Alessandro Ferrucci per il Fatto Quotidiano, 12 novembre 2019
"GIANNI AGNELLI ERA PAZZO DI CARLA BRUNI" - CALOPRESTI RIVELA LA PASSIONCELLA DELL'AVVOCATO - “IL CINEMA E’ DEI PERICOLOSI. BASTA VEDERE JOKER…JOAQUIN PHOENIX HA INTERPRETATO LA PARTE DI UN MATTO VERO, E PER RESTITUIRTELO, QUALCHE AZIONE DI AVVICINAMENTO A QUEL PERSONAGGIO È NECESSARIA” - E POI LA NONNA SEMPRE SCALZA, L’ASPROMONTE, LOTTA CONTINUA, NANNI MORETTI (“QUANDO MI HA CONVOCATO HO AVUTO PAURA”), IL PRIMO INCONTRO CON DEPARDIEU: “MI INVITA A CASA, PRENDE UN POLLO E…” – VIDEO+FILM -
Polistena, alba di un giorno nei primissimi anni Sessanta: "Con la mia famiglia ero in macchina, dopo tanto discutere diventavamo emigranti. Destinazione Torino. Ho ancora la sensazione di quello stato d' euforia, misto al dolore di lasciare la mia terra, e di vedere dal vetro posteriore nonna salutarci e diventare sempre più piccola. Anche quella mattina era scalza. Lei non aveva scarpe".
Da quel giorno, Mimmo Calopresti ha scoperto l' altra trequarti del mondo, le luci inaspettate ("lo stupore è arrivato quando ho visto il primo semaforo"), il pericolo ("vivevo in mezzo ai banditi, e mi piaceva. E mi piace"), la politica, Lotta Continua, le botte, gli assalti, il cinema grazie a Nanni Moretti ("quando mi ha convocato ho provato paura").
Rispetto a quell' alba, Mimmo Calopresti è diventato un uomo di 65 anni che ama stupirsi, non necessariamente stupire; un uomo che conosce il valore e (a volte) la necessità dei compromessi, ma non crede sia obbligatorio abbracciarli ("c' è sempre un' altra via"); un uomo che è tornato nella sua terra per girare Aspromonte - La terra degli ultimi, un film poetico, di lotta e sopravvivenza senza tempo, ieri come oggi e domani; di fango e pietre, di dolore, morte e sopravvivenza. A quasi tutti gli attori ha tolto le scarpe, proprio come sua nonna. "Nessuno si è lamentato, anzi: c' è stata una condivisione rara, senza paura".
E come mai quei timori ai tempi di Moretti? Quando iniziai a lavorare con Nanni per La seconda volta, la fidanzata di allora mi guardò e decise: "Ce l' hai fatta, sei riuscito a entrare nell' Olimpo". E io: "No, sono arrivato all' inferno, e adesso la mia vita cambierà completamente e per sempre"; in testa avevo già la stesse scelte portate avanti da Moretti. Cioè? È un mito per la sua coerenza: chi lavora con lui si mette nei guai, da quel momento non puoi tradirlo.E quindi Quella strada non è semplice: oltre alla coerenza devi restare indipendente, con la tua testa, e poi centrato, conoscere cos' è la responsabilità; ero terrorizzato all' idea di dovermi assumere delle scelte importanti, perché poi sono quelle che ti determinano.
Il regista esercita una forma di leadership? Devi aver carattere, e oggi ce n' è poco tra i registi, gli sceneggiatori e gli stessi interpreti; il Moretti attore aveva una tale forza da poter stravolgere un film, e tu dovevi farti trovare pronto al confronto, lottare e perdere. Qui sta la grandezza.
E lei com' è da attore? Ultimamente ho ricevuto dei grandi complimenti e delle proposte, però mi sono fermato davanti a quest' idea: rischio di diventare troppo critico.
Con il regista o con se stesso? Anche con il regista e può tramutarsi in un dramma per chi deve sopportarmi; però ho un certo desiderio di cimentarmi. "Aspromonte" ha un cast con attori di carattere. Sergio Rubini è uno con il quale è difficile confrontarsi: è tosto, bravo sia come interprete sia da regista, e con un percorso artistico importante; una sera, durante le riprese, ci fermiamo a cena e in tv passa un' immagine di un film di Fellini, con il quale ha lavorato.
In "Intervista". Esatto, e mi dice: "Federico in Italia è un uomo dimenticato". Ci ho pensato, così la notte ho cambiato una scena, ho portato un' idea di circo in Aspromonte, proprio in omaggio a Fellini e Rubini.
