Corriere della Sera, 12 novembre 2019
«Il mondo sarà più caldo di 4 gradi»
«Non userei la parola pericolo. Il cambiamento climatico indotto dall’uomo e la perdita di biodiversità minano però l’economia e compromettono il benessere umano. Lo fanno sul fronte della sicurezza alimentare e della salute umana, creano le condizioni per conflitti e migrazioni di popoli». Sir Robert Watson è uno dei massimi esperti di clima a livello mondiale: è presidente uscente dell’Ipbes, la piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e gli ecosistemi, ed è stato numero uno dell’Ipcc, Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico istituito dall’Onu. Oggi sarà protagonista alla Camera della Peccei Lecture, promossa dalla omonima fondazione e da Wwf e Club di Roma. E il messaggio che lancerà a ministri, rappresentanti istituzionali e associazioni sarà tutt’altro che rassicurante: i governi non stanno facendo abbastanza per raggiungere gli obiettivi del contenimento del riscaldamento globale. E il disimpegno degli Usa, annunciato nei giorni scorsi da Trump, rischia di affondare un piano di salvataggio che già in partenza si annuncia disperato.
Partiamo dagli obiettivi dell’agenda di Parigi. Lei non è ottimista sulla possibilità di centrarli...
«Tecnicamente potrebbero essere raggiunti, ma gli impegni presi dalla comunità internazionale sono inadeguati e non vedo la volontà politica di rafforzarli. Solo i 28 Stati membri dell’Ue e altri sette Paesi del mondo hanno assunto impegni coerenti con l’obiettivo di ridurre a 1,5 gradi l’incremento della temperatura. Siamo però proiettati verso un mondo che sarà 3-4 gradi più caldo. Detto in altri termini, entro il 2030 le emissioni globali dovrebbero essere inferiori del 50% rispetto alle attuali».
E poi c’è Trump che ha annunciato il dietrofront di Washington. La battaglia per il pianeta può essere combattuta senza gli Usa?
«No. Senza di loro potrebbero essere fatti progressi significativi per ridurre le emissioni, ma per vincere è necessario che gli Usa, che sono un importante produttore di gas serra, si impegnino in prima persona. Il ritiro di Washington potrebbe inoltre scoraggiare altri Paesi».
Gli impegni presi dalla comunità interna-zionale sono inadeguati agli obiettivi di Parigi
Le posizioni negazioniste sui cambiamenti climatici stanno aumentando. C’è chi dice che l’allarmismo sia esagerato.
«L’Ipcc ha certificato che le attività umane stanno aumentando i gas serra in atmosfera, che a loro volta stanno riscaldando il pianeta, modificando le precipitazioni, sciogliendo i ghiacciai in montagna e le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide, aumentando i livelli del mare. Le relazioni dell’Ipcc sono curate dai migliori scienziati e analizzate da esperti e governi del mondo. Quelle dei negazionisti no».
Come possono i governi fermare questo declino?
«Dovrebbero cambiare innanzitutto i sistemi finanziari ed economici: eliminando o reindirizzando i sussidi agricoli, energetici e dei trasporti; lavorando a un’economia circolare; considerando il capitale naturale nei bilanci nazionali; predisponendo incentivi per la produzione e il consumo sostenibili».
Lei sostiene che il cambiamento climatico non è solo una questione ambientale ma anche – e soprattutto – una questione economica e sociale. Perché?
«I cambiamenti climatici indotti dall’uomo causano danni economici significativi, influenzando negativamente i settori socioeconomici, la salute umana e i sistemi ecologici. Hanno implicazioni sociali, ostacolano la riduzione della povertà, minano la salute umana, rendono meno sicura la disponibilità di cibo e acqua. Gli studi confermano che i costi dell’inazione sono maggiori dei costi che dovremo sostenere per invertire l’attuale tendenza. I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sono le principali minacce per il benessere umano e minano la crescita economica. Devono essere affrontati insieme e ora. Non c’è tempo da perdere».