Il Messaggero, 12 novembre 2019
Tra i 10 migliori licei nessuno a sud di Pisa
Vicenza, Lecco, Pavia, Pisa e Cuneo. Anche per il 2019 il podio dei migliori licei classici e scientifici italiani è tutto occupato da scuole del Nord della Penisola. Non si tratta di una vera e propria novità ma di una conferma che certifica la spaccatura all’interno del Paese. Anche estendendo l’analisi alla top 10, elaborata sui dati Eduscopio, l’atlante online delle migliori e peggiori scuole pubblicato pochi giorni fa dalla Fondazione Agnelli per aiutare le famiglie nel passaggio dalla terza media alle superiori, il risultato non cambia.
In questa particolare classifica non c’è traccia di istituti scolastici più a Sud di Pisa. Una situazione che peraltro sembra peggiorare con il passare del tempo, come dimostra ad esempio la repentina caduta del liceo classico Sesto Properzio di Assisi. Dal primo posto ottenuto appena due anni fa, il liceo è scivolato fino al 33esimo. Scavalcato, neanche a dirlo, soprattutto da una lunga serie di istituti lombardi e piemontesi ma anche da quelle che figurano essere le eccellenze classiche della porzione più meridionale della Penisola. Vale a dire il Torquato Tasso di Roma e lo Jacopo Sannazaro di Napoli, rispettivamente undicesimo e trentunesimo.
L’INDICEA spiccare in questo raffronto però, è anche il caso di Cuneo che tra città e provincia, raccoglie ben 4 tra le scuole migliori per preparazione fornita agli studenti per affrontare un percorso universitario. La Fondazione Agnelli infatti, per elaborare la sua guida ha scelto come indice – denominato FGA – la performance dei ragazzi al primo anno di università. In pratica il numero di esami sostenuti e la media dei voti sono stati considerati diretta conseguenza della preparazione che le scuole hanno dato ai loro diplomati. La classifica nazionale con la media dei punteggi invece, è un’elaborazione di questo giornale che sfrutta Eduscopio per provare a scattare una fotografia della situazione dell’intera Penisola. Ovviamente però, a differenza della Fondazione che da anni fornisce uno strumento alle famiglie, il confronto tra le diverse città, regioni e zone del Paese è indicativo. Non può infatti tener conto delle peculiarità geografiche. Nonostante ciò alcuni dei dati ottenuti appaiono lo stesso significativi.
Non solo la top 10 orientata per intero verso settentrione, ma anche il raffronto tra le quattro più grandi città italiane e i loro risultati ottenuti nel 2017. Pur considerando che bisogna registrare una crescita minima della media dei risultati generici con i licei di Roma, Milano, Napoli e Torino tutti in trend positivo, è vero che la distanza appare ancora una volta evidente. Da un lato Torino e Milano continuano a contendersi il primo posto in classifica per licei classici e scientifici – con la città piemontese più adatta ai letterati e quella lombarda ai matematici – dall’altro la Capitale migliora troppo poco e rispetto a due anni fa viene scavalcata in entrambe le medie dalle scuole napoletane.
LA DÉBACLE
Una débacle per Roma che non riesce a mantenere neppure il primato di migliore città per il Centro-Sud, rendendo forse ancor più evidente la frattura mostrata dal confronto e, peraltro, già certificata dall’ormai noto e discusso rapporto sui test Invalsi. Ogni anno infatti il resoconto sembra diventare un po’ più drammatico raccontando di almeno la metà del Paese che arranca in un sistema scuola non funzionante e che pare ampliare le disuguaglianze piuttosto che ridurle. L’Italia spende 67,4 miliardi di euro, pari al 4,1% del Pil e all’8,1% della spesa pubblica per l’educazione dei suoi cittadini. Vale a dire meno di chiunque altro nel Vecchio Continente, eccetto la Grecia e alcune nazioni dell’Est.
Tuttavia non solo la spesa per l’istruzione è in continua contrazione – lo ha già fatto dal 2005 al 2015 come mostrano gli indici Ocse, in cui l’Italia ha perso 4 punti in dieci anni, a differenza del resto dei Paesi europei – quanto prosegue a farlo in particolare a Sud. Stando al rapporto Svimez 2019 sull’economia e la società del Mezzogiorno presentato a Montecitorio pochi giorni fa, si continua infatti a tracciare una differenza sempre più netta. Mentre nel Centro-Nord la flessione nella spesa si attesta attorno al 13%, nel Mezzogiorno il calo è del 19%.