Perché è difficile confrontarsi con lui? Quando incontri uno come Sergio, non hai davanti uno qualsiasi, ma un attore protagonista di film di spessore e anche in questo sono stato fortunato ad aver iniziato la carriera con Moretti: dopo non puoi farti addomesticare dalla paura.
Poi ha lavorato con Depardieu. Con lui ci ho messo del tempo prima di uscire da uno stato di soggezione; la sera del nostro primo incontro, mi invita a cena a casa sua: si piazza in cucina, prende una enorme pentola, la riempie d' acqua e la poggia sui fornelli.
E fino a qui tutto bene. Guardavo ammirato la sua plastica decisione nei movimenti, poi però estrae dal frigo un pollo sano, lo eviscera e smembra con le mani, e lo butta nell' acqua Lo ha mangiato? Buonissimo, alla francese.
Quante bottiglie di vino ha bevuto Depardieu? Tante, e allora professava un metodo: preferiva non vivere perennemente con dei limiti, ma si lasciava andare, ingrassava senza misura, per poi dimagrire radicalmente. Oramai la seconda fase non c' è più È bulimico di tutto, dal cibo, al vino, fino alla vita: quando stai con lui vieni coinvolto in molteplici situazioni e contemporaneamente; hai la sensazione di aver di fronte uno in grado di gestire più esistenze; (ride) un giorno all' improvviso è partito per Cuba convinto di trovare il petrolio, e lì ha acquistato una trivella e ne ha parlato con Fidel. Lui è così. Non si ferma mai.
E sul set? Tra un ciak e l' altro è al cellulare: un giorno mi chiama, chiacchiera con calma, poi sento qualcuno che dall' altra parte gli chiede qualcosa, e lui a me: "Un minuto e torno"; durante l' attesa sento "ciak, azione", Gerard che pronuncia le battute, e dopo due minuti ricomincia a parlare al telefono. Non ha bisogno di entrare nel personaggio. Recita all' impronta perché lui è cresciuto in mezzo alla strada, esattamente come Al Pacino: quando li conosci, percepisci la loro storia; però Depardieu è uno tanto sregolato nella vita, quanto preciso e disciplinato nella scena.
Disciplinato? Quasi in maniera mistica: parla di Sant' Agostino come fosse suo fratello. Lo recita. Ma conosce talmente tanto la vita da potersene fottere di tutto.
È uno pericoloso? Molto. Una sera sotto casa sua, azzardo: "Gerard, fai troppa tv, basta". E lui serio: "Se lo dici un' altra volta ti spacco la faccia: trovami quattro registi importanti in grado di coinvolgermi in altrettanti film, e all' anno". Valeria Golino definisce "pericoloso" Rubini. Può essere. Sergio ha la cazzimma di chi vuole vincere, non ha paura a battersi, mentre spesso il cinema è da fighetti, esattamente l' opposto della visione di uno come Abel Ferrara, secondo il quale è un' arte in mano ai criminali.
E lei? Sono nato in mezzo a una strada di Polistena, poi sono emigrato con i miei a Torino, e lì da adolescente sono finito tra le lotte operaie, la politica e le botte con la polizia. Quindi Sono cresciuto con i peggiori, gli ultimi mi accompagnano da allora e ho amici finiti in carcere; sì, gli ultimi mi affascinano.
Marcello Fonte è nel cast: lui è tra gli ultimi? È un poeta della vita, come nel film; se stai tra i disgraziati, e sei un poeta, elevi i disgraziati stessi.
La Palma d' Oro vinta è un caso? Ha un potenziale enorme, può diventare un numero uno a livello mondiale, e ha una passione, una curiosità e un desiderio di imparare non comuni: finite le riprese è rimasto un' altra settimana per aiutarmi con i bambini, e il set lo ha voluto condividere con la mamma ottantenne; la prima volta che ci siamo conosciuti era arrivato dalla Calabria e si è presentato con dei dolci cucinati in casa. Radici.
Quel gesto mi ha ricordato l' infanzia, di quante volte siamo tornati dal paese con la macchina piena di odori e sapori; non solo: durante le riprese Marcello portava le melanzane e i pomodori sott' olio preparati dalla mamma e chiusi nei barattoli. Era il cibo più conteso tra i presenti.
Ricorda la Calabria che racconta nel film? Ho negli occhi mia nonna a piedi nudi, con un cesto in testa, mentre va a vendere le uova. Teneva le galline in casa. E spesso mi portava in campagna o a Rosarno. A piedi nudi. Sempre, e camminava per dieci chilometri, e tutti i giorni riusciva a garantire da mangiare alla famiglia.
