il Giornale, 11 novembre 2019
Lunga intervista a Raffaella Carrà
Buongiorno Raffaella, piacere. Scusi, prima di cominciare le devo portare i saluti del tassista Roberto della Tiburtina. Totalmente innamorato di lei: «Come la Carrà nessuna mai» mi ha detto.
«Ma come, là fuori si ricordano ancora di me?».
Sta scherzando? Non ne trovo uno che non si accenda sentendo il suo nome. Sarà che le ha azzeccate tutte.
«Sono stata anche fortunata. Però non tutto è andato come avrei voluto, anche nei programmi. Ad esempio con il talent Forte Forte Forte avevo il sogno di scovare una nuova promessa ma è stato un periodo poco fortunato dell’azienda Rai e non è stato capito il programma, ci voleva più tempo perché decollasse. Non avevamo centrato l’obbiettivo la prima volta, avrei voluto provare la seconda perché la meraviglia di questi ragazzi che hanno voglia di emergere è forte e richiede pazienza. Amici ci ha messo qualche anno a decollare, è stata bravissima Maria a insistere».
Lei però ha sempre cambiato format molto velocemente, anche quando avrebbe potuto proseguire 15 anni. Come mai «Pronto Raffaella» è durato solo due stagioni?
«Non ce la facevo più, è stato un successo talmente travolgente che i quotidiani scrivevano che ero la Madonna. Davanti a questo mi sono chiesta: ma dove stiamo andando?»
È vero che la gente le chiedeva di benedire i bambini?
«Mi ricordo come fosse ora. Un uomo mi ha messo davanti il bambino e mi ha detto: lo tocchi perché domani si opera. A quel punto ho pensato fosse arrivato il momento di darsi una calmata. Io sono emiliana, ho i piedi ben piantati per terra. Ho costruito un rapporto straordinario con la gente perché la gente ha voluto che lo fosse. Io sono partita con balletti, canzoni. Poi mi arrivarono addosso storie come quella di Giuseppe Russo. Mi chiamarono in trasmissione, in diretta Rai, per dirmi di fare qualcosa perché quest’uomo stava morendo in un ospedale».
Ma era tutto vero o un copione per fare audience?
«Tutto vero. Lui era un geometra tenuto in ostaggio in Arabia Saudita. Lo chiamai qualche giorno dopo, sempre in diretta, ma, con voce flebile, mi disse che non ci sarebbe stato più nulla da fare. Mi commossi davanti alle telecamere. Il padrone della sua ditta si offrì di andare in ostaggio al posto suo, una storia incredibile. Con la redazione feci fuoco e fiamme per salvarlo, si mosse subito anche la Farnesina.
Qualche giorno dopo, una sera mi chiamò un giornalista a casa per dirmi che lo avevano rilasciato. Dopo 20 giorni venne in studio, magrissimo. Ho i brividi ancora adesso. Dopo quello ho detto a Gianni (Boncompagni, ndr) che non ce la facevo più. Mi ero detta che non avrei retto altre storie così. Né come quella della signora che mentre era al telefono con me sentì il figlio, che mai aveva parlato fino a quel momento, che finalmente cantava la mia sigla».
Raffaella dei miracoli. Però su quel divano un giorno si è seduta anche Madre Teresa di Calcutta, vero?
«Proprio il giorno in cui avevo una camicia tutta piena di Swarovski e con le maniche tutte vaporose, bellissima, me l’aveva consigliata il mio costumista. A un certo punto arrivò il capo della redazione e mi disse che stava per arrivare Madre Teresa, che era già a Roma per benedire un istituto. Allora corsi nello studio del Tg2 da Alberto Castagna e gli chiesi di spiegarmi bene tutto, di suggerirmi qualche domanda. In mezz’ora ho preparato tutto. E ovviamente non ho pensato a cambiarmi la camicia. Quando entrò questo esserino piccolo, gobbo, con una stretta di mano fortissima, volevo morire. Io ero vestita come a capodanno e davanti a me avevo una santa. Un angelo custode deve avermi aiutato, perché mi sono messa a tradurre tutto quel che diceva con quella vocina sottile».
Anche Rita Levi Montalcini è passata di lì.
«E anche Nilde Jotti. Tutte donne di un peso straordinaria. Tina Anselmi disse in tv che stava facendo la legge contro la P2 ma l’avrebbero bloccata. Tutto in diretta. Onestamente ho avuto lezioni di vita incredibili».
