La Stampa, 11 novembre 2019
Chi è Iacopo Germolé, campione del mondo di cinese
«Com’è iniziata? Che da piccolo vedevo i film sul kung fu in televisione. Non so perché ma mi piacevano moltissimo». E’ andata a finire che Iacopo Germolé è diventato il campione del mondo tra gli studenti in lingua e cultura cinese. Ha 18 anni, frequenta l’ultimo anno del Liceo Scientifico Internazionale del Convitto Nazionale "Vittorio Emanuele II" di Roma dove il cinese fa parte delle materie curricolari.
In realtà il kung fu è stato il primo contatto con il mondo cinese, il secondo è stato un compagno di classe in terza media, un cinese rimasto per tre mesi come uditore. «Non parlava nemmeno una parola di italiano e poco l’inglese». Dover trovare il modo per comunicare con lui è stata la chiave che gli ha aperto le porte del complesso mondo dei caratteri cinesi.
All’open day del Convitto il terzo incontro, quello definitivo. «Era un ragazzo del quinto anno, raccontava che per la prima volta la scuola era arrivata prima alla selezione nazionale per il "Chinese Bridge", il campionato mondiale per studenti di cinese di tutto il mondo. Arrivando primi c’è la possibilità di andare in Cina e rappresentare il proprio stato. Aveva parlato prima in cinese e poi in italiano, ero rimasto molto colpito dal suo livello di cinese, mi sembrava lontanissimo, difficilissimo da raggiungere ma da quel giorno è diventata una sfida. Volevo diventare come lui e partecipare a questa competizione».
Ha tentato una prima volta al terzo anno. Aveva un cinese di livello 3 (il massimo è 6). Si è classificato secondo in Italia, troppo poco. «Sono rimasto deluso ma la mia professoressa di cinese mi ha detto che se abbiamo un obiettivo con la costanza prima o poi lo raggiungeremo». Ha frequentato un anno di scuola in Cina, la sua conoscenza del cinese è migliorata moltissimo, ha raggiunto il massimo livello. Si è classificato primo e si è preparato a partire con la sua professoressa per la gara finale in Cina, a Zheng Zhou, capoluogo della regione He Nan, a tre-quattro ore da Pechino in treno ad alta velocità.
C’erano 118 ragazze e ragazzi provenienti da 105 Paesi del mondo. Ognuno di loro in un minuto e mezzo doveva mettere in scena una rappresentazione. Iacopo aveva preparato uno spettacolo teatrale, impersonava uno dei soldati dell’esercito di terracotta. «Per i cinesi della giuria è stato molto coinvolgente, ho ottenuto il massimo del punteggio». Alla seconda prova erano in 30. Consisteva in un test sui caratteri cinesi, in cinque minuti bisognava comporre dieci radicali di ideogrammi in modo da formare nuove parole. Iacopo è riuscito a trovare tutte le combinazioni possibili, 24 su 24 battendo anche i concorrenti asiatici che si sono fermati a 23.
Alla terza prova sono arrivati in 15, 3 per ogni continente. «Siamo andati in uno studio televisivo. Dovevamo rispondere a 12 domande: 4 di cultura generale, altre 4 di comprensione e le ultime 4 sulle nuove tecnologie. Ho risposto correttamente a tutte. Sono stato l’unico, a quel punto ero primo in Europa e mi sembrava già un ottimo risultato».
Sono rimasti in cinque, uno per ogni continente per quella che secondo Iacopo è stata la prova «più divertente e la più faticosa: in due giorni abbiamo dovuto preparare un quiz di 15 domande e una rappresentazione artistica». Ha superato anche questa, rimaneva l’ultima prova e ormai erano in due, lui e una ragazza indonesiana «Dovevamo rispondere a dei quiz di cultura generale su geografia, poesia, storia, dottrine. Ho risposto bene a 10 domande e lei solo a due. Mi hanno proclamato campione. Sinceramente? All’inizio non ci credevo».
Ora è rientrato in Italia, ha partecipato all’open day della sua scuola e stavolta è stato lui a raccontare i successi ottenuti ai giovani che ora si stanno iscrivendo alle superiori. Il futuro? La maturità e poi la Cina. «Con questa competizione ho vinto una borsa di studio per qualsiasi università in Cina. Non ho ancora deciso però dove andrò e che cosa frequenterò. Di sicuro sarà qualcosa che mi permetterà di lavorare tra Italia Cina, qualcosa che avrà a che fare con i rapporti internazionali e la cooperazione internazionale». E poi? Vivrà in Cina? «Preferirei lavorare per la Cina ma dall’Italia». Forse almeno questo cervello non è del tutto in fuga.