Il Sole 24 Ore, 14 novembre 2019
Tonno italiano ko
C’era una volta la filiera del tonno rosso in Italia: 96 pescherecci industriali – le cosiddette “tonnare volanti” – che pescavano con le reti a circuizione, diverse decine di palangari che pescavano ad amo e cinque tonnare fisse, le più famose a Favignana e a Carloforte. Poi è arrivata la procedura di infrazione della Ue nei confronti di sette membri, quindi è stata la volta del piano quindicennale per fissare la quota massima di tonni che ogni Paese poteva pescare. Infine, ci si è messa di mezzo anche una burocrazia poco amica degli imprenditori. «Il risultato è che sono finito con andare ad allevare i tonni a Malta». Giovanni Ferrigno oggi è uno dei più grandi armatori del tonno rosso in Italia. Ma soprattutto, è uno dei pochi rimasti: delle 95 imbarcazioni che solcavano il Mediterraneo orientale soltanto quindici anni fa, ne sono rimaste solo 19, e tre sono tutte sue. I suoi pescherecci solcano ancora il Mare nostrum: poi, però, i tonni pescati li portano a Malta da allevare.
Cosa è successo? «La Ue ci ha detto che il tonno rosso rischiava l’estinzione – racconta Ferrigno – e per aiutare la ripopolazione abbiamo accettato di diminuirne drasticamente la pesca con il sistema delle quote. Per fortuna, in quegli stessi anni, abbiamo cominciato a guadagnare bene con il Giappone, che comprava il nostro tonno a un prezzo decisamente più alto di quello del mercato nazionale». Ai giapponesi, però, il pesce crudo piace con una percentuale di grasso superiore a quella tipica del tonno selvatico. Così, gli armatori come Ferrigno avevano preso l’abitudine di pescare i tonni e poi allevarli all’interno di grosse gabbie dentro al mare. Si prendono vivi tra maggio e giugno, li si alleva tre o quattro mesi, «e poi a novembre arrivano le navi giapponesi, che fanno la mattanza e congelano il pesce direttamente a bordo», racconta.
Per allevarli, Ferrigno aveva scelto il mare di Marina di Camerota, nel Cilento. «Cominciammo nel 2005 – racconta – un anno terribile per il tonno rosso. La concorrenza nordafricana fece crollare il prezzo in Italia a 3,5 euro al chilo, praticamente non ci stavamo nei costi. Così, insieme ad altri otto armatori, prendemmo la via dell’allevamento per poi vendere il tonno in Giappone». Fu una scelta di successo, per un po’. Ma poi iniziarono i problemi: «Prima l’amministrazione ci ha chiesto di spostare le gabbie oltre tre miglia dalla costa per una questione ambientale – racconta Ferrigno – e già questo non andava bene perchè esponeva troppo i tonni alle mareggiate e al maltempo. Poi ci si sono messi anche gli ambientalisti, a dire che i tonni sporcavano. Capirà, cosa potevano fare? Né più né meno quello che facevano da liberi».
Alla fine, Ferrigno e gli altri armatori hanno alzato bandiera bianca e si sono trasferiti a Malta. Dove i regolamenti sono più ospitali e i costi di allevamento sono pure inferiori.
Ora, però, qualcosa potrebbe cambiare. «Il momento è adatto per far rinascere una filiera del tonno rosso in Italia», sostiene Paolo Tiozzo, vicepresidente Fedagripesca Confcooperative. In commissione Agricoltura e pesca, alla Camera, in questi giorni si discute proprio della proposta di legge per la creazione di una filiera industriale, che riporti gli allevamenti di tonno rosso in Italia e generi anche tutto un indotto della lavorazione del pesce, con risvolti positivi per l’occupazione delle città costiere del Sud. L’obiettivo è dare vita subito a un giro d’affari di 100 milioni di euro, più o meno quanto il comparto del tonno rosso generava nel 2005, prima che la Ue imponesse le sue quote. Una quindicina di armatori sono sono già detti interessati al progetto e due tonnare sono pronte ad aderire.
Le ragioni per cui la rinascita dell’industria italiana del tonno rosso è possibile? Principalmente due: «La prima – spiega Tiozzo – è che a Malta ormai le gabbie per l’allevamento sono in overbooking. La seconda invece è che, dopo una decina d’anni di quote di pesca ridotte all’osso, il Mediterraneo si sta ripopolando di tonni e l’Unione europea ha deciso di allargare le maglie». Quest’anno l’Italia è stata autorizzata a pescare oltre 4.300 tonnellate di tonno rosso: più del doppio del 2011, quando fu toccato il minimo storico delle 1.787 tonnellate.