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 2019  novembre 15 Venerdì calendario

La terapia per curare i gay in Norvegia

Si chiama ufficialmente «terapia della conversione» o «della riparazione», è nata negli Usa ed è poi approdata nel Nord-Europa. Sostiene di poter cambiare l’orientamento delle persone omosessuali o transessuali attraverso cure «psicologico-spirituali»: preghiere, psicoterapie improntate a letture religiose, salmi e danze. In alcuni Paesi, movimenti cristiani integralisti ne hanno fatto quasi una crociata: se non sei nato «perfetto», nel senso che loro intendono, se Dio ha compiuto con te un «errore», a quell’«errore» divino loro si offrono di porre rimedio. Ma altri – per esempio l’Associazione americana degli psichiatri, già dal 1973 – sostengono il contrario: che l’omosessualità non è una malattia mentale, «ma una normale variante della natura umana», e che sia pericoloso – per esempio, fonte di depressione e ansia nei giovani – affrontarla con le preghiere.
La questione è finita in politica: in Norvegia, la premier conservatrice Erna Solberg ha definito la «terapia della conversione» un «orrore», contrario ai diritti umani, e ha appoggiato la proposta di metterla al bando, giunta dai laburisti. Ma i cristiano-democratici, suoi partner con altri partiti nella coalizione di governo, dicono che un vero divieto non è necessario. Il Parlamento deve decidere entro un paio di settimane. E l’opinione pubblica, in un Paese tra i più progressisti d’Europa, è divisa. Ma Erna Solberg sembra aver le idee chiare: «È doloroso – dice in un’intervista al giornale Dagbladet – vedere quanto dura sia questa terapia per persone che credono in Dio, ma alle quali si fa pensare: “Dio non crede in te”».
Secondo dati diffusi dall’Associazione americana degli psichiatri, l’88% dei giovani «curati» con la «terapia della conversione» ha poi dichiarato di non aver cambiato orientamento, mentre solo il 3% ha detto di essere diventato eterosessuale.