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Avevamo delle forbici per tagliare le parti che non ci piacevano. Poi ci siamo dotati di una matita con cui fare piccole correzioni. Adesso è come se avessimo un word processor, un programma di scrittura con tanto di funzione "trova e sostituisci": gli possiamo dire esattamente dove intervenire e quale nuova sequenza di lettere scambiare con quella originale». David Liu si candida a riscrivere il Dna e la storia della genetica. Ora ha lo strumento per farlo, il word processor con cui intervenire a piacimento sul testo fondamentale della vita. Liu, 46 anni, è un chimico californiano nato da genitori immigrati negli Usa da Taiwan. Ha respirato scienza fin da piccolo: il padre era un ingegnere aerospaziale, la madre una professoressa universitaria di fisica. Poi la laurea ad Harvard e una brillante carriera di ricercatore che l’ha portato oggi a essere professore e vicepresidente del Broad Institute di Harvard, specializzato in ricerca medica. Pochi giorni fa ha annunciato su Nature la grande novità e da quel momento nella comunità dei genetisti non si parla d’altro.
«Liu è stato geniale», ammette Anna Cereseto, biologa molecolare dell’Università di Trento e tra i maggiori esperti italiani di Crispr- Cas9, la tecnica di manipolazione genetica finora più raffinata a disposizione degli scienziati. «Con Crispr però non sempre si ottiene il risultato desiderato » , spiega Cereseto. « Perché la doppia elica del Dna viene recisa completamente e quando la cellula si adopera per ricongiungerla nella saldatura possono entrare elementi estranei. Inoltre, non avevamo uno " stampo" per creare la nuova sequenza da inserire. Il team guidato da David Liu ha ideato un sistema che risolve entrambi i problemi». Cereseto, come molti colleghi in tutto il mondo, ha già ordinato i reagenti. « Nelle prossime settimane proveremo a replicare la nuova tecnica » . L’entusiasmo non ha contagiato solo chi punta a curare le malattie di origine genetica. « Anche per chi come noi si occupa di migliorare le piante in agricoltura, la scoperta di Liu è un punto di svolta » , confessa Michele Morgante, professore di Genetica all’Università di Udine. Tuttavia, il principale campo di applicazione del prime editing (così è stata ribattezzata la nuova tecnica) resta la medicina, come conferma a RepubblicaDavid Liu.
Professor Liu, perché è importante intervenire sul Dna e in particolare su quello umano?
«Nel Dna contenuto in ciascuna delle nostre cellule ci sono sei miliardi di lettere, una sequenza lunghissima di A, C, G, T, che stanno per Adelina, Citosina, Guanina, Timina, le basi che compongono i geni. Ma la posizione di queste lettere può cambiare o una delle lettere può essere cancellata.
Oggi conosciamo più di 75 mila mutazioni del Dna di questo tipo associate a malattie genetiche. Per esempio l’anemia falciforme è causata nella maggior parte dei casi da una A che è mutata in una T in un gene che codifica l’emoglobina. La malattia di Tay-Sachs è causata principalmente dall’inserimento di quattro lettere che non ci dovrebbero essere in una specifica posizione di un gene. E la maggior parte dei casi di fibrosi cistica sono dovuti alla cancellazione di tre lettere consecutive in un altro gene».
E voi siete in grado di intervenire e modificare ciascuna di quelle sei miliardi di lettere?
«Ora sì, possiamo farlo. Abbiamo usato il prime editing per correggere le mutazioni che causano alcune malattie genetiche. In una coltura di cellule umane abbiamo corretto la mutazione che causa l’anemia falciforme (mutando la T in una A).
Abbiamo anche corretto la mutazione che causa la malattia di Tay-Sachs, rimuovendo la sequenza di quattro lettere che la origina».
Avete fatto anche altri interventi?
«Sì, nello studio su Nature raccontiamo di aver effettuato più di 175 correzioni su cellule umane, in alcuni casi abbiamo inserito nuove sequenze lunghe ben 44 lettere e abbiamo cancellato con precisione 80 lettere proprio dove volevamo.
Abbiamo sperimentato con successo il prime editing in quattro diverse linee cellulari umane, come pure sulle cellule cerebrali dei topi, una sfida delicata perché sono cellule che non si dividono».
Perché questa nuova tecnica è così più efficiente delle precedenti?
«Finora avevamo due strumenti. Uno è Crispr-Cas9, che taglia la doppia elica del Dna nel punto voluto. Ma spesso la cellula nel riparare il genoma effettua inserimenti e cancellazioni che sfuggono al nostro controllo. L’altra tecnica è quella sviluppata nel nostro laboratorio nel 2016 e che si chiama base editing: usa la capacità di individuare il bersaglio tipica di Crispr, ma invece di tagliare la doppia elica, converte una lettera del Dna in un’altra lettera. Tuttavia è uno strumento limitato perché può correggere solo poche mutazioni.
Avevamo delle forbici, poi una matita. Ora abbiamo un word processor con la funzione "trova e sostituisci"».
Come avete costruito il prime editing?
«Con due ingredienti fondamentali, una proteina ingegnerizzata e un Rna ingegnerizzato. Insieme orchestrano una serie di operazioni: individuano il punto del Dna dove intervenire, scrivono la nuova sequenza di Dna e lo inseriscono nel punto desiderato. Una novità è aver utilizzato la trascrittasi inversa, un enzima scoperto nei retrovirus e capace di sintetizzare una molecola di Dna a partire da una di Rna. Nel prime editing scriviamo in un Rna la sequenza di lettere che vogliamo inserire nel genoma, lo portiamo a destinazione e poi la trascrittasi inversa lo trasforma in un frammento di nuovo Dna».
Come cambierà la genetica?
«Riuscire a fare ogni tipo di modifica in ogni punto del Dna può rivoluzionare l’agricoltura e la medicina. Ma ci vuole ancora molto lavoro: si dovranno esplorare tutti i possibili effetti del prime editing, comprendere se è compatibile con tutte le linee cellulari e non solo con quelle su cui lo abbiamo sperimentato. Tuttavia rappresenta un punto di svolta e presto la terapia genica per alcune malattie potrebbe diventare una routine».