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 2019  novembre 21 Giovedì calendario

Altri 400 milioni per Alitalia

La telenovela del salvataggio di Alitalia, costata solo negli ultimi due anni e mezzo 1,5 miliardi di euro ai contribuenti, arriva all’ennesimo redde rationem con tre anguste vie d’uscita: un forcing dei commissari per convincere Atlantia a rientrare in partita (magari con uno zuccherino politico alla voce concessioni autostradali), una nazionalizzazione a tempo per ristrutturare la compagnia e cederla a Lufthansa o la liquidazione che aprirebbe uno scenario da Ilva-bis. Tutte strade in salita con al tavolo, nel ruolo di convitato di pietra, la Ue: Bruxelles ha fissato per oggi il termine ultimo (dopo sette rinvii) per la vendita. Senza una soluzione è possibile che l’Europa – dopo aver congelato per quasi tre anni la procedura per aiuti di Stato faccia scattare la procedura d’infrazione, con l’obbligo immediato per i Commissari di restituire i soldi del prestito ponte al Tesoro, bloccando il nuovo salvagente da 400 milioni previsto in Finanziaria. Decisione che spalancherebbe immediatamente la porta alla liquidazione.
Il compito di Daniele Discepolo, Enrico Laghi e Stefano Paleari, i tre amministratori straordinari del gruppo, è delicatissimo. Lo scorso ottobre hanno chiesto e ottenuto di partecipare ai negoziati per accelerare la vendita. Il tempo è denaro: Alitalia ha perso nei primi sei mesi dell’anno 901 mila euro al giorno. I soldi in cassa si bruciano con grande rapidità e i 400 milioni supplementari chiesti al Tesoro «bastano solo per arrivare al 31 marzo», ha ammesso Laghi qualche giorno fa in audizione alla Camera.
Entro fine mese la società deve presentare alla Iata – l’organizzazione dei vettori mondiali – i piani di volo per la prossima estate. E prima della cessione è necessario ottenere l’ok sindacale al piano industriale, che per ora non c’è, e il via libera dell’Antitrust; procedure che richiedono tre, quattro mesi. Una soluzione, insomma, va trovata in pochi giorni. Le avances di Lufthansa sono per ora troppo vaghe per sperare di trovare la quadra in tempi stretti. E visto che l’unica ipotesi concreta sul tavolo è l’asse Fs-Atlantia- Delta-Tesoro, i Commissari potrebbero incontrare nelle prossime ore tutte le parti – magari grazie a una mini-proroga – per capire se esistono i margini per chiudere in tempi rapidi un accordo. Mantenendo il 31 marzo come termine ultimo per la cessione.
I Benetton (che controllano Atlantia) interpretano l’investimento in Alitalia come un modo per ottenere dal governo il salvataggio delle concessioni autostradali, la vera gallina dalle uova d’oro del gruppo e sembrano preferire l’asse con Lufthansa. L’ingresso in scena dei tedeschi in zona Cesarini e senza mettere (per ora) soldi sul piatto ha ottenuto il risultato – positivo per loro – di ingarbugliare le trattative con Delta. E un’eventuale liquidazione di Alitalia aprirebbe a Francoforte enormi praterie nei nostri cieli, un mercato che malgrado i guai di Alitalia non ha mai smesso di crescere.
Il partito della “nazionalizzazione a tempo” – ammesso e non concesso che passi l’esame della Ue trova parecchi sostenitor i tra i dipendenti e in parte del Parlamento. L’idea sarebbe di far gestire per un annetto la compagnia allo Stato, raggiungere un’intesa con i sindacati per ridurre il costo del lavoro e poi cederla ai migliori offerenti. Le condizioni, guarda caso, poste da Lufthansa per entrare nel capitale.
L’ipotesi più traumatica resta quella della liquidazione. Anche per evitare reati penali degli amministratori straordinari. In ballo, tra società e indotto, ci sono 20 mila persone, come nel caso Ilva. Una partita che costerebbe molto ai Benetton (il 40% dei voli a Fiumicino, controllata Atlantia, è garantito da Alitalia) ma che per la maggioranza di governo rischia di essere esplosiva.