La Stampa, 18 novembre 2019
I miliardi spesi in prevenzione del territorio
A detta delle associazioni ecologiste è una coperta corta che, per la scarsità dei fondi e le difficoltà burocratiche a spenderli, lascia fuori centinaia di aree dissestate. Al ministero dell’Ambiente ribattono elencando «opere di difesa» in 263 piccoli comuni e zone ripetutamente devastate da alluvioni, crolli e mareggiate: per esempio in Veneto le regimentazioni e le ricostruzioni a Breda di Piave (sulla sponda destra del fiume) e al litorale di Isola Verde a Chioggia oppure in Campania a Piano di Sorrento e a Fontanarosa. Cioè, in ogni regione, interventi di sistemazione idraulica, progetti di viabilità, attraversamenti stradali su torrenti, dragaggi, stabilizzazioni e innalzamenti di argini.
La task force al dicastero
Il dossier per la «tutela della risorsa ambientale» è un patchwork di 132 frane, 125 alluvioni, 6 erosioni costiere. Sono gli interventi previsti per quest’anno alla voce «rischio idrogeologico» che al ministero aggiornano sulla base delle continue emergenze maltempo. «Il 79% del territorio ha problemi di dissesto, urgono progetti esecutivi per aprire i cantieri: i fondi ci sono», comunica alle Regioni il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Il Piano Stralcio ha destinato alle «esigenze prioritarie» 315 milioni di euro nel 2019. Sono 263 le opere già avallate dai commissari straordinari. In totale 11 miliardi di euro per il triennio 2019-2021, con i primi 3 miliardi disponibili per interventi subito cantierabili. Nella distribuzione dei fondi, quasi 35 milioni vanno al Piemonte, 29 alla Lombardia, 22 al Lazio, 21 alla Sicilia e all’Emilia Romagna. Al dicastero è stata istituita una task force per collaborare con gli enti locali e velocizzare l’avvio dei lavori. Si punta all’approvazione in via prioritaria della norma "Cantiere Ambiente" per accelerare la spesa e consentire la messa in sicurezza preventiva del territorio. Il disegno di legge è incardinato al Senato con la speranza di un iter celere. Cifre alla mano, non c’è tempo da perdere.
Secondo i dati Ispra, dal 1998 al 2018 in Italia sono stati spesi 5,6 miliardi di euro (300 milioni all’anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di oltre 20 miliardi di euro spesi per riparare i danni del dissesto. Cnr e Protezione civile riferiscono di un miliardo all’anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro. Per agricoltori e ambientalisti, però, le risorse messe a disposizione non bastano .«La mancata manutenzione dei canali è la 2° minaccia dopo i cambiamenti climatici- documenta Coldiretti-. I consorzi di bonifica devono svolgere il proprio ruolo fino in fondo se non vogliamo distruggere i campi ad ogni acquazzone».
Sette milioni in pericolo
Da nord a sud è un bollettino di danni e ritardi. Nella frana di Letojanni, sull’autostrada A18 Messina-Catania, da 4 anni si attende la riapertura della carreggiata travolta dalla caduta dei detriti. Con un intervento da 15 milioni, in un anno e mezzo i lavori dovrebbero essere conclusi. Intanto Legambiente denuncia un vuoto: «Siamo l’unico grande Paese europeo senza quell’analisi complessiva dei rischi e delle priorità di intervento che sola può salvaguardare vite umane e territori». Sono sei milioni, infatti, le persone che in Italia risiedono in territori a rischio alluvioni alle quali si aggiunge un milione di cittadini in pericolo per le frane. Per evitare di dover costantemente rincorrere l’emergenza servono interventi strutturali. Il 91% dei comuni si trova in territori con problemi idrogeologici. I danni provocati alle coltivazioni da alluvioni e siccità superano i 14 miliardi di euro in un decennio. Giovedì, annuncia il leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio, arriva in Consiglio dei ministri lo stato d’emergenza per le frane nel Siracusano.