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 2019  novembre 07 Giovedì calendario

Biografia di Alain Delon


Alain Delon, nato a Sceaux, località dell’Île-de-France poco a sud di Parigi, l’8 novembre 1935 (84 anni). Attore. Tra i suoi film: Rocco e i suoi fratelli (Luchino Visconti, 1960); Delitto in pieno sole (René Clément, 1960); L’Eclisse (Michelangelo Antonioni, 1962); Il Gattopardo (Luchino Visconti, 1963); Una Rolls-Royce gialla (Anthony Asquith, 1964); Né onore né gloria (Mark Robson, 1966); Frank Costello faccia d’angelo (Jean-Pierre Melville, 1967); un episodio di Tre passi nel delirio (Louis Malle, 1968); La piscina (Jacques Deray, 1969); Borsalino (Jacques Deray, 1970); La prima notte di quiete (Valerio Zurlini, 1972); Notre histoire (Bertrand Blier, 1984, premio César per il migliore attore) e Nouvelle Vague (Jean-Luc Godard, 1990). Un David di Donatello speciale nel 1972. Orso d’oro alla carriera a Berlino nel 1995. Palma d’oro alla carriera a Cannes nel 2019 • «L’attore dagli occhi di ghiaccio, “mostro sacro” del cinema francese» (Anais Ginori, la Repubblica, 15/9/2005) • «Il divo dalla folgorante bellezza e dalla vita tumultuosa, costellata di luci e di ombre, è un uomo triste e solitario. Attorniato dai suoi cani, solo nella grande villa circondata dai boschi svizzeri [...] Celebre in Italia quanto in Francia [...] si è incardinato nell´immaginario di almeno due generazioni come l’aristocratico ufficiale che nel Gattopardo di Visconti sposa la ricca ereditiera Claudia Cardinale […] La brillante carriera, perennemente minacciata da una costante dispersione e in cui predilige ruoli di killer e di violento, è costellata di scandali, donne e iniziative sbagliate. […] Al suo fianco, dopo Romy Schneider, belle donne come Nathalie Barthelemy, Mireille Darc, Anne Parillaud» (Roberto Rombi, la Repubblica, 7/11/2005) • «Appartengo ad una generazione di dinosauri sgominati da dei nani, una generazione i cui mostri, sacri o no, non popolano ormai solo un Jurassic Park per anime nostalgiche. [...] De Sica, Fellini, Renoir, Visconti, Antonioni, Melville... Sapevano fare le tre cose che fanno un uomo di cinema: mettevano in scena, dirigevano gli attori e, quando tutto era pronto, filmavano. Oggi chi firma un film ne sa fare una, forse due, di queste cose, e ciò produce sogni zoppicanti» (a G.Ma., Corriere della Sera, 29/6/2003) • «Una stella non si spiega, si accetta e basta; è qualcosa che si vede brillare, ma che non si può toccare».
Compleanno «Il giorno in cui compirò sessant’anni mi ammazzerò».