Non sarebbe bello riaccendere la fascia del mezzogiorno?
«Sì ma non con me. Sono in un momento sereno della mia vita lavorativa. Gestisco le interviste per A raccontare comincia tu. Però è vero, Boncompagni aveva inventato qualcosa di nuovo, prima di Pronto, Raffaella lo schermo a quell’ora aveva le barre colorate. Gianni mi diceva: oggi viene il signore che ti insegna come mettere le guide alle finestre contro il freddo. Gli rispondevo: e io che gli chiedo delle guide? Lui, semplice: gli chiedi come fa. Anche Sergio (Japino, ndr) ha insistito perché lo facessi».
Ecco, su questo va detto che è sempre stata consigliata bene, da due geni della tv, Japino e Boncompagni.
«Si chiama destino. Avere delle persone che prima ti vogliono bene, poi ti stimano e poi ti stimolano a metterti alla prova con cose sempre diverse, è raro. Io sono un mulo, vado spronata».
Soprattutto è raro trovare persone che non ti usano, che non spremono il personaggio.
«Nel mondo dello spettacolo le ragazze sono tutte belle, anche se a volte troppo rifatte, non hanno il tempo di capire chi le può aiutare a migliorare se stesse. Ci sono troppi programmi che non le aiutano a crescere. Essere gradevoli, carine, è importante ma non serve che siamo tutte Sophia Loren, serve altro. Oggi è raro trovare persone che si occupino di te. Se una viene usata perché e bella e ha 20 anni, fra tre anni si vedrà sostituire da un’altra. È un gioco crudele».
In chi vede una personalità forte, uno stile che va oltre le mode?
«Michelle Hunziker ha un suo stile ben preciso».
E anche lei non cambia mai pettinatura.
«E fa benissimo. È inutile farsi ciuffi verdi, blu e rosa. Devi essere riconoscibile. Lei è determinata, fa scelte giuste. Idem la De Filippi, è la più grande produttrice che esista in tv, ha talento e gusto per trovare programmi che piacciano. Molto personali anche Simona Ventura, la Venier. Tra le giovani c’è Francesca Fialdini, che condusse La vita in diretta».
A proposito, ha recentemente detto che nelle trasmissioni del pomeriggio si piange troppo.
«Sì, sono tutte storie di uccisioni, morte. Comincia Eleonora Daniele al mattino, e si va avanti nel pomeriggio. Io non dico che non si debba andare in profondità di alcuni fatti e parlarne con opinionisti di livello. Ma bisogna alternare tutto a momenti di leggerezza. Lorella Cuccarini e Alberto Matano sono molto bravi ma se potessero anche alleggerire un po’ le interviste sarebbe meglio. Differenziare, voltare pagina, è ciò che colora il programma».
Il varietà vecchia maniera tornerà mai?
«Non credo. Basta guardare l’esempio di Fiorello. Preferisce lanciare un mondo nuovo con la nuova tecnologia, che è Raiplay, per non ripetersi. Se un numero uno come lui sceglie una strada nuova, capisci che la strada vecchia non viene più percorsa».
I format dei reality o dei talent show hanno fatto la loro epoca o non ancora?
«No so, non sono direttore di rete. Ma se non fai un reality o un talent, che fai? Servono nuove idee, non è facile».
E mamma Rai non c’è più.
«No, è finito quel periodo. Però ci sono personaggi come Stefano Coletta, direttore di Rai tre, che viene da una lunga carriera interna, è a casa sua, sa cosa serve, rischia sempre un po’ ma è nato in quell’azienda e sa come svilupparla. La Rai, si sa, è un mondo più complicato rispetto a una televisione privata».
Il suo programma sta andando bene.
«Piace anche a me. All’inizio è stato strano non avere un camerino, lì mi sentivo sicura. Ma è molto bello conoscere le città. E poi è un progetto breve, diverso. Ho seguito sia i consigli di Coletta che quelli di Sergio. Io avevo dubbi sull’intervista di due ore con un personaggio. Mi dicevano: vedrai che verrà bello. Studio un sacco prima delle interviste. In due ore inoltre ho scoperto che posso entrare nell’intimo, nelle pieghe della persona. Quando finisco, scrivo subito la parte finale, a caldo, perché devo sentire quello che mi sono portata via e onestamente sono tutte persone che hanno lavorato, si sono preparate tutta la vita. Sarà vero che lo spettacolo non ti dà la laurea in medicina, è vero che non salvi vite, ma ha un suo perché. Non si inventa».
