il Fatto Quotidiano, 15 novembre 2019
Torna il libro sulle massaie di Paola Masino
“Da bambina la massaia era polverosa e sonnolenta. La madre s’era dimenticata di educarla e ora gliene serbava rancore”. Aspra critica sociale, limiti alle libertà della donna, rapporto tra madre e figlia: c’è tutto in questo incipit di Nascita e morte della massaia, il libro maledetto e crudele di Paola Masino. Uscito a puntate sulla rivista di Mondadori Tempo illustrato, tra il 1941 e il 1942, e poi in volume per la prima volta qualche anno dopo per Bompiani, il romanzo, che dovrebbe raccontare la trasformazione (fallita) di una bambina in moglie e in donna di casa, ma che in realtà parla di molto altro, è ripubblicato oggi da Feltrinelli nella collana Narratori.
Paola Masino nasce a Pisa nel 1908, l’anno del terremoto di Messina, madre aristocratica e padre funzionario, si trasferisce Roma con la famiglia pochi anni dopo. È adolescente quando con il padre raggiunge Pirandello nel foyer del Teatro Argentina per sottoporgli un suo scritto. Comincia così uno dei legami fondamentali della sua vita che le aprirà le porte dell’intellighenzia dell’epoca. Non è neppure maggiorenne quando si innamora di Massimo Bontempelli e la loro relazione, lo scrittore è sposato e ha 30 anni più di lei, dà scandalo ed è osteggiata, invano, dalla famiglia. Tra il 1931 e il 1938 scrive molto fra racconti e romanzi e nel 1933 con Periferia, arriva seconda al Premio Viareggio. La sua scrittura, e soprattutto il suo sguardo feroce sulla maternità e sulla famiglia, non piace al regime fascista che comincia blandamente a tenerla sotto controllo. Masino inizia a scrivere la Massaia nel 1938. In quell’anno è a Venezia dove il suo compagno Bontempelli si trova in confino politico per ordine del regime fascista, dopo essere stato espulso dal partito. “Quando abitavo a Venezia ero capace di nascondere una briciola sotto a un mobile – racconta la scrittrice in un’intervista – e chiedere alla domestica di riportarmela. Era diventata una ben strana malattia. Allora Bontempelli mi disse ‘Fanne un libro’ e io gli risposi ‘Guarda che se lo scrivo io la massaia non la faccio più, è come psicoanalizzarmi’”. Inizia come una cura il travaglio che la porterà a scrivere il romanzo più importante della sua vita, un romanzo che è insieme testamento letterario della sua autrice e testimone per almeno quattro generazioni di donne.
Ma Nascita e morte della massaia non ha una storia facile. Intanto, non piace molto al regime fascista che in questa storia di donna inadatta – nel senso che a nulla si adatta: non alla casa, non alla coppia, non alla famiglia – ci affonda le mani tagliando e rivedendo quasi 100 pagine, fra censure politiche e morali. Via tutti i richiami all’Italia, al fascismo, via le citazioni dell’Antico Testamento, via le immagini feroci sulla maternità e i passaggi in cui la virilità degli uomini viene messa in dubbio. La versione così martoriata, però, non uscirà mai perché le copie vengono distrutte da un bombardamento, ma traccia della censura resta anche nelle edizioni successive. Bompiani infatti, racconta: “Paola tentò di riportarla alla prima lezione: lo ha fatto ma non del tutto, forse perché nella sua subcoscienza letteraria ha avvertito che qualche assurdo in più si intonava ‘saporitamente’ con le altre assurdità di questo ritratto di donna”. E “qualche assurdo” è dire poco.
Masino mette giù una figura femminile come non se ne erano viste prima, e come non se ne vedranno per almeno altri 40 anni dopo di lei. E non a caso quando il libro è ancora solo un’idea, Masino scrive così alla madre: “Se Dio m’assiste la mia Vita di Massaia darà anche un colpettino nella schiena alle care consuetudini familiari, alla schiavitù della donna, al luogo comune di buona padrona di casa”, lasciando intendere il senso della sua scrittura.
E infatti dentro la Massaia ci sono tutte le questioni del femminismo del secolo scorso e di questo: dalla libertà di rifiutare l’idea di maternità come completamento della donna, al rapporto fra identità privata e pubblica. L’unica cosa che manca è il lato rassicurante che l’idea di massaia dovrebbe portare con sé. Di rassicurante in Nascita e morte non c’è nulla, ma del resto l’intero libro origina da un’ossessione, quella della sua autrice. Le lettere che Paola Masino manda alla famiglia durante la stesura sono un’alternanza di preoccupazioni. Quelle per il romanzo che non riesce a venire fuori, ogni scusa è buona per mollare la scrittura in un crescendo di sensi di colpa, e quelle per la casa che non è mai abbastanza pulita e ordinata.
Eppure senza la malattia della casa non ci sarebbe neppure il libro: “Massimo continua a dire che se scrivo il romanzo della Massaia questo abbattimento mi passa” racconta in una lettera alla madre. Alla fine Masino il romanzo lo scrive e lo consegna nel 1941, ma di guarigione nessuna traccia, tanto che al giornalista che 40 anni dopo la vuole intervistare Paola risponde così: “Venga alle 6 e mezza troverà una casa lurida. La massaia è morta”. A noi però rimane un libro incredibile, moderno nella lingua, nella costruzione e nei tormenti che racconta e anticipa. L’ultimo libro di Paola Masino che dopo non ne scriverà più, perché come dice lei stessa in una delle ultime interviste: “non capivo più il mondo, non sapevo più a chi parlare. A un certo punto della mia vita io sono morta, per vivere ci vuole un punto di accomodamento: io non l’ho trovato”.