il Giornale, 20 novembre 2019
Il piccolo atlante del corpo umano
La fascinazione per il corpo umano, funzioni e anatomia è da sempre insita nell’uomo, in ogni suo campo cognitivo. In libreria arriva, a 10 anni dalla primissima pubblicazione, per Rizzoli, Il piccolo atlante di anatomia.
Un libro magnifico, un classico vero e proprio della divulgazione scientifica letteralmente celebrato da riviste come Nature, London Times, The Guardian e Scientific American, messo insieme da un gruppo di esperti che toccano i tre livelli cognitivi della pubblicazione, una scrittrice (Judith Folkenberg), un ingegnere biomedico e pioniere nel campo dell’informatica (Michael J. Ackerman) e uno storico dell’arte e gallerista (Benjamin A.Rifkin). Viaggio nei meandri della nostra storia e che rappresenta un perfetto connubio tra arte e scienza, della sua evoluzione che vede disegnatori e pittori essenziali, necessari per la crescita e il perfezionamento del progresso della medicina. Una lettura che spiazza, perché va al di là dei pregiudizi che si potrebbero serbare nei suoi confronti, che meraviglia e incastra l’attenzione nel susseguirsi di splendide tavole, nella loro progressione stilistica, tecnica fino a raggiungere i raggi X, la composizione digitale, attraverso storia generica e approfondite biografie, sempre accompagnate da un impianto iconografico superlativo.
Tutto questo stupefacente meltin pot culturale nasce, come si diceva all’inizio, da noi: «Il corpo non è mai stato un dono gratuito; offre un rifugio temporaneo ai nostri desideri con un contratto di locazione a tempo determinato. Noi cerchiamo di salvaguardare e celebrare questa momentanea proprietà» e da qui si crea un’alchimia tra due figure che animano, in fondo, questo libro, il medico e l’artista, che svolgono due ruoli fondamentali e legati indissolubilmente perché «il medico studia il corpo per migliorarne il destino, l’artista per migliorarne lo spirito». Medici e artisti hanno sempre condiviso la passione per il corpo umano: nel mondo antico, Aristotele e Galeno sezionarono i cadaveri alla ricerca del segreto della vita, durante il Rinascimento, l’anatomista Mondino de’ Liuzzi ricominciò ad aprire i corpi dei cadaveri, mentre Giotto dipinse figure realistiche, umane. Entrambe le figure si concentravano nel salvaguardare la vita, ma quello che poteva fare solo l’artista era riuscire a far rivivere i morti, attraverso il suo tratto, la sua tecnica pittorica, la sua visione, fino a far animare in epoca sempre rinascimentale i corpi, inserendoli in contesti quotidiani o di azioni comuni, in paesaggi che potevano anche essere caratterizzati da animali esotici come un rinoceronte nella tavola di Albinus, capace di sovvertire la neutralità scientifica del paesaggio con un’estetica sorprendentemente romantica.
Questo straordinario e affascinante volume, giustamente sottotitolato con l’esaustivo «Cronistoria per immagini dal rinascimento all’era digitale», riunisce le vite di 19 massimi anatomisti della storia, terminando il suo percorso nel VHP, un programma che attraverso un processo di raccolta dati ha permesso la ricostruzione più dettagliata di sempre del corpo umano attraverso la digitalizzazione.