15 novembre 2019
Biografia di Lara Comi
Paola Di Caro, Corriere della Sera
«Brava, preparata, simpatica, capace di piacere» ma pure «interessata, presenzialista, una che sgomitava» o addirittura «avida, cattiva, litigava con tutti». Nel giorno più nero Lara Comi divide il suo partito, Forza Italia, lasciato a giugno dopo il voto delle Europee, e che oggi preferisce dimenticarla, non dedicandole nemmeno una dichiarazione di vicinanza, o un invito alla cautela nel giudizio, ma piuttosto un silenzio imbarazzato: «Comunque con noi non aveva più a che fare».
Nessuno vuole parlare in pubblico dei rapporti con la giovane e rampante ex europarlamentare che per anni ha rappresentato la faccia carina, pulita e sveglia dei giovani azzurri, con piacere ospitata nelle tivù come sui palchi dai quali parlava Berlusconi lodandone le virtù. Classe 1983, nata a Garbagnate Milanese, approdata giovanissima – a 19 anni – già a ruoli chiave nel partito (era portavoce azzurra a Saronno), la Comi alternava studio e politica: «Sin dal liceo ha fatto parte del mio Dna».
Una laurea triennale in Economia alla Cattolica di Milano, la specializzazione alla Bocconi, l’impegno «totale» che – questo lo riconoscono tutti – metteva nella politica non passavano inosservati. Fu rapidissima quindi la sua ascesa: assistente di Mariastella Gelmini per quattro anni, responsabile del movimento giovanile lombardo nel 2004, Lara Comi fa il grande salto nella politica alle Europee del 2009. Sotto l’ala protettiva di Silvio Berlusconi, con 63 mila preferenze, vola a Bruxelles mentre infuria a Roma la polemica sulle candidate veline e si prepara lo scandalo Ruby.
Ma lei no, non ne fu mai sfiorata. Bella, simpatica, grande lavoratrice, capace di districarsi nei meandri complessi della burocrazia europea e insieme di rappresentare la faccia fresca del partito, con durezza (come quando si gettava all’assalto dei centri sociali) o con un pizzico di malizia (quando rivelava di essersi lasciata col suo fidanzato annunciando che «Adesso sono di nuovo sul mercato») la Comi sapeva come essere protagonista.
Lo fu sicuramente alle elezioni, quelle che nel 2014 videro la sua rielezione in Europa con un boom di preferenze: ben 83 mila, stavolta facendo «tutto da sola», un successo oltre le aspettative (sorpassò anche la collega Licia Ronzulli, con la quale i rapporti erano tesi), che la portò a diventare vicecapogruppo del Ppe e responsabile del partito a Varese, sotto l’ala del potente «ras» locale Nino Caianello. Poi, il primo grosso inciampo: nel 2017 finì nei guai per aver assunto nel 2009 e per un anno come assistente parlamentare sua madre. Si scusò e restituì a rate i 126 mila euro percepiti, e ottenne comunque la ricandidatura nel 2019, e ben 32 mila voti, nonostante fosse finita sotto inchiesta proprio in campagna elettorale.
Berlusconi fiutò l’aria e decise di optare per il collegio del Nord-Ovest, impedendone la rielezione, lei contestualmente si sospese dal partito. Ed è stato l’inizio della fine, suggellato ieri con l’arresto. Accolto appunto con l’indifferenza dei colleghi ma dal grido sdegnato dei social. Proprio ieri, ha fatto sapere il suo avvocato, il papà di Laura Comi ha dovuto subire una delicata operazione, e lei nei giorni scorsi su Facebook gli aveva dedicato un post: «Forza papà. Combatteremo insieme». Un invito a nozze per i 600 e più che in calce al saluto la accusano di «buttarla sul patetico», di essere «cinica», esplodono di «godimento», le augurano di «marcire in galera». «Terribili», è il commento finale di Lara Comi, nella giornata più lunga della sua vita, in cui c’è posto solo per il silenzio, o la gogna.