Vita «Ci sono vuoti che non si colmeranno mai. Anche quando vivevo con una donna, quando amavo una donna, io mi sentivo solo. Mi sono sempre sentito così. Quella solitudine che mi trascino da sempre risale certamente all’infanzia. Avevo solo quattro anni quando ho capito che si poteva essere abbandonati da chi amiamo di più» (a Valérie Trierweiler, Paris Match, 10/1/2018) • I suoi divorziano e di lui non ne vogliono più sapere: • «Mio padre da una parte, mia madre dall’altra. Ciascuno su una riva e io su un’isola tra le due. Solo. […] Mia madre ogni tanto veniva a trovarmi, mio padre mai. Si erano rifatti una vita, avevano avuto altri figli; non ero io la loro priorità […] Ho imparato presto cosa sono l’ostilità, la solitudine, l’abbandono […] Diventai un teppistello» (Trierweiler) • Alain, per qualche anno, viene dato in affido alla famiglia di un secondino • «La mia seconda famiglia» • «Sa, la prigione, io la vedevo tutti i giorni quando ero ragazzo. […] Io giocavo con i figli dei guardiani, ci chiedevamo cosa ci fosse dietro quelle mura. Ricordo il giorno in cui hanno fucilato Laval [il primo ministro di Pétain, ndr]. Risuona ancora in me il suono dei proiettili. Era l’ottobre 1945. Avevo nove anni. Un evento del genere ti segna, sa, quando si è ragazzi. Con i miei compagni, ci raccontavamo storie, provavamo a immaginare com’era successo, come Laval aveva reagito. Mimavamo la scena» (alla Trierweiler) • Lo mettono in un collegio di suore a Issy-les-Moulineaux, dove dovrebbe studiare, ma prende voti bruttissimi, e a quattordici anni abbandona gli studi • «La bellezza, lei era lì. Me lo dicevano tutti, tutto il tempo. Me lo dicevano le donne, e non solo le donne […] Già mia madre me lo diceva, quando ero piccolo. Per la strada, la gente la fermava per dirle: “Ma com’è bello suo figlio!” Ma lei non sopportava che mi si toccasse, e allora, quando mi portava a spasso al parco di Sceaux, appendeva un piccolo cartello sul passeggino: “Guardare ma non toccare!”. Poi ci sono state le ragazze, che ho avuto sempre attorno. Ma se avessi compreso che si trattava di una risorsa, non avrei cominciato la vita facendo il salumiere» (alla Trierweiler) • Sua madre infatti si è risposata con il padrone di una salumeria e Alain fa l’apprendista da lui. Ma per poco • «Mi trovo male in famiglia. […] Vivo con una madre e un patrigno da un lato, un padre e una matrigna dall’altro. Sono un rompiscatole, il figlio di troppo, il bimbo tra due coppie che fa girare i coglioni a tutti. […] Poi mi ritrovo con il mio patrigno che mi rompe la testa, mi vuole uccidere e mia madre che ha una figlia e un altro figlio. Sono un coglione, divento salumiere, ma in realtà lavoro un po’ dappertutto. Non sono niente. Sicché, quando ho sedici-diciassette anni, dico: “Me ne vado”» (a Samuel Blumfeld, Le Monde, 19/5/2015) • È il 1952. Vede su un giornale la pubblicità delle forze armate e decide di arruolarsi. Vorrebbe andare in aviazione, ma bisogna aspettare sei mesi o un anno, e allora sceglie la marina per partire il prima possibile • «Si diventava maggiorenni a 21 anni all’epoca e i miei genitori hanno firmato l’autorizzazione all’arruolamento senza esitare, come se volessero sbarazzarsi di me ancora una volta. Mi brucia ancora per questo. Non si manda un ragazzo di diciassette anni alla guerra… diciassette anni… non avevo che diciassette anni» (alla Trierweiler) • Va in Indocina • «Alain Delon a Dien Bien Phu aveva diciotto anni ed era paracadutista volontario. Laggiù nella giungla vietnamita fu estremo difensore della Francia e quindi dell’Europa: venne sconfitto, insieme alla Francia e all’Europa, ma non si suicidò come il colonnello Piroth» (Camillo Langone, Il Foglio, 5/9/2013) • Passa cinque anni sotto le armi, e a un certo punto finisce anche undici mesi in galera per