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 2019  novembre 19 Martedì calendario

Così parlò davvero Zarathustra

Henry Corbin è stato il più profondo e geniale studioso moderno della cultura persiana. Ha scritto molti libri: ma io mi permetto di raccontare quello che considero il libro capitale: Corpo spirituale e Terra celeste (stampato da Adelphi nel 1986, sull’edizione del 1979 Buchet/Chastel, che concludeva gli studi iniziati nei primi anni cinquanta per Eranos): libro meraviglioso che rivela a tutti, sapienti ed incolti, i fondamenti essenziali della cultura persiana, dai tempi antichissimi alla fine del XIX secolo. È un libro penetrante, svelto, concentrato, talvolta ironico. Tante volte l’ho intrecciato, insieme agli altri scritti di Corbin, nelle mie incursioni persiane. Oggi vorrei riproporne la filigrana.
Corpo spirituale e Terra celeste non è propriamente un testo di storia religiosa, ma la descrizione di uno spazio attorno al quale volteggiano montagne e angeli specialmente femminili. Sul fondo sta il grande profeta, Zarathustra: non ha nessuna importanza se lo collochiamo in Asia centrale o nella regione dell’Alto-Oxus: è solitario, sulla riva di un immenso fiume; e la sua prima teofania è la visione dell’Arcangelo Bahman, «risplendente da lontano come il sole, e rivestito di una veste tutta di luce». Non scorge la propria ombra, perché l’ombra è opposta al Corpo glorioso, cioè al centro. Le figure grandiose di questo cosmo sono molteplici: ecco il Var di Yma, il “paradiso iperboreo”, e la Terra di H?rkali?.
Il più grande filosofo persiano platonico è Sohravard?, vissuto nel XII secolo, che cercò di restaurare la filosofia della luce e l’angelogia dell’antica Persia. Se egli non possiede la conoscenza, appare Aristotele, il primus magister. Ecco la sua filosofia: «un mondo senza dimensioni e spazio, dove si trovano città di cui è impossibile valutare il numero, tra le quali le immense J?balq? e J?bars?: un mondo ricercato dai pellegrini dello spirito». «Una notte – egli racconta – mi sopravvenne un’estasi simile a un sogno: una grande dolcezza mi avvolgeva. Ci fu una folgorazione scintillante, poi una luce tutta diafana, che aveva l’aspetto di una persona umana». «Allora scese Hermes, che vide una terra inghiottita e delle città sulle quali s’era abbattuto il giudizio divino, città che cadevano nell’abisso. Ora la loro voce era dolce, ora faceva tremare, ora assomigliava a un leggero mormorio». Secondo Sohravard? ci sono quattro universi: il mondo della Luce Arcangelica, quello della Luce che governa i corpi, il movimento delle Immagini e quello delle Forme autonome, ora tenebrose ora luminose.
Sohravard? e il pensiero persiano continuano a definire degli spazi : perché il pensiero persiano non è una religione come la cristiana o l’ebraica, ma una definizione di spazi. Al centro, c’è Er?n V?j, oppure il Var, dove la divinità suprema, Ahura Mazda celebra liturgie in onore della «Altezza delle Sovrane, della Immacolata, dell’Angelo femminile delle acque». Ciò che importa in primo luogo, come una presenza immortale e indimostrabile, è H?rkali?, ovvero “il mondo di H?rkali?”: il continente perduto, la Terra celeste, nascosta, soprasensibile.
Lassù tutto è simile. Le innumerevoli città sono tutte di smeraldo: la visio smaragdina : è il luogo del racconto visionario, degli annullamenti mistici, degli abissi della teologia. Il compito degli uomini e specialmente dei persiani è quello di essere iniziati a vedere le cose e gli esseri, un processo degli eventi “in H?rkali?”.
Direbbe un occidentale greco o latino, nella quinta essentia. Tutte le cose sono immense: paradisi, animali, minerali, e solo Dio può conoscerne la vastità e il numero. Ogni cosa è vivente e parlante e immortale, e dotata di una persona che si esprime di continuo. Le cose esistono in due luoghi differenti: l’Occidente e l’Oriente: entrambi appartengono ad altri mondi. La materia vi è allo stato sottile: essa abita l’ ottavo clima; e sopra di esso si svolge la “Sfera cristallina”.
Nella Terra di H?rqali? ci sono due città, J?balq? e J?bars?: tutte continue e molteplici, perché gli elementi di questo mondo sono settanta volte più nobili e preziosi degli elementi della nostra terra. Spirito e corpo sono una cosa sola: lo spirito è caro spiritualis; e noi – noi, qui in terra – dobbiamo «vedere le cose in H?rkali? dove tutto è simbolo». «Quando – scrive Sohravard? – tu impari dai trattati degli antichi saggi che esiste un mondo senza dimensioni ed estensione, un mondo dove si trovano delle città di cui è impossibile valutare il numero – allora ritroverai tutto ciò che è oggetto del tuo desiderio». Bisogna che noi diventiamo un abitante di H?rkali?: il contrario di un uomo della nostra terra.
La creazione non è ferma: ma incessantemente si trasforma, si rinnova, si ripete; tutto è straniero, per l’uomo della nostra terra. Gay?mart sta all’inizio del mondo: di Adamo è rimasto un piccolo residuo; ma ciò che importa sono gli angeli della Terra soprattutto femminili. Ecco il futuro, anzi il Salvatore Futuro, il S?morgh, vale a dire lo Spirito Santo, al quale la Persia ha consacrato un bellissimo poema. Ecco gli spiriti delle acque: gli Arcangeli Amesha Spenta, i «santi immortali, e l’immensa moltitudine delle Fravarti», che discendono sulla Terra per soccorrere chi combatte per il bene.
Ecco la Xvarnah: anch’essa proclama che la Terra è un angelo; e Da?n?, figlia dell’Arcangelo femminile, che occupa il misterioso Ponte Chinvat, e intorno, dappertutto, le montagne di Hara Barazait?, che ricordano il realissimo monte Alborz, che questo, sì, occupa la terra vicina a Teheran. Tutto è montagna, angelo femminile, H?rqali?: figura centrale di questo mondo. Ecco, lì, tra gli alberi, le piante, le acque, lo Haoma bianco: «chi ne mangia diventa immortale»; come tutti i persiani di origine spirituale.