Le è dispiaciuto lasciare la Calabria? Oggi sì, allora no, la vivevo come una grande avventura.
Del nord, cosa l' ha colpita? Il semaforo: non ne avevo mai visto uno; poi siamo andati a vivere in un quinto piano e per me era un sogno, e giocavo con gli altri bambini del piano.
Chiuso nel palazzo? Io? A sei anni già stavo per strada, e lì bivaccavano e presidiavano il territorio una serie di meridionali delinquenti e cattivi, dei rapinatori: non entrava neanche la polizia.
Suo padre sapeva delle frequentazioni? Si incazzava da morire, era uno straperbene che andava a lavorare alla Fiat con giacca e cravatta e il giornale in tasca. Ha scritto un libro su Torino, la Fiat e Gianni Agnelli. L' avvocato l' ho incontrato e gli piaceva l' idea che fossi amico di Carla Bruni: era pazzo di Carla; ma in realtà gli si illuminavano gli occhi appena l' argomento era incentrato sulle donne. Niente calcio.
Sono tifoso del Toro. Chi arrivava dal sud era spesso juventino. Mio zio era approdato a Torino nei primi anni Cinquanta ed era diventato il sarto dei calciatori granata, quindi andavo allo stadio con lui e da grande ho seguito la squadra in trasferta.
Scontri? A Milano era impossibile evitarli, e allora il confronto fisico aveva un che di teatrale, una messa in scena con protagonista pure la stessa polizia.
Torniamo al film: Valeria Bruni Tedeschi è pericolosa? Come tutti gli attori ha la necessità di avere un mondo particolare dentro cui navigare, dentro cui vivere (ci pensa) questo è un mestiere pericoloso, e basta vedere Joker: Joaquin Phoenix ha interpretato la parte di un matto vero, e per restituirtelo, qualche pensiero, qualche azione di avvicinamento a quel personaggio è necessaria. Allora Non dico che devi entrare completamente dentro il ruolo, ma alcune avventure intellettuali o fisiche è obbligatorio affrontarle. Il calore degli inferi. Poco tempo fa ho parlato con un magistrato calabrese, e gli ho chiesto: "Ma se nel mio prossimo film coinvolgo un bambino, figlio di uno 'ndranghetista al 41-bis, rischio? " Risposta? "Mimmo, sei un regista e devi conoscere, poi sta alla tua coscienza decidere come raccontarlo"; a volte mi domando dove sarei finito. E Per uscire da un mondo di disgraziati è stato importante lo studio.
Come andava a scuola? Bravo alle elementari, ho vinto un premio per un tema sulla Resistenza; male alle medie perché non riuscivo a integrarmi, ero molto solo, poi alle superiori è arrivata la politica ed è stato un dramma dal punto di vista dello studio.
Con i bambini del film, c' è stato il "rischio-Bellissima"? Con tutti, in particolare con uno di loro che poi non ho preso perché troppo piccolo; lui viene da una famiglia di 'ndranghetisti, e la mamma preoccupata mi ha pregato: "Per favore gli dia un contratto, magari è la sua salvezza".
Con i minori coinvolti, com' è andata? All' inizio si sono presentati con dei tagli di capelli mutuati dai calciatori; appena li ho visti mi ha avvolto lo sconforto, poi ho affrontato la questione: "Se c' è tempo, li dovete far crescere, altrimenti vi rado".
E loro? Volevano rinunciare, vivono solo d' immagine, e temevano di mandare in giro foto non adeguate alla loro idea di vita. Tra gli interpreti c' è Elisabetta Gregoraci, ex di Briatore. È stata brava a non mollare un colpo, a buttarsi nel fango, sporcarsi, camminare tra le pietre e a piedi nudi. Senza alcun timore. E alla fine delle riprese era talmente presa dal contesto da rammaricarsi per non aver portato il figlio; altro che Montecarlo.
Perché questo film, perché ora? Quando l' ho girato non avevo ben chiaro l' obiettivo, avevo solo una necessità di narrare questa storia del passato, una vicenda vera quanto utopica; poi ho capito che stavo pensando all' oggi, a quanto è complicata questa esistenza.
Da giovane promessa, oggi è diventato un grande maestro? No, voglio restare una giovane promessa: per me è chiaro il passato, è chiaro chi sono, ma non ho raggiunto il punto finale di quello che voglio realizzare. (Ps. Chi scrive ha partecipato al film con un piccolissimo ruolo da giornalista. Alla fine delle riprese l' aiuto regista si è complimentata: "Bravo, molto credibile, e la camminata, un po' zoppa, ha caratterizzato il personaggio. Bell' idea". In realtà avevo un problema alla gamba).