Lei, emiliana, sa bene cosa voglia dire essere una persona di sostanza.
«Si. E so anche cosa voglia dire essere accogliente, come la mia terra. Tutte noi donne siamo nate con le braccia così, per abbracciare. Il marito, quello che viene e va, i figli».
Sgarbi aveva detto «quello della Carrà è un erotismo domestico». Si ritrova in questo ritratto?
«Quella è un po’ la natura femminile. Non è merito mio, un po’ è l’educazione che ho ricevuto, un po’ è la mia terra. Quando sono andata a intervistare Luciana Litizzetto, sono andata a Torino, al mercato di Porta Palazzo. Ho comprato della verdura perché ho cucinato per la prima volta in vita mia in tv, poi ho comprato una testa d’aglio, grande così. Ne ho chiesto uno solo, non volevo impuzzolentire tutto il treno quando sarei tornata a casa. Il venditore era pugliese e non ha voluto un centesimo. Capito? Certe regioni sono così, calde. Se a un contadino emiliano chiedi da bere, non c’è dubbio, ti dà il vino».
Lei è sempre andata fiera delle sue origini. Ora tante nuove vip tendono a celare, puntano su un’immagine già arrivata, già ritoccata.
«Quello lo potrebbero anche evitare. Che senso ha farsi rifare il nasetto per avere due centimetri in meno? Per carità, se quel naso ti deve dare un complesso di inferiorità, allora capisco, ma farti fare una sesta di seno no. Io non ho rifatto niente, nemmeno in faccia. Ovvio, gioco molto sul trucco, poi dopo che i truccatori ti mettono tutta carina, dopo che hai studiato le luci e tutto il resto, arriva quello che ti dice: sei meglio dal vivo. E allora?».
Chi vorrebbe intervistare?
«Io e il mio staff pensiamo a dei personaggi. Poi però bisogna giustamente passare dal direttore di rete e sapere se gli piacciono. Lui dice sempre di si perché vuole personaggi i irraggiungibili, quelli che non parlano tanto».
Tipo Roberto Benigni?
«Ecco, tipo lui. Che però mi ha detto no, sostenendo che già avevamo fatto una cosa storica in tv. In realtà non aveva voglia di raccontarsi. Ha scelto così. Io lo capisco, anche a me chiamano la ’signora dei no’. Comunque, mi piacerebbe molto intervistare Cristiano Ronaldo. A livello contrattuale credo sia impossibile anche per Rai Uno. Se riesci ad arrivarci in modo amichevole è un’altra cosa. Ho visto che ha dato un paio di interviste molto belle in Inghilterra. Umanamente è molto ricco e mi incuriosisce».
Tra i giovani chi vorrebbe intervistare?
«Mi piacerebbe parlare con Ultimo. Quest’estate l’ho visto in una piccola intervista. Poi ho saputo che ha fatto un concerto con Venditti all’Olimpico. Questo ragazzo....di Tor Bella Monaca...Ecco, mi piacerebbe andare a passeggio per Tor Bella Monaca con Ultimo. Mi piace questa differenza di generazioni».
Che rapporto ha con i social?
«Li temevo tanto ma mi hanno dimostrato tanto affetto. L’ho scritto anche in un tweet».
Sanremo? Lo rifarebbe?
«No, assolutamente. Basta. Mi sono detta: Sanremo è da uomini, la farà Amadeus e andrà benissimo, è il suo. È preparatissimo e fa tv con la mano sinistra. Lo farà diverso da Baglioni, ma lo farà a modo suo, bellissimo».
Frequenta ancora le figlie di Gianni Boncompagni?
«Non le vedo quotidianamente ma ci incontriamo spesso in giardino, abitiamo a un passo, mangiamo insieme. Ora voglio organizzare una reunion. In questo periodo non sono stata ferma un attimo, sono stata spesso fuori Roma, ma recupererò».
I suoi nipoti che dicono del nuovo programma?
«Se fossero stati più giovani nemmeno mi avrebbero guardata adesso ne hanno 36 e 37, ora gli piace».