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 2019  novembre 17 Domenica calendario

Perché gli abitanti dell’Oceania pesano tanto

Quando si parla di corpi umani è sempre bene usare «due pesi e due misure». Se, ormai da parecchi anni, molti Stati dell’Oceania finiscono ai primi posti nelle classifiche dei sovrappeso, il dato nasconde una complessità storica e sociale non da poco. 
Non si tratta certo di trascurare i problemi di salute a cui vanno incontro le persone sovrappeso e che colpiscono duramente le isole del Pacifico: diabete, problemi cardiaci e articolari. Si tratta però di leggere queste statistiche nella loro complessità, mettendole prima di tutto in connessione con la storia.
Gli abitanti dell’Oceania apparvero dei giganti in robustezza e altezza ai marinai inglesi che accompagnarono James Cook nei suoi viaggi nel Pacifico. Erano infatti, e lo sono tuttora in gran parte, i discendenti di popoli di navigatori che avevano esplorato e colonizzato tutto il grande Oceano a partire da 5.000 anni fa.
Non a caso l’Oceania ospita alcune delle squadre più forti al mondo nel rugby: se adottassimo, senza contestualizzarle, alcune statistiche mediche relative alla classificazione dei sovrappeso e degli obesi, finiremmo per considerare malati molti componenti della squadra nazionale neozelandese degli All Blacks! 
Oltre alla storia occorre leggere i dati in riferimento alle visioni locali del corpo, della salute, della socialità. Il cibo è in molte società oceaniane uno status symbol e i corpi grossi e robusti sinonimi di «buona salute sociale» (molte relazioni, autorevolezza, compiutezza del percorso di formazione dell’essere umano). 
Alcune studiose (come Gaia Cottino che ha lavorato a Hawaii e Tonga e ha dedicato al tema l’interessante libro Il peso del corpo, Unicopli, 2013) connettono i problemi di salute degli oceaniani con la diffusione di cibi «spazzatura», come le costolette grasse di agnello o la carne in scatola che, aborriti dai mercati occidentali, vengono dirottati su queste lontane periferie, piuttosto che con la grossezza in sé. Nelle statistiche che riguardano i corpi, insomma, occorre stare attenti a non misurare la «normalità» a partire dai propri standard corporei. 
Il peso medio di un essere umano, 62 chili, d’altra parte, non è necessariamente un peso ideale, visto che la statistica è costruita a partire da corpi denutriti di Paesi poveri e da corpi deformati da alimentazione malsana.
Come mostra il fallimento di molti progetti di sviluppo in campo alimentare, solo dialogando con i contesti storici e sociali in cui il corpo prende forma si possono introdurre miglioramenti sostanziali in campo sanitario. Il corpo, insomma, è una costruzione biosociale irriducibile al peso visualizzato sulla bilancia.