la Repubblica, 3 novembre 2019
Su "Il Dio unico e la società moderna" di Eugenio Scalfari (Einaudi)
Tra pochi giorni i nostri lettori avranno la possibilità di acquistare il libro che ho terminato di scrivere da pochi giorni con il titolo Il Dio unico e la società moderna. In precedenza - sei anni prima - avevo scritto un altro libro dal titolo Papa Francesco / Eugenio Scalfari. Dialogo tra credenti e non credenti.
Questi due libri e in particolare quello che vedrete per la prima volta in questi giorni affrontano un tema riservato a un numero relativamente limitato. Ci sono stati in particolare due sacerdoti che hanno affrontato temi di altissimo livello culturale, religioso e perfino politico nel senso in cui la politica influisce positivamente o negativamente sulla vita degli uomini.
Il cardinale Carlo Maria Martini fu molto amico di papa Francesco: lo aveva conosciuto in Argentina e l’aveva convinto a venire in Europa in generale e a Roma in particolare. Era già arcivescovo e quindi poteva assumere funzioni di notevole importanza in Vaticano.
Quelle funzioni Martini le aveva già: era cardinale e cercava nei limiti del possibile di modernizzare la Chiesa. Ci incontrammo due volte di seguito in una riunione che comprendeva delegati non soltanto cattolici e cristiani ma anche di altre religioni a cominciare da quella ebraica e poi araba e avanti così. Martini sapeva che la Chiesa aveva bisogno di cambiamenti profondi.
Cambiamenti che puntassero soprattutto sulla Fede sull’amore del prossimo, sull’eguaglianza e sull’Amore delle anime tra loro, che superassero l’istinto e arricchissero la mente con sentimenti che rendessero il nostro genere umano molto più votato alla solidarietà e al progresso del bene comune.
Il problema di Gesù Cristo era diventato uno dei temi di maggiore importanza.
Chiesi al cardinal Martini quale fosse il racconto degli evangelisti e soprattutto di quei pochi, sette od otto, che la Chiesa ufficiale aveva scelto. La risposta fu che il più interessante era il Vangelo di Giovanni. Gli studiosi del problema erano incerti se Giovanni fosse l’evangelista più giovane e più amato da Gesù nel periodo cominciato con l’Ultima Cena e terminato con la Crocefissione. La tesi sostenuta da Martini non indugia sulle origini di Giovanni, ma fa questa considerazione tratta da quel Vangelo: "Il Vangelo di Giovanni comincia con versi profetici e poetici: in principio era il Verbo e il Verbo era Dio. Tutte le cose furono fatte per mezzo di Lui e senza di Lui nulla fu fatto di quanto esiste. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini, era nel mondo il Verbo ma il mondo non lo conobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’accolsero. Ma a quanti lo ricevettero diede il potere di diventare figli di Dio". E infine lo snodo cruciale: "Il Verbo si è fatto carne e abita tra noi e noi fummo spettatori della sua gloria. Dio non lo ha mai veduto nessuno, ce l’ha manifestato l’Unigenito Dio che sta nel seno del Padre".
I miei colloqui con il cardinal Martini furono frequenti nella Cancelleria di Roma dove erano radunati i rappresentanti delle maggiori religioni monoteiste. Molte
domande gli venivano poste dai vari presenti, ma io ebbi la fortuna di essere da lui prescelto come quello che maggiormente stimolava la sua posizione ecclesiastica che mi sento di definire in qualche modo rivoluzionaria. Del resto io ebbi con lui nel corso degli anni vari colloqui, non più a Roma ma a Gallarate, vicino Milano, dove Martini era ormai ricoverato perché l’età passava. L’ultimo di questi incontri lo ricordo ancora nella sua drammaticità. La sua mente funzionava, ma il suo corpo ormai versava in condizioni drammatiche: pensava lucidamente ma non esprimeva più le parole se non muovendo le labbra senza suono. Un giovane sacerdote traduceva quel movimento delle labbra e il silenzio del cardinale prendeva forma nella parola da lui pensata. Continuava ad affermare, pur essendo ormai prossimo alla morte, che la Chiesa andava fortemente ammodernata e quindi cambiata e mi spiegava le principali ragioni che condivideva in pieno con Bergoglio, ormai cardinale anche lui. Martini morì ma i suoi scritti, il suo pensiero, la sua azione nella Chiesa sono tuttora da ricordare e sono fortemente legati a papa Francesco.
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Il libro che troverete nelle edicole e nelle librerie a partire dal 5 novembre prossimo ve lo presento fin da oggi, domenica. Il titolo è:
Il Dio unico
e la società
moderna
Incontri con papa Francesco
e il cardinale Carlo Maria Martini
Gli incontri per telefono o di persona di Sua Santità con me sono stati molti e mi auguro che potranno continuare ancora, finché possibile. Francesco è un Papa che ha scelto quel nome perché il Santo di Assisi è la persona più mistica che il Papa abbia individuato e poiché papa Bergoglio non è mistico affatto ed è lui stesso che lo dichiara, la scelta di quel nome, che non era mai stato usato finora per rappresentare il Capo della Chiesa, obbedisce per l’appunto a questo concetto. Papa Francesco si sente investito da una missione della massima importanza. Dio è uno solo e papa Francesco sente dentro di lui un compito che gli è stato affidato dal Cielo: aggiornare la Chiesa affinché possa incidere sulla società che negli ultimi secoli è ampiamente cambiata.
