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 2019  novembre 19 Martedì calendario

Il proprietario dell’auto non può usare «HH» perché potrebbe alludere a Heil Hitler

All’inizio del mio lavoro da cronista, mi insegnarono a stare attento alle sigle e alle abbreviazioni. Potevano diventare imbarazzanti, ma si stava in guardia contro i doppi sensi sessuali, non politici. Adesso, ascoltando la radio, o leggendo le notizie online, mi accorgo che i miei colleghi sono diventati distratti. In Germania, il politically correct ha raggiunto anche le targhe automobilistiche. Nei giorni scorsi, il tribunale di Münster, in Westfalia, ha proibito di usare le lettere «HH», perché stanno per Heil Hitler. Il proprietario dell’auto ha fatto appello, e ha perso definitivamente. Mi sembra che la sua ostinazione sia più che sospetta.È necessaria una spiegazione. Anni fa, milioni di italiani furono obbligati a cambiare le targhe. L’Europa, si sostenne, aveva vietato che si facesse riferimento alle città o alle province. Condannata a morte «PA» per la mia Palermo, o «BO» per Bologna. Solo le macchine della capitale portavano per esteso la scritta Roma. Naturalmente Bruxelles era innocente. In Francia continuano a girare auto con i contrassegni numerici dei vari dipartimenti. E in Germania le località che hanno diritto a una targa sono 490, forse sono persino aumentate. Quando lavoravo a Bonn, abitavo sulla sponda destra del Reno e la mia auto aveva la sigla «SG», per Siegburg e non «BN», quella della piccola capitale provvisoria.
Quando di recente ho cambiato auto a Berlino, per paura della burocrazia mi sono affidato a un amico. Avevo torto, la pratica, al contrario che in Italia, è semplicissima, e costa una sessantina di euro e non centinaia come da noi. Che targa vuoi? mi chiese. Che importanza ha? Quella che capita. Lui mi convinse: Warum nicht? Perché no? Così, dopo la «B» per Berlino, scelsi «FE», per Fernanda, mia moglie, e la data del nostro matrimonio. È già occupata, mi spiegò, ho messo quella della mia data di nascita. I berlinesi ora sanno quanti anni ho.
Con l’aumento dei populisti di destra, alla motorizzazione stanno attenti. Vietata anche «HJ», per Hitler Jugend, la gioventù nazista, o il numero 88, due volte l’ottava lettera dell’alfabeto, sempre «HH». Proibito anche il 18, prima e ottava lettera, dunque Adolf Hitler. E l’84, che significa Heil Deutschland. Sempre più complicato: 444, DDD, è amata dai razzisti, significa Deutschland den Deutschen, «la Germania ai tedeschi». I nazionalisti si rifugiano persino nell’inglese: «192» signifca Adolf is back, torna il Führer. Verboten ovviamente «SA» e «SS». O «99», la sigla del demonio, per chi ci crede. E anche «OP», per Ost Preussen, la Prussia Orientale, ora diventata polacca, piace ai revanscisti che sognano la riconquista dei territori perduti.
I divieti si moltiplicano, e non tutto è vietato dovunque: «HH» proibito a Münster è lecito a Amburgo. La città anseatica, ha rinunciato alla semplice «H», una sola lettera a cui hanno diritto le metropoli. Per orgoglio locale preferisce Hanseatic Hamburg. La solitaria «H» se la può tenere la più modesta Hannover. I cittadini che vorrebbero scegliere le proprie iniziali non le ottengono se coincidono con quelle di qualche boss nazista, «HG», per Hermann Göring, ad esempio. Ed ora si vieta anche «IS» sigla dell’Isis. Scherzi a parte, è utile quando si guida sapere che l’automobilista che ci precede, con la targa «M», quella di Monaco, è un forestiero che potrebbe essere incerto se guida a Berlino. E mi chiedo chi abbia guadagnato in Italia obbligandoci a cambiare milioni di targhe con una fake news.