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 2019  novembre 19 Martedì calendario

La Cina distrugge l’ambiente africano

Nei dialetti delle tribù locali, quegli alberi avvolti dalla nebbia comunicano direttamente con il firmamento degli dei, e da lassù portano mille regali a chi vive in basso: come l’acqua che cola formando fertili pianure alluvionali, tenendo a bada la siccità, regolando i capricci del clima. La vita di cinque milioni di uomini, la loro cultura, dipendono dalla foresta di Atewa e dai suoi tre fiumi Ayensu, Birim e Densu, in Ghana, Africa centro-occidentale. Là si nasconde uno straordinario laboratorio di biodiversità, con 860 specie di piante, o 570 di farfalle. Ma Atewa è in pericolo, dicono gli ambientalisti del Paese: il governo ghanese ha firmato con la Cina un contratto da 1,8 miliardi di euro per avere la concessione di grandi giacimenti di bauxite, il minerale indispensabile per la produzione di alluminio e di cui Pechino è il primo possessore al mondo. I giacimenti verranno scavati lungo quei fiumi. La compagnia di Stato cinese Sinohydro promette di costruire strade, ospedali, reti di telecomunicazioni. E non chiede pagamenti immediati, perché questo è piuttosto un prestito: pagamenti ritardati fino 3 anni e anche più. Quasi un regalo. Ma un’altra realtà è stata dipinta dagli ambientalisti del Ghana in una lettera a Shi Ting Wang, l’ambasciatore cinese: «l’estrazione è l’unico modo di raggiungere la bauxite vista la sua prossimità alla superficie. Questo metodo sradica tutta la vegetazione, e gli habitat naturali, mentre la roccia più sotto è frantumata. Resta un deserto di fango rosso. L’estrazione vicino ai fiumi contamina le acque con metalli pesanti che causano tumori e danni al sistema nervoso». Gli dei di Atewa assistono in silenzio, il business è più forte anche di loro.