La Stampa, 14 novembre 2019
Quando Tolstoj salvò Lombroso dall’annegamento
Cesare Lombroso incontrò Lev Tolstoj, nella tenuta di Jasnaja Poljana, e per poco non finì annegato. Lo salvò l’ospite, con grande energia, tirandolo fuori da uno stagno infestato dalle ninfee dove gli aveva proposto una bella nuotata. Fu tutto sommato uno schiaffo al suo orgoglio, forse una inconsapevole vendetta dello scrittore: perché il fondatore dell’antropologia criminale non era stato affatto tenero con lui quando, nel suo bestseller, L’uomo di genio, ne aveva descritto l’abbondanza di «rughe del dolore», insieme al generale «aspetto cretinoso o degenerato»: che lo accomunava, bontà sua, ad altri geni alienati come Socrate, Ibsen e Dostoevskij.
Tolstoj probabilmente ne aveva notizia. Si sarebbe poi preso il piacere di rispondere in Resurrezione, dove un procuratore fa una lunga arringa in tribunale citando Lombroso e Charcot, e il presidente mormora a un giudice: «È un tremendo imbecille». Non erano fatti per capirsi. L’incontro avvenne nell’estate del 1897, quando il luminare torinese, all’apice della fama, sessantaduenne ma non particolarmente in forma, accettò l’invito a un convegno a Mosca – e fu, leggiamo nei ricordi delle figlia, una comica odissea, ivi compresa a Vienna una denuncia per furto del portafogli, salvo ricordarsi due giorni dopo di averlo lasciato al bureau dell’albergo - soprattutto per poter incontrare lo scrittore, per lui un oggetto interessantissimo di studio.
Superate non poche difficoltà, riuscì a raggiungerlo nella mitica tenuta agricola, dove fu accolto con distaccata cortesia e accadde il buffo episodio di un sessantenne tirato a riva per i capelli da un compagno che stava per tagliare il traguardo dei settanta: e che dopo l’impresa «eseguì qualche esercizio, sollevandosi robustamente sul trapezio; il Lombroso cercò d’imitarlo, ma per quanto si arrabattasse, rimase a terra», come raccontò Luciano Zuccoli, nel 1899 sull’Illustrazione Italiana. Tolstoj chiuse l’imbarazzante vicenda descrivendo nel diario l’ospite come «un vecchietto limitato, ingenuo».
È questa una storia, non delle più note, che circolò carsicamente fra gli studiosi fino a un libro di Paolo Mazzarello, Il genio e l’alienista (Bollati Boringhieri, 2005) da cui prende ora spunto Sergio Ariotti per una pièce teatrale, titolo L’incontro. Quando Tolstoj salvò Lombroso da sicuro annegamento, in prima nazionale fra oggi e sabato al Palazzo degli Istituti Anatomici di Torino, con Mauro Avogadro e Martino D’Amico; in occasione del decennale del Museo Lombroso, che fino al 6 gennaio espone alla Mole Antonelliana oltre 300 fotografie in dialogo con oggetti, strumenti, documenti e libri (sabato mattina è possibile una visita guidata con i curatori).
Il testo dello spettacolo è pubblicato – con lo stesso titolo - da Robin edizioni. Il lavoro teatrale è fedele alla storia, ma scava nella psicologa dei personaggi: due luminari, uno ferocemente positivista ma aperto a idee liberali, l’altro spiritualista e tormentato – per esempio dalla bulimia sessuale –, alfiere dell’amore cristiano e della solidarietà umana ma reazionario. Tutto sommato, al di là delle teorie lombrosiane e dei maldestri bagni, due tipi umani che ancora oggi si danno, per così dire, battaglia.