aver rubato (e condotto in un torrente) un fuoristrada dell’esercito • «Qual è stato il momento più felice della sua vita? “Certamente tra i 20 e i 28 anni. Ero tornato sano e salvo dall’Indocina, già questo era un miracolo. L’esercito mi aveva forgiato per sempre. Lì ho imparato ad amare l’ordine, la disciplina, a rispettare i capi. E fu in quel momento che le donne e il cinema mi aprirono le braccia […] mi sono ritrovato a vivere a Pigalle […] Qualche tempo dopo, vivevo sulle spalle di molte ragazze. Erano pazze di me perché, a quanto pare, ero bello […] In fondo, non ho mai fatto nulla senza le donne. Anche io ero pazzo per loro, specie di quelle con cinque o sei anni più di me”» (alla Trierweiler) • «Divenni il giovane amante di un’attrice, Brigitte Auber. Vivevamo insieme. Dopo l’Indocina, non avevo niente da fare, così la seguii in una tournée. Lei recitava, io le portavo le valigie [...] Prima mi occupavo di biciclette al velodromo» (François Forestier, Josette Alia, Sette, n. 14/1998) • Il suo primo film, nel 1956 è Godot di Yves Allégret • «Brigitte mi diceva: “Mi raccomando, sii te stesso, non recitare, parla come tu parli, muoviti come tu ti muovi”. […] Mi sono subito accorto che mi sarei innamorato di questo mestiere» (alla Trierweiler) • «Voglio vedere negli occhi di queste donne che sono il più bello, il più grande, il più forte, è per questo che sono diventato attore» (a Ludivine Trichot, Le Figaro, 21/9/2018) • Nel 1958 gli propongono un secondo film, da girare con l’attrice Romy Schneider, e lui accetta subito • «Secondo il volere dei produttori, quando la diva atterrò a Parigi, lui era lì ad attenderla, ben vestito e pettinato, con un mazzo di fiori in mano. Nella stessa serata dovettero ballare insieme a favore di fotografi. Durante la lavorazione, però, si innamorarono davvero» (Renzo Allegri, Chi 4/11/2015) • «Il vero Alain era un matto. Un ragazzo meraviglioso in jeans e camicia sportiva, sempre spettinato, capace solo di parlare a raffiche velocissime, un selvaggio perennemente in ritardo che girava per Parigi con un’auto sportiva infischiandosene dei semafori rossi» (dal diario di Romy Schneider) • Per Alain un incontro decisivo è quello con il regista René Clément: «“Il mio maestro assoluto, mi ha insegnato tutto, gli devo tutto […] Non ho mai sognato questa carriera, è arrivata così. […] Si chiama destino. La fortuna non esiste, si chiama destino”. Recitare per Luchino Visconti, anche quello fu destino? “Al contrario di quello che credono tutti, Visconti è arrivato dopo Réné Clément. Le sue cose sono legate. Mi ha voluto per Rocco e i suoi fratelli perché aveva visto Delitto in pieno sole. Ha chiamato il mio agente e ci siamo incontrati. Tutto è successo così, ha fatto tutto da solo. Io non avevo chiesto nulla» (alla Trierweiler) • «Pensi che, all’inizio, ci furono molte resistenze all’idea che un giovane calabrese fosse interpretato da un francese. Ma il successo del film cancellò l’anagrafe. E tutti in Italia mi ribattezzarono Rocco» (a Mario Serenellini, il manifesto, 4/8/2017) • Alain e Romy Schneider ormai stanno assieme: «Nel 1959 annunciarono il fidanzamento ufficiale e il prossimo matrimonio, che però dovettero rimandare per impegni di lavoro. Lui cominciò a tradirla con l’attrice Nathalie Canovas» (Allegri) • «Quell’anno girai tre film da leggenda: oltre al francese Plein soleil, due italiani, Rocco e L’eclisse. Tre capolavori: che sono alla base della mia carriera italiana e internazionale» (a Mario Serenellini, il manifesto, 4/8/2017) • Nel 1963 è a Palermo per Il Gattopardo di Visconti: «Luchino ha impiegato tre settimane per girare, di notte, in un tripudio di candele accese, la sola scena del ballo. Gli ci è voluto il tempo oggi necessario per girare un intero film: in ventun giorni, adesso, un