazione del debito. Il taglio di una quota si traduce in una perdita secca per il creditore ma soprattutto in una perdita di credibilità per il Paese. Un rischio oggettivo per l’Italia.
• Cosa spaventa le banche?
Sono in possesso di 400 miliardi in titoli e un taglio comporterebbe ovvie penalizzazioni. Accusano il governo di averle tenute fuori dalla discussione, che per la verità si è svolta a Bruxelles (dove l’Abi ha un ufficio) in sedute non segrete. La stessa Abi comunque si è detta tranquillizzata dalle precisazioni di Gualtieri