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 2019  settembre 15 Domenica calendario

Su "Italia selvatica" di Daniele Zovi (Utet)

Sono tornati. Si aggirano di notte, come fantasmi a quattro zampe. Diffidenti e territoriali, scendono dai boschi verso le nostre periferie. Ci temono ma sono anche attratti dalla nostra abbondanza di cibo. Sono otto animali selvatici raccontati da uno scienziato forestale che li studia da decenni, Daniele Zovi. Otto storie di natura libera: orsi, lupi, cinghiali, gatti selvatici, lontre, sciacalli dorati, linci e castori. Ce ne sono più nelle nostre favole che là fuori nel mondo. Tale ormai è il grado di antropizzazione che, se mettiamo su una grande bilancia tutti i mammiferi della Terra, scopriamo che quasi due terzi sono animali da allevamento, un terzo siamo noi, e solo il 3% è il resto, cioè la fauna selvatica. Un 3% peraltro minacciato ancora a causa della caccia indiscriminata, della frammentazione degli habitat, di barriere e strade senza attraversamenti per gli animali, di coltivazioni e conurbazioni infinite come nella Pianura padana.

Nonostante tutto ciò l’Italia — grazie alla conformazione irregolare del suo territorio, alla diversità degli ambienti e alla sua posizione di corridoio mediterraneo — resta miracolosamente la nazione con la più alta biodiversità di piante e animali in Europa. Non solo: questa diversità biologica trova un corrispettivo nella diversità culturale, linguistica e gastronomica del nostro Paese. Siamo da millenni un laboratorio di diversità. Così l’Italia selvatica non è ancora scomparsa del tutto, anzi rispunta. Complici la protezione legislativa (la fauna selvatica è «patrimonio indisponibile dello Stato»), i ripopolamenti selettivi (come nel caso dell’orso bruno in Trentino e in Alto Adige) e l’espansione dei boschi dovuta allo spopolamento delle montagne italiane, i selvatici immigrati sono in aumento, interessati come sono ai nostri caprioli, cervi e camosci. Di quanto siano abili gli animali a spostarsi, ignari dei confini nazionali, tratta anche L’atlante della vita selvaggia del geografo James Cheshire, arricchito dalle pregevoli mappe di Oliver Uberti sulle migrazioni animali.

Così, piccoli branchi di lupi si sono ormai insediati lungo tutta la penisola, dall’arco alpino agli Appennini, passando per la Maremma e giù fino alle Murge. Sono scesi anche sulle spiagge tirreniche nella Tenuta di San Rossore. Rarissimi orsi marsicani, curiosi e golosi, passeggiano di notte nei vicoli dei borghi abruzzesi attratti da arnie e pollai. Restano solo cinque femmine adulte in grado di riprodursi. Dalla Slovenia trent’anni fa è entrato in Friuli lo sciacallo dorato, diffuso nei Balcani, furtivo e opportunista. Una cinquantina di questi rari canidi adesso si aggira tra nord-est, Lombardia ed Emilia, e si cominciano a risentire i loro malinconici ululati serali. Poche lontre resistono nei torrenti del Meridione, ma altre sono tornate a pescare in quelli alpini. Per la regolazione degli ecosistemi è un fatto molto positivo e noi umani, anziché spaventarci, dovremmo reimparare una convivenza antica.

In altri casi l’equilibrio è più difficile: voraci cinghiali (introdotti da noi) dilagano su tutta la penisola, si ibridano con i maiali al pascolo, fanno danni all’agricoltura e seminano scompiglio anche in città. I gatti selvatici invece sono i più schivi di tutti e almeno un migliaio di loro si nascondono nei nostri boschi. Molto meno numerose (una decina) sono purtroppo le linci italiane, splendidi ed elusivi felini maculati che cacciano dal Tarvisio alla Valle d’Aosta. Ma la storia più bella è quella del castoro europeo, che dopo 500 anni di assenza è tornato in Italia, per la precisione nei boschi di Tarvisio. Non se ne vedevano dal 1541. Dall’Austria è arrivato un singolo esemplare, forse un giovane maschio in cerca di una compagna.

Sono tornati gli animali delle nostre saghe, dei bassorilievi medioevali, dei conflitti tra innocentisti e colpevolisti non appena uno di loro minaccia il nostro quieto vivere. Ma non è la storia di un trionfo, perché l’antropizzazione in Italia resta schiacciante: i corsi d’acqua sono ingabbiati, le coste cementificate. Piuttosto è una storia di resistenza della vita selvatica, che appena cessate le persecuzioni torna a ripopolare gli interstizi che noi lasciamo liberi. L’orso bruno alpino sta tornando nelle vallate che ha abitato fino alla metà dell’Ottocento: sta tornando a casa sua, non sta invadendo casa nostra.

Il selvatico è retaggio del nostro passato evolutivo, non ancora sopito, scrive Zovi. Ci ricorda «il timore di essere predati e l’euforia della caccia». Il suo libro è impreziosito da bellissime foto e dai disegni delle orme degli animali. La narrazione, intrisa di emozione e rispetto, è ricca di informazioni sul monitoraggio di questi animali e sul lavoro appassionato dei ricercatori italiani impegnati sul campo. Si percepisce l’esperienza dell’autore, che tra gli altri incarichi ha comandato il Corpo Forestale dello Stato per il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige. Le sue non sono mai vicende di animali generici ma di individui con personalità uniche e diverse. In fondo queste storie di animali migranti ci dicono che noi non siamo indispensabili. Se un giorno gli umani sparissero per qualche misteriosa ragione dalla penisola, in poco tempo la biodiversità della fauna selvatica si riprenderebbe i suoi spazi.


[DANIELE ZOVI Italia selvatica. Storie di orsi, lupi, gatti selvatici, cinghiali, lontre, sciacalli dorati, linci e un castoro UTET Pagine 304, € 20
JAMES CHESHIRE OLIVER UBERTI L’atlante della vita selvaggia. 50 grafici per scoprire i movimenti e le migrazioni degli animali Traduzione di Dario Ferrari MONDADORI Pagine 172, € 26
Gli autori
Da 40 anni nel Corpo forestale dello Stato, Daniele Zovi dal 2017 è generale di brigata del Comando Carabinieriforestale del Veneto. James Cheshire è geografo dell’University College di Londra mentre Oliver Uberti è graphic designer e giornalista fotografico
].