«Brava, preparata, simpatica, capace di piacere» ma pure «interessata, presenzialista, una che sgomitava» o addirittura «avida, cattiva, litigava con tutti». Nel giorno più nero Lara Comi divide il suo partito, Forza Italia, lasciato a giugno dopo il voto delle Europee, e che oggi preferisce dimenticarla, non dedicandole nemmeno una dichiarazione di vicinanza, o un invito alla cautela nel giudizio, ma piuttosto un silenzio imbarazzato: «Comunque con noi non aveva più a che fare».
Nessuno vuole parlare in pubblico dei rapporti con la giovane e rampante ex europarlamentare che per anni ha rappresentato la faccia carina, pulita e sveglia dei giovani azzurri, con piacere ospitata nelle tivù come sui palchi dai quali parlava Berlusconi lodandone le virtù. Classe 1983, nata a Garbagnate Milanese, approdata giovanissima – a 19 anni – già a ruoli chiave nel partito (era portavoce azzurra a Saronno), la Comi alternava studio e politica: «Sin dal liceo ha fatto parte del mio Dna».
Una laurea triennale in Economia alla Cattolica di Milano, la specializzazione alla Bocconi, l’impegno «totale» che – questo lo riconoscono tutti – metteva nella politica non passavano inosservati. Fu rapidissima quindi la sua ascesa: assistente di Mariastella Gelmini per quattro anni, responsabile del movimento giovanile lombardo nel 2004, Lara Comi fa il grande salto nella politica alle Europee del 2009. Sotto l’ala protettiva di Silvio Berlusconi, con 63 mila preferenze, vola a Bruxelles mentre infuria a Roma la polemica sulle candidate veline e si prepara lo scandalo Ruby.
Ma lei no, non ne fu mai sfiorata. Bella, simpatica, grande lavoratrice, capace di districarsi nei meandri complessi della burocrazia europea e insieme di rappresentare la faccia fresca del partito, con durezza (come quando si gettava all’assalto dei centri sociali) o con un pizzico di malizia (quando rivelava di essersi lasciata col suo fidanzato annunciando che «Adesso sono di nuovo sul mercato») la Comi sapeva come essere protagonista.
Lo fu sicuramente alle elezioni, quelle che nel 2014 videro la sua rielezione in Europa con un boom di preferenze: ben 83 mila, stavolta facendo «tutto da sola», un successo oltre le aspettative (sorpassò anche la collega Licia Ronzulli, con la quale i rapporti erano tesi), che la portò a diventare vicecapogruppo del Ppe e responsabile del partito a Varese, sotto l’ala del potente «ras» locale Nino Caianello. Poi, il primo grosso inciampo: nel 2017 finì nei guai per aver assunto nel 2009 e per un anno come assistente parlamentare sua madre. Si scusò e restituì a rate i 126 mila euro percepiti, e ottenne comunque la ricandidatura nel 2019, e ben 32 mila voti, nonostante fosse finita sotto inchiesta proprio in campagna elettorale.
Berlusconi fiutò l’aria e decise di optare per il collegio del Nord-Ovest, impedendone la rielezione, lei contestualmente si sospese dal partito. Ed è stato l’inizio della fine, suggellato ieri con l’arresto. Accolto appunto con l’indifferenza dei colleghi ma dal grido sdegnato dei social. Proprio ieri, ha fatto sapere il suo avvocato, il papà di Laura Comi ha dovuto subire una delicata operazione, e lei nei giorni scorsi su Facebook gli aveva dedicato un post: «Forza papà. Combatteremo insieme». Un invito a nozze per i 600 e più che in calce al saluto la accusano di «buttarla sul patetico», di essere «cinica», esplodono di «godimento», le augurano di «marcire in galera». «Terribili», è il commento finale di Lara Comi, nella giornata più lunga della sua vita, in cui c’è posto solo per il silenzio, o la gogna.
