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 2019  novembre 17 Domenica calendario

Il confronto tra Pozzo e Mancini

Può esistere davvero un paragone tra il record di Pozzo e quello di Mancini? Possono le due squadre assomigliarsi in qualcosa? Direi proprio di no. Non c’è solo il calcio, e comunque si gioca a calcio come prevede l’epoca in cui lo giochi. Quando l’Italia nel ’38 stava partendo per i Mondiali di Francia, Hitler era in visita a Roma a consolidare l’alleanza con Mussolini. Quando a Zurigo con la Svizzera, 16 mesi dopo si chiudeva la lunga serie di Pozzo, Germania e Unione Sovietica erano già padroni della Polonia, la guerra era cominciata. Sono molto diversi anche Pozzo e Mancini. Pozzo era piccolo, grassottello, con grandi occhiali neri. Molto patriottico. Aveva combattuto la Prima guerra mondiale negli alpini, aveva metodi altrettanto militari nel controllare i giocatori, li preparava alla partita con i cori di montagna. Era però un tecnico molto attento. Era andato a prepararsi in Inghilterra dove Chapman aveva inventato il Sistema, il 3-2-2-3, un vero anticipo del 3-4-3 moderno. Pozzo fu un ammiratore del Sistema ma lo giudicò troppo stancante per il calcio italiano. Così rispose inventando il Metodo, squisita intelligenza tattica e inizio indiscutibile dell’intero difensivismo italiano. Pozzo mise due liberi dietro una linea di tre difensori. Un’idea formidabile. Il difensore centrale doveva essere un giocatore doppio, difensore, ma anche iniziatore dell’azione. Di solito con un lungo lancio. Era nato il centromediano metodista. Ai suoi lati giocavano i terzini. Capite? Dietro questa linea già completa di difesa giocavano due liberi, due spazzini dell’area di rigore. Mancini oggi pressa i suoi avversari nella loro metà campo e si arrabbia se la difesa torna troppo vicina alla sua area di rigore. Anche singolarmente esistono differenze nette. Il giocatore più importante dell’Italia di Pozzo era Giovanni Ferrari, il regista totale, non quello dai tanti piccoli passaggi alla Jorginho. Il vero leader unico. Il centravanti era Piola, che è stato con Riva il miglior attaccante della nostra storia. E il numero 10 era Meazza, giocatore eccezionale, il gol come una sigaretta, il Baggio dell’epoca, però decisivo. L’Italia di oggi non ha personalità di questa altezza, vince perché anche Mancini ha trovato il suo Metodo, ha costruito un calcio adatto al tempo. Le Nazionali non possono avere soluzioni tattiche complesse, non c’è il tempo di allenarle. E i tornei sono brevi, 6-7 partite massimo. Mancini non ha cercato di inventare niente, ha fatto in modo di avere il meglio dai giocatori che aveva. Erano pochi, ma erano buoni. Che giocassero al calcio allora, palla di prima e spazi che da stretti si allargano di colpo. È la velocità con cui la squadra prende il campo il vero contropiede di Mancini. E anche il punto di collegamento con il vecchio maestro Pozzo.