telefilm è cotto e mangiato» • «E le voci di una vostra relazione? “Provenivano dal suo amante tedesco. Con Il Gattopardo siamo diventati intimi, e quel coglione era geloso del rapporto che Visconti aveva con me» (CQ Uk, 4/1/2018) • «Il 18 dicembre 1963 Romy Schneider tornò a casa e trovò rose rosse su un tavolo e un biglietto: “Cara, sono in Messico con Nathalie. Tante cose, Alain”. Poche settimane dopo venne a sapere che i due si erano anche sposati. Gli scrisse: “Quando ho saputo del tuo matrimonio, la prima cosa che ho pensato di fare è stata di chiudermi in convento. Ma neppure da lì sarei riuscita a dimenticarti”» (Allegri) • «I miei genitori avevano divorziato, si, ne avevo sofferto moltissimo. È per questo che volevo restare sposato per sempre. Quando ho sposato Nathalie ho pensato davvero che sarebbe stato fino alla fine dei nostri giorni. Era il mio sogno» (alla Trierweiler) • Con la moglie tenta l’avventura americana, si trasferiscono a Los Angeles: «Negli studios capirono subito che Alain era un rompiscatole. Non funzionò» (Leonardo Martinelli, La Stampa, 7/11/2015) • Non importa. Alain è comunque uno dei divi del cinema europeo • In L’uomo che uccideva a sangue freddo appare completamente nudo • «In Borsalino si presentò sul set con muscoli esageratamente pompati, per non sfigurare dinanzi a Jean-Paul» (Martinelli) • «Siamo sempre stati amici e rivali. Sono più di sessant’anni che corriamo assieme i cento metri. Un colpo vinco io, un colpo vince lui. Ma non ci siamo mai lasciati. Per fortuna che era lì. Tra noi c’era una competizione, ma anche una specie di gioco» (alla Trierweiler) • «La mia carriera non ha niente a che vedere con il mestiere del commediante. Questa è la differenza fondamentale – e non c’è niente di denigratorio in questo – tra Belmondo e Delon. Io sono un attore, Jean Paul è un commediante. Un commediante recita, passa anni a imparare come si fa, mentre l’attore vive. Io, i miei ruoli, li ho sempre vissuti. Non ho mai recitato» (alla Trichot) • Nel 1982, Romy Schneider muore di infarto: «La trovarono seduta al tavolo del suo studio nella casa parigina, con la penna in mano e un foglio bianco davanti. Il giorno del funerale Delon le scrisse una lettera pubblica, che spedì al Paris Match: “Ti dico addio, il più lungo degli adii, mia Puppelé. È così che ti chiamavo, ‘piccola bambola’ in tedesco. Non guardo i fiori, ma il tuo viso e penso che sei bella, e che forse non lo sei mai stata così tanto. Non verrò in chiesa, né al cimitero. Ti chiedo perdono perché sai che non riuscirò a proteggerti dalla folla, da questo tormento così avido di spettacolo che ti faceva tremare. Verrò a trovarti il giorno dopo, e saremo soli”» (Allegri) • Dagli anni 80 in poi, Alain «si consegna completamente al personaggio, ormai entrato a pieno diritto nel mito: il silenzio come complice, per creare ancor di più un alone di mistero e magia, qualche impetuosa presa di posizione, in nome del vecchio orgoglio. Divo ad uso e costume della televisione più che del cinema, che ne condivide il medesimo declino, sempre più lontano dalle immagini, care ai cinefili, degli esordi» (Luca Pallanch, Rivista del Cinematografo, 8/11/2005) • Diventa anche produttore: «Avevo bisogno di creare, bisogno di fare, ma ciò che volevo soprattutto, era essere il capo, e decidere che cosa fare» • «Avevo quasi settant’anni quando mia madre è morta. Non ho mai voluto rivangare il passato, a cosa sarebbe servito? Mi era mancata moltissimo da giovane, ancor più che mio padre. Entrambi si sono ricordati di me quando sono diventato famoso. Tutti e due erano fieri d’essere i genitori di Alain Delon. Di colpo, si sono ricordati di avere un figlio. Mia madre ha cominciato a farsi chiamare Madame Delon, anche se il suo cognome era Boulogne. Era diventata una groupie, non