Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  novembre 19 Martedì calendario

Hong Kong e lo spettro di Tiananmen

L’assalto della polizia di Hong Kong al campus del Politecnico, roccaforte della protesta anti-cinese, segna un’escalation nell’uso della forza da parte di Pechino che mette a rischio l’immagine internazionale della Cina e dunque i suoi interessi su scala globale. La scelta delle autorità cinesi dell’ex colonia di circondare il Politecnico e impedire a centinaia di studenti di uscire ha trasformato il campus culla dell’hi-tech orientale in una roccaforte della protesta giovanile iniziata contro la legge sull’estradizione in Cina e poi continuata come rivolta frutto del timore che Hong Kong perda la propria autonomia. 
Lo scontro fra i blindati dei reparti antisommossa e gli studenti armati di frecce e molotov descrive un’escalation del confronto armato che relega al passato remoto la rivolta degli ombrelli del 2014 e fa temere il peggio a Hong Kong, dove la sfiducia nelle autorità espressione di Pechino è arrivata al 72 per cento. Anche perché il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Geng Shuang, ammonisce: "Nessuno deve sottovalutare la volontà della Cina di salvaguardare la propria sovranità e la stabilità di Hong Kong". E il leader cinese Xi Jinping promette: "Porremo fine alle violenze". Sono parole che seguono i fatti degli ultimi giorni con i militari di Pechino che per la prima volta sono usciti dalle caserme - anche se solo per rimettere in ordine le strade teatro dei disordini - e gli agenti che hanno iniziato a usare armi da fuoco - anche se in singole circostanze - prima dell’inizio dell’assedio al Politecnico.
Per chi abita nell’ex colonia britannica significa vedere da vicino il rischio dell’erosione delle proprie libertà garantite proprio dall’accordo fra Londra e Pechino del 1984 che permise di ammainare la Union Jack nel 1997. Ecco perché il Foreign Office chiede la "fine delle violenze e il ritorno al dialogo in visita delle elezioni per il consiglio distrettuale" ovvero il rispetto degli accordi che vennero sottoscritti. Per la Cina si tratta di confermare fedeltà non solo a quell’intesa con la Gran Bretagna ma anche al modello "Una nazione, due sistemi" che Deng Xiaoping elaborò negli anni Ottanta come acceleratore della modernizzazione della Cina, al fine di permettere il rispetto ad Hong Kong ed a Macao (riconsegnata dai portoghesi nel 1999) di diritti di cui nessuno godeva sul territorio della Repubblica Popolare. Se dunque l’escalation di violenza dovesse continuare e i militari cinesi presenti a Hong Kong venissero adoperati per "ripristinare la sovranità" a uscire indebolita sarebbe l’eredità di Deng ovvero le fondamenta sulle quali i successori a Pechino hanno costruito un formidabile gigante protagonista della globalizzazione. Da qui il rischio con cui Xi Jinping si trova a fare i conti: usare i blindati dell’Esercito popolare contro i ragazzi di Hong Kong è una decisione che può indebolire la credibilità della Cina fino al punto da minare le prospettive del progetto della "Nuova Via della Seta" con cui si propone di unire l’Estremo Oriente all’Europa realizzando un reticolo imponente di infrastrutture terrestri e marittime per assicurare alla madrepatria le risorse necessarie a sostenere la crescita nazionale.
La rivelazione del "New York Times" sui documenti top secret cinesi con cui Xi autorizzò l’uso della violenza "senza pietà" nella repressione dei musulmani uiguri apre una finestra sul funzionamento di un regime ancora troppo rigido per gestire, prima ancora che accettare, l’esercizio delle libertà fondamentali dell’individuo. E’ questa debolezza che fa temere ai giovani di Hong Kong per il proprio futuro ovvero quel 2047 quando lo status dell’autonomia terminerà e l’ex colonia potrebbe essere assorbita da un gigante senza diritti. Da qui l’importanza del ruolo delle democrazie occidentali, chiamate ad unire la propria voce a quella di Londra per difendere il rispetto degli accordi del 1984 e dell’eredità di Deng dalle tentazioni dei militari cinesi.