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 2019  novembre 18 Lunedì calendario

Per gli inquirenti italiani Silvia Romano è nelle mani di un gruppo islamista somalo

C’è una svolta nel rapimento di Silvia Romano avvenuto il 20 novembre 2018 in Kenya. Secondo quanto è emerso dagli sviluppi dell’indagine della procura di Roma e dei carabinieri del Ros, la cooperante milanese sarebbe tenuta sotto sequestro in Somalia da un gruppo islamista legato agli jihadisti di Al-Shabaab. Gli inquirenti stanno valutando l’ipotesi di inviare una rogatoria internazionale alle autorità somale.

LE CONCLUSIONI DOPO IL VIAGGIO DEL PROCURATORE IN KENYA Gli elementi raccolti dal Raggruppamento operativo speciale, coordinato dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, dopo la trasferta in Kenya dell’agosto 2018, hanno rafforzato la convinzione che Silvia Romano si trovi in Somalia e dall’analisi dei documenti messi a disposizione dalle autorità kenyote la ragazza si troverebbe in una area del Paese dove gravitano milizie locali legate al gruppo terroristico di matrice islamica. In passato si era parlato anche di nozze forzate e conversione all’islam, ma lo scenario è stato smentito dagli inquirenti.

IDENTIFICATI OTTO COMPONENTI DELLA BANDA Silvia dovrebbe essere stata trasferita in Somalia subito dopo il suo rapimento, avvenuto in un centro commerciale nella città di Chacama, a circa 80 chilometri dalla capitale del Kenya Nairobi. Quello della Romano è stato un trasferimento lampo. Un blitz organizzato in Somalia da un gruppo che ha fornito denaro e mezzi alla banda di criminali comuni kenyoti, autori materiali del sequestro. Al momento sono otto i componenti della banda identificati di cui tre fermati e attualmente in carcere. Nei confronti di Abdulla Gaba Wario, Moses Luwali Chembe e Said Adhan Abdi la procura generale del Kenya contesta il reato di «cospirazione con finalità di commettere un atto di terrorismo» oltre al sequestro di persona e possesso illegale di armi da fuoco.

FU UN SEQUESTRO SU COMMISSIONE La pista somala nella vicenda della nostra connazionale è emersa nell’estate del 2019, grazie anche all’attivà di collaborazione tra inquirenti italiani e kenyoti. In base a quanto accertato, prima e dopo il sequestro ci sono stati contatti telefonici tra gli autori materiali del rapimento e la Somalia. Altro elemento acquisito è che si è trattato di un sequestro su commissione perché i mezzi (armi e moto) di cui erano dotati i rapitori sono giudicati da chi indaga «sproporzionati» rispetto al livello medio delle bande criminali kenyote. Infine la fuga, dopo che Silvia era stata prelevata, avvenuta in direzione della Somalia.

ANCORA VIVA? CONFERME FINO A FINE 2018 Risultati investigativi ottenuti anche grazie anche al supporto dell’intelligence italiana. La conferma dell’esistenza in vita di Silvia (almeno fino al 26 dicembre 2018) era arrivata alle autorità locali da due degli arrestati. La banda, dopo avere pedinato per alcuni giorni la cooperante, l’aveva prelevata nel centro commerciale. L’azione avvenne nella contea di Kilifi: Silvia fu bloccata e, dopo averle gettato via il passaporto e il telefono cellulare, fatta salire a bordo di una motocicletta e portata verso una boscaglia nei pressi del fiume Tana.