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 2019  novembre 17 Domenica calendario

Biografia di Octavie Belot

Sulla vita e sull’opera di Octavie Guichard, presto diventata Madame Belot, nata nel 1719 a Parigi, le attuali storie dell’Illuminismo riportano, nel migliore dei casi, scarsissime notizie. Molto meno di quelle che solitamente si trovano su personaggi eruditi o stravaganti come Jean Albert Fabricius, autore di una Teologia dell’acqua uscita postuma all’Aia nel 1741; o del luterano Friedrich Christian Lesser, che pubblicò una Teologia degli insetti, dove non le mandava a dire a quei cattivoni che – pensate un po’ ! – dubitavano della Provvidenza divina basandosi su fastidi e problemi recati dalle zanzare (anch’essa pubblicata all’Aia, nel 1742). Octavie, conosciuta nel suo tempo, scomparve rapidamente: se non si cerca sul secondo tomo del Grand Dictionnaire universel du xixe siècle di Larousse (1867), è difficile trovare su di lei notizie di una certa consistenza già nell’Ottocento, anche se morì nel 1805, dopo aver sepolto anche un altro marito, il presidente del parlamento Jean-Baptiste-François Durey de Meynières. Lo conobbe frequentando la sua ricca biblioteca. 
Si disse che preferiva nutrirsi di solo latte, come pare abbia fatto Pitagora; di certo Octavie imparò subito dopo la prima vedovanza l’inglese e tradusse il romanzo di Samuel Johnson l’Histoire de Rasselas, prince d’Abyssinie (il titolo originale era The Choice of Life, “La scelta di vita”) e soprattutto la monumentale Storia d’Inghilterra del filosofo David Hume. Figura tra le sue versioni anche Ophélie, roman traduit de l’anglais (1763): potremmo aggiungere che allora faceva parte di quel genere che poi si chiamerà letteratura di consumo. Octavie è anche autrice di libri che, per diverse ragioni, entrano a far parte dei dibattiti del secolo degli illuministi: Riflessioni di una provinciale, dedicato al discorso di Rousseau sull’origine dell’ineguaglianza (1756) e, tra gli altri, Osservazioni sulla nobiltà e il Terzo Stato (1758).
Marie-Thérèse Inguenaud e David Smith ora le rendono giustizia con un saggio che ripercorre la vita e l’opera di questa “donna dei Lumi”; un libro che ospita, tra l’altro, anche le lettere inedite di François-Antoine Devaux (detto Panpan), scritte a Parigi tra il novembre 1733 e l’aprile dell’anno seguente. In esse ritornano “le novità” di allora, inevitabilmente dimenticate; a volte sono di carattere politico o militare, altre di genere teatrale o letterario. Rivive qualcosa di più di Octavie tra queste pagine: la sua corrispondenza con lo stesso Panpan o con Madame de Graffigny (riscoperta più tardi dai movimenti femministi); oppure il testo di un racconto rimasto inedito, Il trionfo dell’amicizia, il cui inizio fa trasparire intenti illuminati: «Presso tutte le nazioni civilizzate, le leggi stabiliscono delle pene contro il crimine, senza conferire delle ricompense per la virtù». Certo, queste ultime andavano cercate con la lanterna in pieno giorno, come faceva l’antico filosofo cinico Diogene per trovare l’uomo, giacché nella Francia del Settecento c’era di tutto, tranne quelle disposizioni d’animo che erano appunto chiamate virtù. Anzi, sembrava che si stesse vivendo quanto Anna Genoveffa di Borbone-Condé aveva proferito nel Seicento, prima di rifugiarsi tra le braccia del giansenismo: «Non sono attirata dai piaceri innocenti».
Nel libro si trovano lettere inedite di Octavie e il suo Testamento. Le ricerche d’archivio ci restituiscono una donna di talento e anche un destino. Colei che aiutò non pochi philosophes a conoscere Hume e Samuel Johnson non ricevette risposte degne alle sue comprensibili ambizioni.