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 2019  novembre 20 Mercoledì calendario

L’Europa in un mare di liquidità

Una montagna di liquidità. I conti correnti europei strabordano di contanti, parcheggiati in attesa che l’orizzonte finanziario ispiri più fiducia. Gli ultimi dati dell’European banking authority indicano che i depositi a vista presenti nelle banche dell’Eurozona (sommando famiglie e imprese) hanno superato per la prima volta nella storia la soglia dei 10mila miliardi di euro. Considerando che nel 2018 i 19 Paesi che appartengono all’area valutaria hanno generato un Pil di quasi 12mila miliardi (fonte Eurostat), il conto della serva è presto fatto: una somma superiore ai due terzi del Pil è oggi ferma, senza alcuna direzione, in banca.
A quanto pare la predisposizione a conservare i soldi “sotto il materasso” non è un’attitudine esclusivamente italica, come il luogo comune porta a credere. I depositi a vista degli italiani in questo momento superano i 1.400 miliardi e ammontano a circa l’80% del Pil (che nel 2018 si è attestato a 1.753 miliardi) e sono certamente imponenti anche rapportando l’importo alla popolazione. È come se a livello pro-capite ogni italiano (neonati inclusi) avesse in banca oltre 23mila euro di liquidi.
Nei dintorni ci sono però Paesi che superano l’Italia in questa speciale classifica della liquidità. Prima in valore assoluto è la Germania dove le somme parcheggiate nei conti correnti rasentano i 3.000 miliardi e sono vicini al 90% del Pil (3.380 miliardi). Anche l’ “insospettabile” Francia si rivela più guardinga dell’Italia con 2.200 miliardi di depositi a vista, il 92% del rispettivo Pil. Volando poi fuori dall’Eurozona, colpisce anche il dato secco della Gran Bretagna, terza forza a spingersi oltre la soglia dei 2mila miliardi.
Andando indietro nel tempo scopriamo che quanto accaduto negli ultimi anni può definirsi una escalation della liquidità, considerando che nel 2005 le somme depositate nelle banche dell’Eurozona si aggiravano intorno ai 5mila miliardi. In meno di 15 anni sono praticamente raddoppiate manifestando una crescita costante che ha subito un’accelerazione tra il 2008 e il 2009, a cavallo dell’ultima forte recessione globale che poi si è riverberata nell’Eurozona sfociando nella crisi dei debiti sovrani (a partire dal 2010 con la Grecia).
«È evidente che nel tempo è aumentato il bisogno di sicurezza e molti risparmiatori, non solo italiani, hanno trovato via via la risposta nel conto corrente – spiega Andrea Iannelli, direttore degli investimenti per l’obbligazionario di Fidelity international -. Ma i numeri indicano che i costi di questa sicurezza sono elevatissimi. Basti pensare che dal 2000 ad oggi l’Eurozona ha generato un’inflazione del 30%. Quindi chi non ha mosso da allora i soldi dal conto corrente, solo per effetto dell’erosione del potere d’acquisto, ha subito una perdita del 30%. Senza considerare il costo opportunità, rappresentato dall’aver perso il treno dei rendimenti che nel frattempo tanto il mercato obbligazionario quanto quello azionario, entrambi a doppia cifra, hanno generato. Sommando inflazione e costo opportunità del “mancato investimento” il costo del parcheggio della liquidità è quindi elevatissimo».
Il parcheggio costa tanto ma è evidente che nell’attuale era finanziaria, dove ci sono in circolazione obbligazioni a tassi negativi per un valore vicino ai 15mila miliardi di dollari (in estate hanno superato addirittura la soglia dei 17mila miliardi) e dove molte Borse (Wall Street compresa) sono ai massimi di tutti i tempi sfoggiando multipli elevati che scontano ad oggi 20 volte gli utili futuri, investire sta diventando un enigma. Anche a fronte delle continue incertezze politiche (si veda guerra dei dazi tra Usa e Cina con evidenti ripercussioni anche in Europa) e macroeconomiche (la crescita degli Usa, la locomotiva economica mondiale anche grazie a un deficit commerciale annuo superiore ai 700 miliardi di dollari, procede ininterrotta da ormai 10 anni avendo abbondantemente superato gli otto anni canonici di un normale ciclo economico espansivo).
Nel mondo capovolto dei tassi negativi, frutto di politiche monetarie globali mai così coordinate ed espansive (negli ultimi 10 anni le banche centrali del G5 hanno iniettato nuova liquidità per 15mila miliardi di dollari) i vecchi punti di riferimento per i risparmiatori (titoli di Stato) sono venuti a mancare. «Una recente indagine Eurisko indica che la priorità degli italiani per un investimento è cambiata – conclude Iannelli -. Se è in passato era ottenere un rendimento elevato, adesso la parola d’ordine è diventata “sicurezza”». E così il conto corrente, più che uno strumento d’appoggio per le operazioni ordinarie, si è trasformato in quello che un tempo era il materasso. Dove un’enorme massa di denaro giace imballata e aumenta anno dopo anno, in attesa di schiarite all’orizzonte. Nell’Europa dei tassi sottozero “Cash is the King”. Ma con questo andazzo il Re presto sarà povero.