Corriere della Sera, 4 novembre 2019
Microsoft e la settimana lavorativa di 4 giorni
Bastano quattro giorni di lavoro, tre di riposo e la produttività sale del 40 per cento. La scorsa estate Microsoft Giappone ha testato la settimana lavorativa breve con risultati eccezionali sia sul fronte lavorativo che nella soddisfazione del personale. Nel mese di agosto, tutti i dipendenti della sede di Tokyo hanno ricevuto il venerdì come giorno di ferie pagato. In più l’azienda partecipava a eventuali spese per i viaggi e organizzava workshop per il tempo libero, o meglio, liberato. Per molti di noi lavorare quattro giorni è un sogno, spesso poi siamo costretti ad allungare la settimana lavorativa anche al sabato e alla domenica, eppure, come dimostrato da Microsoft, meno si lavora e più si produce. O meglio: l’equazione è possibile.
Gli altri risparmi
L’azienda ha anche fornito i numeri di questa sperimentazione: come dicevamo la produttività dei lavoratori è aumentata del 40 per cento ma la loro soddisfazione è salita del 92 per cento. Praticamente tutti hanno detto che lavorare un giorno in meno li rendeva più felici e quindi, implicitamente, più produttivi dal lunedì al giovedì. In più l’azienda ha ridotto il consumo di energia elettrica del 23 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018, le pagine stampate del 58 per cento e i giorni lavorativi del 25,4 per cento.
Oltre 80 ore di straordinario
Questi risultati però vanno visti in prospettiva. Il Giappone è uno dei Paesi in cui si lavora di più al mondo. Un lavoratore su quattro riesce ad accumulare anche 80 ore di straordinari al mese, il 12 per cento delle aziende dichiara che i loro dipendenti hanno raggiunto le cento ore. Allungare l’orario però non significa necessariamente lavorare di più: come dimostrato dall’ultimo Compendium of Productivity Indicators dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd), i nipponici sono sul più basso gradino della produttività tra le aziende del G-7. Come dimostrato da Microsoft, insomma, «less is more». Meno, a volte, è più.