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 2019  novembre 20 Mercoledì calendario

TikTok è l’app la più scaricata dell’anno


C’è qualcosa di ironico, e di sinistro, nello scegliere di chiamarsi TikTok, come il ticchettio di un orologio, e nell’aver abolito il tempo. Non il tempo meteorologico, ma la linea del tempo, quella che va dal passato al futuro dando perciò un senso più profondo alle nostre esistenze. Da dove veniamo, dove andiamo: per capire chi siamo. Su TikTok il tempo non esiste. È forse l’unico luogo al mondo, sicuramente l’unico della rete, in cui non ci sono riferimenti temporali. Che giorno è? Che ore sono? Quando è stato postato questo video che sto guardando? Ieri, oggi, un anno fa? Non si sa, non importa. Basta che faccia ridere. Ma se è importante parlarne è perché TikTok è stata la app più scaricata del 2019; la usano, con gran divertimento si direbbe, più di un miliardo di persone; è di proprietà di un gruppo cinese, basato a Pechino e valutato recentemente 75 miliardi di dollari, di cui si sa pochissimo; e cresce così in fretta, soprattutto fra adolescenti e adulti che non vogliono crescere, che gli Stati Uniti la considerano addirittura una minaccia alla sicurezza nazionale. E forse tutte queste cose – il successo, il mistero, l’inquietudine che molti avvertono – sono legate da questa scelta così radicale: il tempo non esiste. O meglio esiste un altro tempo. Non cronologico. Il tempo algoritmico.Questa cosa Tik Tok non l’ha inventata, l’ha portata alle estreme conseguenze. Sono stati Twitter e Facebook, e poi YouTube e Instagram i primi a convertirsi a una rappresentazione del mondo che mette in testa quello che l’algoritmo ritiene che catturerà la nostra attenzione, il nostro tempo, infischiandosene dell’ordine temporale.
Ma nei post, nei video, nei tweet, resta sempre ben visibile una data, con un’ora precisa, quella in cui quel contenuto ha iniziato la sua vita. Il segno del tempo. Nessuno replica a un tweet di una settimana prima. Non ha senso. È scaduto. Su Tik-Tok invece nulla scade perché non c’è modo di sapere quando qualcosa è accaduto. E questo ha una serie di conseguenze per nulla banali: la più evidente è la scomparsa delle notizie. Non hanno senso, al punto che il profilo del Washington Pos t, che pure è il quotidiano del Watergate, qui mica parla dell’impeachment di Trump, ma è popolato di video buffi in cui i giornalisti fanno la parodia di sé stessi. Con le notizie vere scompaiono anche quelle false, le fake news, e scompaiono la propaganda, l’ hate speech e le zuffe quotidiane a cui assistiamo sugli altri social network. TikTok non è il paradiso, ma certo vive fuori dal nostro complicato tempo.
Eppure poche cose come Tik-Tok riescono a farti sentire vecchio, obsoleto. A farti dire: dio come passa il tempo. Quando debuttò, un paio di anni fa, venne liquidata come la app del karaoke degli adolescenti. Non avevamo capito nulla. Il karaoke non c’entra, anche se quasi tutti i video che gli utenti postano hanno una base musicale e in molti c’è questa funzione che sincronizza le labbra con le parole della canzone.
Gli adolescenti invece sì, c’entrano eccome. All’inizio la usavano solo loro. Poi, quando si è capito quanto fosse divertente fare i cretini senza essere messi all’indice, l’età degli utenti si è alzata. È la voglia di leggerezza che prevale sulla voglia di crescere. Era facile: chi ha davvero voglia di andare incontro al futuro con quello che c’è in giro? Meglio fare gli scemi. In fondo su TikTok si tratta di fare questo: cose sciocche, imbarazzanti. Cringey, è la parola esatta. Scatenare una risata. C’è un’età per tutto, si diceva un tempo. Ma il tempo qui non conta. Conta fare video buffi di quindici secondi, la durata delle clip su TikTok.
Da un certo punto di vista, entrare in questo mondo senza tempo è liberatorio. È come avere sul telefonino il villaggio vacanze dove muoveva i primi passi Fiorello (che qui infatti si trova da dio), il Bagaglino con le battute da avanspettacolo, i talenti sgangherati e generosi della Corrida di Corrado e un talent show di barzellettieri. A tua scelta. Tutto in quei video di 15 secondi serviti da un misterioso algoritmo che non ha avuto bisogno di chiederti chi sei, che amici hai, che interessi ti appassionano. Sembra saperlo già, appena entri. La differenza con gli altri social network è immensa: è stato osservato che Facebook si comporta come quei camerieri che ti chiedono cosa vuoi mangiare e ti propongono quello che hanno nel menu; il cameriere di TikTok, grazie all’intelligenza artificiale, ti serve la cena senza che tu dica nulla, in base a come hai guardato la vetrina del cibo. Il problema è che continui a mangiare fino a quando non ne puoi più. E anche allora vorresti restare un altro po’, in quel paese dei balocchi, perché hai perso la cognizione del tempo. Infatti non dici «resto altri cinque minuti poi smetto», ma «guardo ancora tre video e stop». L’unità di misura del tempo algoritmico.
Non si sa come sia nata questa storia dei quindici secondi, ma non deve essere stato per caso. Qualche anno fa Twitter aveva lanciato una app che consentiva di fare video di sei secondi. Troppo poco. Quindici invece funziona: è la durata di una barzelletta, di una battuta fulminante, di un capitombolo, la mossa di un balletto. Nel 1968 Andy Warhol disse (o gli fu fatto dire, non importa), che «in futuro chiunque sarebbe stato famoso per quindici minuti». Pensava alla televisione, ma in fondo quella era la profezia degli youtuber, le micro-celebrità.Qui siamo oltre, siamo alle nano celebrità: basta una clip azzeccata ed è fatta. Oggi puoi essere famoso per quindici secondi. O quantomeno divertirti. A quale prezzo lo scopriremo. Ma con il tempo scompaiono anche i sogni, il futuro, il senso di quello che siamo davvero. Forse persino la felicità.