più una madre» (alla Trierweiler) • L’ultimo suo film è Asterix alle Olimpiadi (2008), in cui interpreta Giulio Cesare: «Si dice che fosse l’uomo di tutte le donne e la donna di tutti gli uomini» • «Sono sempre stato segnato da quello che nel pugilato si chiama “l’incontro di troppo”. Non voglio fare l’incontro di troppo. Ho avuto una carriera talmente eccezionale che non voglio fare un film di troppo. I cineasti con cui avrei potuto girare sono morti. Ho smesso […] Cosa volete che me ne freghi?» (alla Trichot) • «All’inizio di questa intervista le ho chiesto in quale momento della sua vita è stato più felice. Ora le chiedo: quando è stato più infelice? “Ora, credo. La vita non mi riserva più nulla di speciale. Ho conosciuto tutto, ho visto tutto, Ma soprattutto, odio quest’epoca, mi fa vomitare […] Tutto è finto, tutto è falso. Non c’è più il rispetto, il valore della parola data. Conta solo il denaro. […] Lascerò questo mondo senza rimpianti. No, davvero, non avrò alcun rimpianto quando me ne andrò […] Quelli che amavo se ne sono già andati. Poi si vedrà chi verrà dopo di me”» (Trierweiler) • «Gli attori [un tempo, ndr] venivano dal “fuori’: Gabin dal music-hall, Ventura dal ring, Lancaster dal circo, Alan Ladd era elettricista. Si veniva dal “fuori” con una febbre, un’energia, che non potevano essere imbrigliate. Oggi il cinema recluta solo attori senza cicatrici, sociali o umane. E così i film sono deboli, carne senza nervi, dolori senza memoria, immagini senza vita. [...] In Francia Blier, Besson, Polanski, Ozon sono tutto quel che ci resta. Gli spagnoli hanno ancora Almodovar. Lars von Trier? Forse.... [...] A volte mi chiedo se queste riflessioni crepuscolari non siano un modo narcisistico di constatare che sono invecchiato, che la mia carriera è ormai alle spalle. Ma no, la questione è più grave: i soldi e la tv hanno rotto la macchina dei sogni. Se oggi un giovane mi chiedesse consiglio sul suo avvenire, gli direi di tentare col calcio o il tennis. Voilà, il mio cinema è morto. E io anche”» (G. Ma., Corriere della Sera, 26/9/2003) • Nell’estate 2019 ha avuto un ictus, ma si è ripreso.
Catalogo Tra le sue donne: l’attrice austriaca Romy Schneider, la cantante tedesca Nico, la cantante Dalida, l’attrice Francine Canovas alias Nathalie Delon, l’attrice austriaca Marisa Mell, l’attrice Mireille Darc, le attrici Veronique Jannot, Sylvia Kristel, Sydney Rome, Dalila Di Lazzaro, l’attrice Anne Parillaud, Catherine Pironi, la modella Rosalie van Breemen (la quale «lo ha poi abbandonato [nel 2001, ndr] per un industriale tedesco degli occhiali») • «Non capisco proprio le donne. Morirò senza averle capite».
Figli L’attore Anthony Delon (n. 1964), l’attrice Anouchka Delon (n. 1990) e il modello e attore Alain-Fabien Delon (n. 1994). La cantante Nico ha detto che il figlio Christian Aaron Boulogne (n. 1962) fosse suo, ma lui non lo ha mai voluto riconoscere (alla fine lo ha adottato la madre di Alain).
Baci sul set «Una volta Alain Delon m’infilò a tradimento la lingua nell’esofago. Gliela morsi a sangue» (Isabella Biagini).
Politica Durante il Maggio francese si rifiutò di abbassare il sipario nel teatro dove recitava, come invece chiedevano i contestatori • Nel 2007 ha votato Sarkozy • «Mi hanno voluto appiccicare l’etichetta “estrema destra solo perché ho raccontato che ero amico di Le Pen dopo l’esercito. No, io sono di destra e basta» • Ha detto in televisione che i gay sono contro-natura: «Io non sono contrario al matrimonio gay, me ne frego: facciano quel che vogliono. Ma sono contrario all’adozione per due persone dello stesso sesso» • È stato criticato da gruppi animalisti e femministi: «Ho detto di aver schiaffeggiato una donna? Sì, anche se in vita mia ho ricevuto più sberle di quante ne ho date. Ma non ne ho mai molestata una».
