Libero, 18 novembre 2019
I lavori di moda che rendono poco
Nell’ultimo decennio il sogno del posto fisso ha dovuto fare i conti con un mercato del lavoro globale asfittico, tanto che in Italia gli occupati sono passati dai 23,090 milioni del 2008 ai 23,023 milioni del 2017. Un passo da gambero che ha scatenato la fantasia di tanti concittadini pronti a inventarsi un mestiere: wedding planner, influencer, personal brander, curatore della pagina Facebook, tanto per citarne alcuni dei tanto decantati lavori del futuro. Poi ci sono i più classici formatori, professionisti Ict, consulenti di management, designer, grafici, ecc. Così è stato registrato un travaso importante verso le libere professioni, cresciute nel periodo preso in esame del 21% per un totale di 1,4 milioni circa di persone (il 6,1% degli occupati). Il lavoro in Italia è sempre più lavoro autonomo di professionisti e freelance, ma che viene schiacciato da una burocrazia e un fisco esagerati. A questo si aggiunge il miraggio del successo economico per le nuove professioni: per uno che si arricchisce ci sono centinaia di migliaia di colleghi che devono stringere la cinghia e accontentarsi di compensi da fame. E se il numero di chi pratica un mestiere regolamentato da un ordine professionale – dagli architetti ai medici, dagli ingegneri ai notai – è cresciuto dell’11% passando da 929 mila unità a 1,031 milioni, quello “libero” da albi (in realtà tra le professioni non ordinistiche rientrano anche figure regolamentate come, per esempio, guide turistiche e amministratori di condominio) ha messo a segno in termini percentuali un vero e proprio boom, pari al +62%, passando dai 227mila del 2008 ai 368mila del 2017. Ma più che per vocazione si è trattato di una necessità. All’esplosione dei freelance e delle partite Iva ha contribuito un nuovo metodo di inquadramento deciso dalle aziende sempre a caccia di tagli nei costi: molti liberi professionisti in realtà sono vincolati da orari, turni e presenza, praticamente dipendenti camuffati. E se quelli legati a un ordine professionale si leccano ancora le ferite provocate al loro fatturato dalla lunga crisi e dall’aumento della concorrenza, chi esercita un’arte o una professione al di fuori di questi albi regolamentati ha registrato un crollo degli introiti del 24,5%. A questo dato va aggiunto l’inflazione del periodo, pari al 9,6%: in dieci anni è andato in fumo un terzo del fatturato. Se la retribuzione media dei dipendenti è aumentata nel periodo del 2,3% a 27.740 euro (senza però contare l’inflazione che renderebbe negativo anche il loro salario), quella dei nuovi mestieri è passata dai quasi 22mila euro del 2008 ai 16.197 euro del 2017. Per sostenere il lavoro Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, il cui ufficio studi ha redatto la ricerca sulle professioni, indica come priorità la riforma complessiva delle aliquote Irpef a vantaggio di tutti, «così da costruire un’alleanza tra i contribuenti in regola, secondo il sacrosanto principio del pagare tutti per pagare meno». Confcommercio chiede di estendere il regime forfettario ai “redditi di partecipazione alle forme aggregative”, di escludere dal pagamento dell’Irap chi è privo di autonoma organizzazione e di aumentare la deducibilità delle spese di formazione. Viene chiesto, inoltre, di avviare il tavolo tecnico permanente, previsto dal Jobs act degli autonomi, e fissare i parametri per l’equo compenso. Lo spazio occupato dai freelance e partite Iva è insomma sempre più ampio ed è fondamentale trovare una soluzione che permetta loro una vita dignitosa; tasse e burocrazia sono anche in questo caso, a detta di Confcommercio, una pericolosa zavorra.
Sangalli nel corso della presentazione dello studio ha voluto sottolineare come anche in anni difficili le professioni sono state uno sbocco e una prospettiva concreta di occupazione nel settore dei servizi. E sono strategiche «non solo per la crescita quantitativa, ma anche per la crescita qualitativa del terziario, e in generale dell’economia italiana». I nuovi professionisti, risulta infatti dalla ricerca, si inquadrano per la quasi totalità (98,1%) nei servizi di mercato, la metà di questi opera nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, ma, tra il 2008 e il 2017, sono in forte crescita tutte quelle attività complementari ai servizi alla persona, come l’istruzione (+170%), sanità e assistenza sociale (+110%), attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (+77%). Se però l’aumento della libera professione non si supporta con politiche di snellimento della burocrazia e riduzione della pressione fiscale, si otterrà solo un importante aumento di lavoratori che a malapena arrivano al livello di sussistenza. Non per niente il titolo del convegno in cui è stato presentato lo studio aveva alla fine un sibillino punto di domanda: «Professioni e professionisti: l’Italia che cresce?». Chi sceglie con coraggio di mettersi in proprio «deve trovare le condizioni per portare avanti questa scelta senza ostacoli», ha detto la presidente di Confcommercio Professioni, Anna Rita Fioroni. Invece «si trova inserito in una dinamica competitiva sempre più difficile – con il peso della burocrazia e del fisco imperante – in cui i compensi non sono adeguati e, per di più, si tende a svalutare la qualità della prestazione soprattutto nei rapporti con la Pubblica amministrazione». Sui professionisti insomma, in particolare i non “ordinistici”, c’è a detta di Confcommercio molto lavoro ancora da fare: riforma fiscale, equo compenso, welfare fino alla convocazione di un tavolo tecnico permanente sul lavoro autonomo.