Corriere della Sera, 11 novembre 2019
Cosa significa «Ok Boomer»
La deputata venticinquenne Chlöe Swarbrick stava parlando al Parlamento neozelandese dell’emergenza climatica, quando un collega più anziano l’ha interrotta. «Ok Boomer» ha replicato lei – come a dire «sì vabbé» o alzare gli occhi al cielo – e ha continuato a parlare ignorandolo.
«Ok Boomer» è diventata la risposta sarcastica della generazione Z (i nati a partire dalla metà degli anni ‘90) e dei millennial (anni Ottanta-Novanta) alle critiche e alle paternali dei boomer (i nati durante il boom demografico, tra il 1945 e il ’64). I giovani adulti che entrano nel mondo del lavoro con molte meno opportunità di chi li ha preceduti dicono che non ne possono più di sentire le loro difficoltà sminuite o derise dalla generazione che li ha messi in questa situazione. I «vecchi» li chiamano bamboccioni, «pappamolle» per citare lo scrittore Bret Easton Ellis, o «snowflakes» («fiocchi di neve») cioè banderuole, pesi leggeri, persone troppo suscettibili. Invece «Ok Boomer», nato come meme sui social network (da TikTok a Reddit), appare sulle T-shirt, sulle custodie dei cellulari, sulle borracce. E il dibattito è finito su giornali e tv.
I conflitti generazionali non sono certo una novità: gli stessi boomer si ribellarono contro i genitori e contro la guerra in Vietnam, hanno lottato per i diritti civili e per quelli delle donne, come spesso ricordano con orgoglio. E i giovani lo riconoscono: ok #NotAllBoomers, non tutti i boomer sono uguali, ma col tempo tanti sono diventati più conservatori ed egoisti (e hanno eletto autocrati populisti). Il risentimento delle nuove generazioni è esploso soprattutto per due ragioni: i cambiamenti climatici e le diseguaglianze economiche. Nel discorso della neozelandese Swarbrick è impossibile non cogliere l’eco del grido «Ci avete rubato il futuro!» dell’adolescente svedese Greta Thunberg.
I millennial americani saranno la prima generazione a guadagnare meno dei propri genitori, e la filosofia boomer del bootstrapping(«se non hai successo è perché non stai lavorando abbastanza sodo», dall’espressione «to pull oneself up by one’s own bootstraps» che significa «cavarsela con le proprie forze») sembra un’illusione oggi che è quasi impossibile trovare un impiego stabile (e in America per studiare ci si indebita a vita); e prima di fare un figlio ti domandi non solo se puoi permettertelo, ma se sia etico in quella che Greta chiama la «nostra casa in fiamme».
Da parte loro i boomer si chiedono se il «vittimismo» dei giovani non sia dovuto all’educazione troppo permissiva che gli hanno dato. Non li capiscono. Come possono credere che «non essere offesi» sia un diritto (al punto da voler limitare la libertà di espressione)? E questa mania di fotografare e condividere ogni momento privato, anche se potrà essere usato contro di loro? (se lo chiede Maureen Dowd sul New York Times, ammettendo che un collega 27enne le risponde spesso «Ok boomer»). Anche Obama, papà di due ragazze di 18 e 21 anni, ha detto che i giovani devono capire che la vita è fatta di compromessi. Ok millennial? (i boomer tendono a chiamare millennial tutte le generazioni dopo la loro).
Bhaskar Sunkara, millennial e socialista, fondatore della rivista Jacobin, invece, è una voce fuori dal coro: sul Guardian invita i coetanei a riflettere sul fatto che la battaglia non è generazionale; milioni di vecchi operai se la passano malissimo, «il vero nemico sono i capitalisti».
È curioso che «Ok Boomer», che esprime l’incomunicabilità tra nonni e nipoti (in mezzo c’è la Gen X, la generazione silenziosa) abbia – tutto sommato – aperto il dialogo.