Giudizi «Non era il mio tipo. Preferivo Lee Marvin o James Coburn. I belli non mi sono mai piaciuti, quei pupattoli che si truccano. Preferisco gli uomini con una faccia» (Virna Lisi) • «In fuga dal suo passato, dal quale inevitabilmente […] ha sempre corso il rischio di essere risucchiato. E più che mai in fuga da se stesso» (Pallanch) • «Delon è un personaggio segreto, ripiegato su sé stesso, introverso in maniera inimmaginabile. È della razza di coloro che conservano la loro gioventù intatta e la freschezza della loro adolescenza. Ha conservato l’universo stesso della sua infanzia con le sue passioni taciturne e le sue mitologie. Esiste in lui un gusto per l’autodistruzione pienamente romantico. Un gusto romanzesco per la morte che è certamente dovuto al fatto che ha fatto la guerra in Indocina da giovanissimo» (il regista Melville) • «Avendo avuto tutto, non gli è stato perdonato niente. Fosse stato meno bello, se ne sarebbero spiati con minore avidità i guasti del tempo; fosse stato meno bravo, se ne sarebbero sottolineati con minore acrimonia gli infortuni artistici; fosse stato meno intelligente, gli avrebbero rimproverato con minor astio dichiarazioni pubbliche e private. Va da sé che, replicando colpo su colpo, lui non ha mai fatto nulla per facilitare le cose. L’insoumis, il non sottomesso, ovvero il ribelle, si chiamava uno dei suoi film più belli, e più che il titolo di una pellicola è una dichiarazione di intenti, il manifesto di una vita» (Stenio Solinas, il Giornale, 6/11/2015)
Rimpianti Gli spiace di non essere mai stato diretto da una regista donna.
Delitti Nel 1969 una sua guardia del corpo fu assassinata, lui fu coinvolto nelle indagini.
Silvio Secondo Berlusconi, il giornalista ideale è «un misto tra Franco Nero e Alain Delon» • A un certo punto, nel 2010, sembrava fosse sul punto di interpretare il Cavaliere in un film tratto da Gradisca Presidente, il libro autobiografico di Patrizia D’Addario: «Questo rumeur su una mia presunta partecipazione a un film con Patrizia D’Addario, dove reciterei nel ruolo di Silvio Berlusconi è una solenne stronzata. Scriva proprio cosi: stronzata».
Curiosità Alto 1 metro e 78 • I vestiti glieli faceva lo stilista Carlo Pignatelli • Ai suoi registi, per rispetto, ha sempre dato del voi • Collezionava opere d’arte, ma ha messo tutto all’asta nel 2007 • Gli piacciono i cani (soprattutto il doberman e il dogo argentino), le auto da corsa, gli abiti firmati • È stato il primo firmatario della petizione per restaurare Palazzo Gangi, a Palermo, dove fu girato il Gattopardo • Ha un ufficio in boulevard Haussmann, a Parigi, e una tenuta a Douchy, a 115 chilometri a sud-est della città. Lì ha fatto seppellire trentacinque dei suoi cani, ha espresso il desiderio di essere tumulato con loro e ha pure chiesto che i suoi cani vengano uccisi il giorno della propria morte e fatti riposare con lui • Non riguarda mai i suoi film • «All’aldilà lei ci crede? Sfortunatamente, credo più al sotto-terra. […] Lei è credente? Lo sono meno di quando ero giovane. Non credo davvero in Dio, ma la mia passione è Maria. Perché amo questa donna, amo tutto quello che ha fatto. Ovviamente suo figlio è più conosciuto, ma chi era poi veramente? Con Maria, io ci parlo, le dico delle cose, le domando delle cose. Mi dona conforto, mi dà la compagnia che non ho, lei è sempre qui. Mi ascolta e mi consola» (alla Trierweiler) • «Quando ho iniziato questo lavoro mi è stato detto che non è difficile fare quel che si voleva, la cosa molto difficile è durare… e sono durato 62 anni. E ora so che ciò che è veramente difficile è andarsene. Perché io voglio andarmene. Ma non me ne andrò senza avvisarvi e senza ringraziarvi. Nella vita ho fatto il lavoro che ho scelto, diretto dai più grandi, dai migliori. E a quanto pare, sono una star. Ma se sono una star, ed è per questo che voglio ringraziarvi, è al pubblico che lo devo, e a nessun altro» (lui, in lacrime, a Cannes, 19/5/2019).