il Giornale, 14 novembre 2019
I numeri del biologico in Italia
Piace il biologico. Piace a noi italiani che facciamo la spesa e ci orientiamo sempre più verso le carni senza antibiotici e le coltivazioni senza pesticidi. Ma piace anche ai Paesi stranieri che richiedono i prodotti italiani bio. L’apprezzamento è in crescita costante dal 2012. È quanto emerge dall’Osservatorio Sana 2019, condotto da Nomisma, che ha analizzato il fenomeno a tutto tondo. Dopo gli Stati Uniti siamo il Paese che esporta più bio: l’export italiano del 2018 ammonta a 2 miliardi e 266 milioni di euro, pari al 5,5% di tutte le esportazioni agroalimentari, (2.981 mld quello americano del 2017 e 1.049 mld il cinese del 2016).
Guardiamoci intorno. C’è un angolo del bio praticamente ovunque. Nella grande distribuzione, all’Autogrill, nei bar affollati per la pausa pranzo. «Perfino le mense e gli hotel ampliano in questo modo la qualità dei menù» ha spiegato Roberto Zanoni, presidente Assobio, l’associazione di categoria che riunisce le imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici. E che dire del vino? «Con il tempo i vitigni migliorano. E se è vero che agli inizi della produzione i vini bio non erano tutti all’altezza (per la qualità che richiede un intenditore), oggi hanno ampiamente recuperato – ha aggiunto Zanoni – Nel mondo ci sono 232mila ettari di viti a coltivazione biologica, di questi 103mila sono italiani».
Il terreno.
L’Italia vanta poi un altro primato: è il Paese che ha più territori coltivati bio, il 15% del totale, pari a due milioni di ettari. Nel mondo vi sono 69 milioni di ettari coltivati bio, 14,3 milioni si trovano nell’Unione Europea.
Sono i giovani e le donne i più sensibili al fenomeno green. Negli ultimi vent’anni l’Italia ha dimezzato i propri agricoltori. Nel 1991 vi erano 3 milioni e 23mila aziende agricole, oggi le imprese sono scese a un milione mezzo. Di contro le aziende biologiche sono in crescita, di queste il 30% è condotto da donne, il 22% è formato da giovani di un’età compresa fra i 20 e i 39 anni e il 16,8% del totale è laureato.
I prodotti.
Guardando alle spese pro capite nel bio però l’italiano è accorto. La media è di 68 euro; in Svizzera di 288 euro e in Danimarca di 278 euro. Le uova rappresentano il prodotto più venduto, seguito da frutta fresca e marmellata. Seguono pasta, latte, succhi e cereali. All’estero gli acquirenti apprezzano soprattutto il buon rapporto qualità prezzo del bio italiano (27%) e poi il fatto che si tratti di prodotti sicuri e controllati (23%), quindi il gusto piacevole (20%).
I prodotti biologici sono regolamentati da leggi europee, in Italia ci sono 17 enti accreditati dal ministero che rilasciano le certificazioni. È importante leggere bene le etichette (la catena «Natura Sì» mette, fra gli scaffali, le lenti di ingrandimento), a tutela del consumatore non si possono scrivere sulle confezioni slogan confondenti come «agricoltura ecologica» o «naturale» o «pulita». L’etichetta biologica certificata non si può riferire a prodotti che contengono Organismi geneticamente modificati (Ogm). Molte aziende hanno creato un sistema di tracciabilità dell’intera filiera, leggibile utilizzando il codice a barre, in linea con le richieste dei consumatori.
Il lavoro etico.
«Insieme ad alcune organizzazioni degli agricoltori stiamo lavorando a un progetto etico per il lavoro artigianale – ha annunciato Roberto Zanoni – Le politiche d’acquisto a prezzi troppo bassi sono responsabili del crollo dell’agricoltura italiana. Invitiamo i consumatori a riflettere: quando acquistano latte, pomodori o cereali sottocosto stanno stringendo il cappio alla gola di un agricoltore. È importante compensare in maniera giusta i diversi livelli della filiera, per questo stiamo lavorando alla proposta del giusto prezzo». Ricordando la protesta dei pastori sardi, Zanoni ha ribadito che «l’etica deve guidare il business. Anche solo pensare di pagare un produttore meno di quanto a lui costi produrre è profondamente contrario all’etica». Il presidente di Assobio ha messo in risalto i vantaggi che comporta per un produttore scegliere il biologico: «Da un lato si viene pagati in modo equo, dall’altro si ha accesso ai premi previsti dalla Politica agricola comunitaria che rappresentano un’importante integrazione al reddito: sono previsti alcuni premi per i metodi ecosostenibili di produzione, altri per l’adozione di tecniche di allevamento rispettose del benessere animale e poi vi è anche l’indennità compensativa per il mantenimento della superficie agricola in stato idoneo al pascolo con pratiche agronomiche che conservino biodiversità e paesaggio».
La sfida ambientale.
Il Manifesto Bio 2030 redatto dagli esperti di settore per Sana, mette in luce che il modello biologico ha fra i suoi obbiettivi il miglioramento del suolo, la tutela della biodiversità e delle acque e il benessere animale. «Tutti elementi che concorrono al contrasto del cambiamento climatico e alla conservazione della natura rendendo più resiliente l’agricoltura». In sintesi promuovere l’agricoltura sostenibile «contribuisce a conservare nel tempo il suolo fertile, favorisce il reddito equo dell’agricoltore e, non da ultimo, tutela la salute dell’agricoltore e del consumatore».