la Repubblica, 11 novembre 2019
Tutte le violazioni ambientali imputate a ArceloMittal
Ci sono dati che gettano ombre sulla capacità di Arcelor-Mittal di rispettare le leggi contro l’inquinamento. Un dossier, elaborato dalla Federazione dei Verdi italiani in collaborazione con movimenti e gruppi ambientalisti internazionali, mostra infatti un lungo elenco di processi e violazioni in campo ambientale che vedono protagonista la multinazionale. Secondo Angelo Bonelli, coordinatore nazionale della Federazione dei Verdi «Quello che è accaduto e sta accadendo negli impianti ArcelorMittal di Paesi europei ed extraeuropei dimostra che il governo italiano una seria riflessione prima di aggiudicare Ilva al colosso dell’industria l’avrebbe dovuta fare». Il Paese che ha contribuito maggiormente a elaborare lo studio dei Verdi è il Canada, dove la multinazionale è sotto processo per 39 capi d’imputazione. Un mese fa la Corte Suprema canadese ha respinto il ricorso di Arcelor-Mittal, che è accusata di aver inquinato le acque rilasciando sostanze nocive nella miniera di Fermont, nel Quebec tra il 2011 e il 2013. La multinazionale ha cercato di contestare 29 delle 39 accuse, ma i giudici hanno respinto la domanda, sostenendo anche che i dirigenti della miniera hanno rilasciato dichiarazioni false. Non solo: Arcelor-Mittal aveva chiesto di ampliare lo sfruttamento della miniera, ma la commissione ambientale ha chiesto maggiori rassicurazioni sul rispetto delle norme e rivendicato un controllo più stretto da parte delle autorità.
In Francia, la multinazionale è sotto processo per l’inquinamento della Mosella, vicino a Thionville, dove dal suo stabilimento sarebbe stato sversato nelle acque del fiume dell’acido cloridrico. Le accuse sono di «gestione irregolare di rifiuti» e «funzionamento non autorizzato di un impianto». Un altro processo è in corso in Sud Africa, per inquinamento e danni alla popolazione a Boipatong, Sharpeville and Sebokeng, vicino a Johannesburg. L’autorevole quotidiano sudafricano Mail & Guardian, nel riferire delle continue violazioni ambientali e delle consumate strategie legali della compagnia per evitare le condanne, ha titolato: «Non c’è fine alle pratiche tossiche di Arcelor». Negli Stati Uniti, un documento dell’Epa, l’agenzia federale per la protezione dell’ambiente, attesta che l’ispezione dello scorso 22 agosto nell’impianto di Burns Harbor, in Indiana, ha accertato sversamenti di cianuro e ammoniaca nel fiume Little Calumet, con conseguente moria di pesci. In Bosnia Erzegovina, le organizzazioni ambientaliste denunciano l’altissimo inquinamento dovuto all’impianto di Zenica, dove, dicono, ArcelorMittal aveva promesso di riportare l’acciaieria ai fasti precedenti la guerra, ma non ha rilanciato l’occupazione e l’unica cosa che è ritornata è l’inquinamento. In Ucraina si è mosso contro il colosso industriale il presidente Volodymyr Zelensky in persona e, anche se le sue ragioni non si possono ricondurre soltanto alla salvaguardia della salute pubblica, ha accusato la multinazionale di non tenere fede agli impegni presi di migliorare la situazione ambientale nella regione di Dnipropetrovsk. «La lista dei contenziosi di ArcelorMittal è lunga – osserva Bonelli – ma dimostra che lo scudo penale che chiede, e che in parte gli è stato concesso, non esiste in nessuna parte del mondo perché i reati vengono perseguiti».