il Giornale, 19 novembre 2019
I segreti di TikTok
Niente nome e cognome, nessuna generalità o altri «indizi». Il viaggio nell’universo oscuro, e oscurato, di Tik Tok inizia con Chiara, nome di pura fantasia, che si è trasferita a Barcellona per cercare lavoro e da qualche mese si ritrova dietro le quinte del social più in voga del momento. È una Content Moderator, una presenza ignota dall’altra parte del monitor. Non si palesa mai, se non inviando dei push, degli avvertimenti per gli utenti che non rispettano le regole dei video, oppure chiudendo le dirette nei casi più gravi. Assieme al contratto, ha firmato un accordo di riservatezza con l’azienda, un impegno a non rivelare i dettagli della sua occupazione e tutto ciò che ruota attorno ai padroni del colosso cinese. «Questo social ha una contraddizione di fondo – spiega – c’è una censura applicata con le regole cinesi a tutto il mondo, ma ciò che è proibito per certe culture non lo è per altre. Prendiamo il carnevale in Brasile a febbraio: come dovremo comportarci con reggiseni striminziti e balletti osé? Noi dipendenti trascorriamo otto ore di fila davanti a due pc, è un flusso infinito perché monitoriamo decine di video in contemporanea. E applichiamo le linee guida che ci impongono dalla Cina.
Entriamo nelle case dei teenager, nelle loro stanze, nei loro bagni, diventa quasi un appuntamento quotidiano. Resto stupita da certe ragazzine che pranzano e allo stesso tempo si autoriprendono, con almeno altri 400 utenti che guardano e commentano. Quando invio un avvertimento li vedo avvicinarsi allo schermo per leggere meglio, seguo le loro reazioni infastidite, cosa fanno per obbedire ai richiami. È come se li controllassi, un potere a distanza che esercito con un pulsante. Tanti pensano che dietro ci sia un algoritmo o segnalazioni da parte di altri utenti, ma non è così. Tik Tok spia tutto».
Chi svolge questo lavoro viene diviso per aree geografiche, a volte in base anche alle lingue conosciute, bisogna coprire tutti i continenti e non c’è tregua perché sulla piattaforma transitano video 24 ore su 24. La segretezza è massima, anche Chiara, come tutti gli altri, deve spegnere il proprio telefono a inizio turno e prima del tramonto le finestre dell’ufficio vengono oscurate in modo che da fuori nessuno possa guardare cosa accade sui monitor. La nostra fonte aggiunge altri particolari: «Quando in Cina si svegliano, in ufficio suona una campanella come segno di riconoscimento. Qualche giorno fa qui a Barcellona è venuto a trovarci da Pechino uno dei boss, in incognito, una donna piuttosto misteriosa: si fa chiamare Sissi. Ci ha fatto i complimenti per come gestiamo il lavoro. C’è un’altra sede a Casablanca, in Marocco, ma il social continua a spopolare e qui in Spagna stanno per arrivare nuovi dipendenti. Servirà una sede più grande».
Su quei monitor avviene di tutto. Chiara deve vigilare sulla scollatura pronunciata di un’adolescente, accertarsi che non ci siano violenze sugli animali e che non passino messaggi razzisti o discriminatori. Ci sono anche momenti esilaranti, come quello scherzo di riempire una bottiglietta di panna e saltarci sopra per schizzare un amico che sta dormendo. Ma c’è molto di peggio, ammette: «Non avete idea di cosa accade. Ci sono situazioni di forte malessere, ragazzi che provano a tagliarsi le vene, ma anche tanti pedofili in agguato, che inviano messaggi disgustosi alle bambine. In quel caso sono costretta a chiudere il live e a bannare l’utente». Succede a tutti, famosi e non, anche all’influencer Taylor Mega, bloccata qualche giorno fa dal social network perché i cinesi hanno reputato il suo video in costume «scandaloso e nocivo della moralità altrui». Le fessure in cui si infiltrano rischi enormi sono tante, Chiara ultimamente deve fronteggiare anche l’eye bright challenge, la nuova pericolosa sfida dei giovanissimi con cui si mette della candeggina sulle palpebre per cambiare la tonalità dell’iride: «Stare dall’altra parte dello schermo è un’esperienza forte». Di virtuale non c’è nulla, è tutto live.