Craig, 51 anni, dovrebbe fare più spesso film leggeri come questo non solo perché è una sfida per gli attori, ma anche perché quando incontra la stampa appare più allegro, rilassato e aperto rispetto a quando deve parlare di Bond.
Cosa prova ora che è arrivato alla fine della sua avventura con 007?
«Sono felicissimo di questo film e di come ho terminato. È stato sempre un lavoro durissimo, un grande impegno che ha saputo farmi apprezzare l’importanza della collaborazione sul set. Ho salutato persone con cui ho lavorato per quasi 15 anni e cinque film. Un periodo lunghissimo nella vita di un attore».
Il suo gadget preferito di Bond?
«Credo di averlo detto anche altre volte: è difficile battere l’Aston Martin DB5!».
Avete girato alcune scene anche a Matera, capitale della cultura europea.
«In un luogo storico come Matera ci sentiamo tutti più umili e più umani. La storia è così imponente che perfino James Bond si sente intimidito. Un bellissimo sfondo per un film di Bond. Pur con inseguimenti di macchina e tutto quanto. Spero che gli abitanti di Matera ci perdonino per tutti quegli inseguimenti notturni. Li abbiamo tenuti svegli tutta la notte per settimane. Ma era la scena iniziale del film, importantissima».
Sempre parlando di Bond: lei ha avuto un incidente girando il film. Per questo vuole smettere?
«No. Ho avuto incidenti e mi sono fatto male in tutti i film su 007. Fa parte del percorso».
La nuova "Bond girl", Ana de Armas, è stata scelta grazie a lei.
«L’avevo vista in Blade Runner 2049 e come tutti ho pensato avesse quello che serviva per farcela. Poi ho lavorato con lei in Cena con delitto e mi è sembrato fosse l’anima del film, non credo sarebbe riuscito così bene senza di lei, le scene con lei e Christopher Plummer sono commoventi. È anche il personaggio più intelligente della storia! Così quando con Cary Fukunaga, il regista di Bond, si parlava delle scene a Cuba e lui mi ha detto che stava pensando ad Ana per la parte gli ho detto che aveva il mio voto, ero entusiasta della scelta».
In "Cena con delitto" il suo personaggio ha le caratteristiche giuste per risolvere il caso?
«Non credo che Benoit sia un buon detective. S’impappina non meno di Peter Falk in Invito a cena con delitto , o del suo tenente Colombo, ed è un po’ figlio di Agatha Christie e di tutta quella letteratura di detective imperfetti alla Hercule Poirot. Però Benoit è scaltro nel modo in cui usa la gente intorno a lui. In questo senso sono come lui: senza la bravura degli altri non sarei nessuno».
A lei piace il filone mystery?
«Molto. Specialmente nella letteratura. Ho letto molti romanzi di Agatha Christie quando ero giovane. E i romanzi del commissario Maigret di Georges Simenon. Ma a darmi la chiave come attore sono stati Albert Finney in Assassinio sull’Orient Express , film come Gli insospettabili con Laurence Olivier e Michael Caine, e ancora Peter Ustinov in
Assassinio sul Nilo».
Nella vita reale riesce a gestire conflitti come quelli raccontati nel film?
«La maniera migliore per affrontare i conflitti con qualcuno è sedersi e parlarne guardandosi negli occhi. Che succede? Io almeno faccio così».
E invece cosa scatena la sua rabbia?
«Le ingiustizie sociali mi fanno tirare fuori i coltelli, o quando vedo persone che non difendono i propri simili, quelli che pugnalano da dietro, che ti spingono sui binari dei treni in arrivo. Il tradimento umano mi riempie di rabbia».