***
Oriana Liso, la Repubblica
A maggio, quando era stata indagata, il suo padre politico, l’uomo che l’aveva catapultata dalla provincia lombarda all’Europarlamento, aveva detto: «Su Lara Comi c’è un grande equivoco». E lei lo aveva ringraziato pubblicamente: «Grazie per la tua fiducia e per la tua stima, sono innocente e lo dimostrerò ». Ma poi, poco più di un mese dopo, quando si era trattato di decidere quale circoscrizione delle Europee scegliere, Silvio Berlusconi aveva optato per quella dell’Italia Nord-Ovest: e Lara Comi, prima dei non eletti proprio in quella zona, aveva dovuto bere l’amaro calice. Niente più Strasburgo, dopo dieci anni ininterrotti da deputata europea. E niente più incarichi politici: ufficialmente per sua scelta “per potermi difendere dalle accuse che mi vengono mosse senza avvalermi dell’immunità”, aveva dettato in un comunicato. Molto più probabilmente perché il vento gelido dell’inchiesta Mensa dei poveri aveva raffreddato l’entusiasmo in una Forza Italia già in difficoltà per l’ex pupilla berlusconiana.
Eppure lo era stata davvero, Lara Comi, nata a Garbagnate nel 1983, una giovane promessa del vivaio azzurro: a 19 anni portavoce del partito a Saronno, la città in cui ha sempre vissuto, poi assistente di Mariastella Gelmini, coordinatrice regionale di Forza Italia nel 2004. Proprio quell’anno, come raccontava anni fa, incontrò Berlusconi a San Siro: si giocava Milan-Brescia, la giovane Lara si presentò al capo. Che di quella ragazza molto sicura di sé si ricordò qualche anno dopo, quando lei nel frattempo si era laureata in Bocconi con una tesi sui mercati internazionali: nel 2009, per le Europee, organizzò a Roma un seminario per aspiranti parlamentari, subito ribattezzato il “corso per le veline”, visto che Veronica Lario, ormai sdoganato il caso Noemi Letizia (e un anno prima che il caso Ruby scoprisse le cene eleganti di Arcore), aveva appena bollato le possibili candidature di giovani donne come “ciarpame senza pudore”. «Chiariamo: le veline sanno cantare e ballare, nell’ambito della politica si è parlato di ragazze- immagine che non hanno idee e programmi, cosa c’entra con noi tre ragazze-candidate? Non siamo veline, la mia candidatura non arriva dall’alto», aveva risposto alle polemiche Comi. Pochi giorni dopo il cavaliere aveva annunciato quei tre nomi in lista, «tutte bravissime e istruite »: Comi, Licia Ronzulli e Barbara Matera. Aveva difeso la scelta con il suo solito stile: «Queste tre le porterò con me in campagna elettorale e dirò: Voi siete veline? Poi le lascerò parlare e questo sarà lo schema di ogni comizio e faremo un figurone». Andò bene: Comi fu eletta quella volta con oltre 63 mila preferenze, che diventarono 83 mila cinque anni dopo (per dire: alle ultime Europee, già indagata, è caduta a 32 mila e rotti, ovviamente anche per il calo generale di FI). E appena arrivata a Strasburgo pensò bene di mettere in pratica l’italico “tengo famiglia”, assumendo come sua assistente parlamentare la mamma, un “errore” che le è costato 126 mila euro da restituire a rate. Ma sulla sua famiglia in queste ore si è scatenato l’odio social: perché tre giorni fa Comi — sotto scorta per essere protetta da uno stalker già condannato — aveva scritto su Facebook un messaggio di incoraggiamento a suo padre, che proprio ieri è stato operato al cuore. Ma gli haters di cuore non ne hanno avuto: e sotto quelle parole si è srotolato il tappeto di offese e sarcasmo.