I colloqui che ho avuto con lui per lettera, per telefono, e soprattutto negli incontri che ho avuto finora nella sala di Santa Marta hanno affrontato questo rapporto culturale tra la Chiesa e la società. Questo lavoro estremamente complesso è previsto dal Concilio Vaticano II, ma nessuno lo aveva ancora pensato. Quel Concilio prevedeva molte altre novità da affermare e furono infatti affermate dai vari pontefici che succedettero a papa Giovanni XXIII: Paolo VI, papa Luciani, papa Wojtyla, papa Ratzinger e Francesco. Ratzinger, con il nome di Benedetto XVI, governò dal 2005 al 2013 dopodiché si dimise. Non era mai accaduto che un Papa si dimettese, ma accadde con Ratzinger e portò al vertice della Chiesa Jorge Mario Bergoglio che assunse il nome, come abbiamo già detto, di Francesco, senza numero perché non c’è mai stato un pontefice che abbia usato quel nome.
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Papa Francesco ha molti problemi da affrontare ma il primo di tutti è che lui ha stabilito che il Dio è unico. Finora ognuno ha avuto il proprio: i generi, le razze, le specie, hanno il proprio Dio, una parte di quelle popolazioni crede alla sua esistenza e un’altra parte è composta da scettici e bestemmiatori. Accade così nelle Americhe del Sud del Centro e del Nord; accade così in molti Paesi europei e in Cina, in Giappone, in Corea, in Russia: insomma in tutto il mondo ci sono scettici, non credenti e bestemmiatori e fervidi fedeli al loro Dio il quale difficilmente va oltre i confini di quel Paese. Insomma la religione è sempre stata un mito, gli dèi numerosi e spesso di doppio sesso.
Papa Francesco conosce molto bene queste situazioni e non le condivide affatto. È ovviamente molto religioso ma come ho già detto è un rivoluzionario. Il Dio è unico per chi ci crede ma la gerarchia religiosa deve essere al corrente della società alla quale il Dio unico si rivolge.
Il Concilio Vaticano II, attraverso i vari Papi che hanno avuto il compito di adempiere alle sue prescrizioni, hanno dimenticato una questione di fondo: come è cambiata la società civile negli ultimi secoli? E quindi come deve cambiare l’insegnamento della Chiesa per adeguarsi alla nuova e moderna società?
Questo è il problema rimasto sulle spalle di papa Francesco, il quale ritiene (a mio avviso con piena ragione) che la società civile degli ultimi secoli vada studiata a fondo, altrimenti sarebbe assai arduo l’adeguamento tra le due entità: religione e società laica. Ma dove comincia il cambiamento culturale che papa Bergoglio deve studiare per adeguarvisi e portare avanti due entità molto diverse l’una dall’altra che al contempo debbono tener conto di questa diversità affinché il mondo proceda nel modo migliore?
Non sono certamente io il solo cui papa Francesco ha fatto ricorso, ma il rapporto tra noi dura da sei anni e si è approfondito reciprocamente sempre di più. Mi è stato chiesto da Sua Santità quale fossero i personaggi rappresentativi della società laica, che hanno influito profondamente sul popolo e sulle classi dirigenti ed io glieli ho indicati: Michel de Montaigne, Voltaire, Diderot, d’Alembert, Rousseau, Descartes, Kant, Shakespeare, Cervantes, Enrico d’Inghilterra, Petrarca, Foscolo, Alfieri e poi i moderni: D’Annunzio, Quasimodo, Montale, Calvino, Pascoli, Adam Smith. Non vorrei scordare Talleyrand e tanti altri. Il Papa vedrà quali sono quelli che debbono essere consultati e che hanno cambiato la società. Ce ne sono anche altri, forse troppo politici e assai poco intellettuali e tuttavia la loro influenza in una società civile non è affatto secondaria: Robespierre, Kellermann, Murat, Napoleone Bonaparte, Tolstoj, Dostoevskij, ?echov, Proust.
Questa è, almeno in parte, la società che ha influito fortemente sull’andamento della religione e non sempre in modo benefico ma talvolta e anzi spesso i quadri della religione hanno colluso col peggio della società. Soprattutto l’Ordine dei Gesuiti dal quale papa Francesco proviene. I Gesuiti hanno avuto alti e bassi. Papa Francesco che proviene dalla Compagnia fondata da Ignazio di Loyola queste cose le conosce benissimo e quindi è perfettamente in grado di descrivere il rapporto tra società civile e religione. Ma quale religione? Questo è l’ennesimo problema che grava sulle spalle di Francesco. Il Dio è unico, ma le personalità sacerdotali sono anch’esse molteplici: i preti, i monaci, i diaconi, le donne che operano la carità dai monasteri. Anche questi problemi incombono su papa Francesco.
Voglio nominare l’ultimo che mi viene alla mente: il movimento popolare che sposta soprattutto i poveri da un continente all’altro, da una Nazione all’altra e da una città all’altra. Sono di razze varie e si mescolano tra loro dando luogo al formarsi di milioni e milioni di ’meticci’. Francesco conosce tutti questi problemi. Gli auguro di essere non soltanto un rivoluzionario ma anche e soprattutto un profeta.