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 2019  novembre 04 Lunedì calendario

La strana carriera di Matthew McConaughey

Dieci anni fa non uscirono molti articoli per celebrare i quarant’anni di Matthew McConaughey: era un attore molto bello, dal nome difficile da pronunciare e dalla carriera piuttosto anonima, fatta di tante commedie romantiche e nessun ruolo drammatico davvero riuscito. Cinque anni fa, mentre McConaughey festeggiava i suoi 45 anni, era cambiato tutto: grazie a film come The Lincoln Lawyer, Killer Joe, Magic Mike, The Paperboy e Mud era diventato un attore più credibile, poi era stato protagonista di True Detective, aveva avuto un gran bel ruolo in The Wolf of Wall Street e, soprattutto, aveva vinto il premio Oscar grazie a Dallas Byers Club. Il 4 novembre 2014, mentre McConaughey festeggiava i suoi 45 anni e si parlava della sua rinascita, stava per uscire Interstellar, l’ambizioso film di fantascienza di cui era protagonista, diretto da Christopher Nolan.

Oggi, cinque anni dopo, McConaughey compie cinquant’anni e non è facile dire dove stia andando la sua carriera. Dopo Interstellar i suoi film sono stati La foresta dei sogni, Free State of Jones, Gold – La grande truffa, La torre nera, Cocaine – La vera storia di White Boy Rick, Serenity – L’isola dell’inganno e The Beach Bum. Se ne avete visti almeno uno, probabilmente siete già ben sopra la media. E difficilmente troverete qualcuno che vi dirà che uno di questi dovete proprio vederlo.

McConaughey è nato a Uvalde, in Texas, e come si capisce dopo due sillabe sentendolo parlare in inglese, ha in effetti un accento molto texano. A proposito di suoni: il suo cognome si pronuncia “məˈkɒnəheɪ”, cioè qualcosa di simile a “m-con-a-i”. È figlio di un’insegnante e del gestore di un distributore di benzina che poi fondò una piccola azienda legata all’estrazione del petrolio. Il padre era anche stato un giocatore di football andato molto vicino a debuttare nel massimo campionato, la NFL, e una delle cose meno texane di McConaughey è il fatto che tifi per i Washington Redskins. Già al liceo McConaughey, ultimo di tre fratelli, si fece notare per la bellezza e per i successi da atleta e da studente. Si diplomò, andò un anno in Australia a fare lavori di ogni tipo e poi tornò in Texas per studiare Giurisprudenza all’università di Austin. Le sue biografie raccontano che andasse bene anche come studente, ma che dopo aver letto Il più grande venditore del mondo di Og Mandino mollò tutto e decise di studiare per fare l’attore.

Sfruttando soprattutto la sua bellezza, McConaughey riuscì a entrare in qualche pubblicità e video musicale. Nel 1993 arrivò il suo debutto cinematografico, ma in quel caso nonostante la sua bellezza. Un po’ per caso era riuscito infatti a fare un provino per interpretare in La vita è un sogno di Richard Linklater un uomo che ha superato i vent’anni ma esce ancora con i liceali e pensa solo alle canne e al sesso. Linklater temeva che la sua bellezza lo avrebbe reso poco credibile nel ruolo, e allora pensò di fargli avere capelli lunghi e improbabili baffi. Nei piani iniziali in La vita è un sogno (Dazed and Confused) David Wooderson – il personaggio di McConaughey – avrebbe dovuto dire solo qualche parola, ma Linklater si accorse che funzionava e che McConaughey riusciva spesso a improvvisare, e decise quindi di far crescere il personaggio. Il personaggio di Wooderson è famoso per due cose: il motto «Just Keep Livin’» e le parole «Alright alright alright». Entrambe le cose sono rimaste piuttosto attaccate a McConaughey: il motto è diventato il nome della sua associazione benefica e le parole sono diventate una sorta di tormentone, che lui ha continuato a ripetere per anni, persino durante la consegna del suo Oscar.

Dopo La vita è un sogno arrivarono ruoli per niente memorabili in Angels, Non aprite quella porta IV, A proposito di donne, Ultimo appello e ruoli un pochino più interessanti nel western Stella solitaria e nel thriller Il momento di uccidere. McConaughey era stato preso in considerazione per interpretare Jack in Titanic e aveva avuto qualche parte da protagonista, ma nessuno parlava di lui come di uno dei migliori attori della sua generazione. Gli anni Novanta finirono con film come Contact di Robert Zemeckis, Amistad di Steven Spielberg ed EdTV di Ron Howard: ottimi registi e film interessanti, ma nessun ruolo particolarmente memorabile.

Nei primi anni del Duemila, superati i trent’anni, McConaughey sembrò accontentarsi di diventare un attore da commedie romantiche e film d’azione, senza troppe ambizioni. Recitò in film come Prima o poi mi sposo, Tredici variazioni sul tema, Il regno del fuoco, Come farsi lasciare in 10 giorni, Sahara, A casa con i suoi, Surfer, Dude e La rivolta delle ex. A quarant’anni McConaughey non era considerato un attore migliore di quello che era a trent’anni: anzi, era forse finito un po’ intrappolato nel ruolo del belloccio che si toglie la maglietta per far vedere i muscoli.

McConaughey ha raccontato che se ne rese conto, si prese un paio di anni di pausa e tornò solo per film in cui gli fosse richiesto di recitare parti diverse e più difficili. In un paio di anni interpretò un avvocato nel thriller The Lincoln Lawyer, un poliziotto/sicario in Killer Joe, il proprietario di un strip club in Magic Mike di Steven Soderbergh, un malinconico giornalista gay in The Paperboy e un enigmatico fuggiasco in Mud di Jeff Nichols. Nessun capolavoro ma una serie di film apprezzati, che in un paio di anni fecero cambiare a molti l’idea che si erano fatti di McConaughey.

La vera svolta arrivò però grazie a Jean-Marc Vallée, che lo scelse per interpretare il complicato ruolo da protagonista di Dallas Buyers Club, in cui interpretò un uomo omofobo che si ammala di AIDS che per curarsi traffica illegalmente farmaci non ancora approvati. Per il ruolo McConaughey perse tra i 15 e i 20 chili, ma come spiegò David Denby, critico cinematografico del New Yorker, fu più che altro una trasformazione «spirituale», grazie alla quale recitò con uno «sguardo al tempo stesso disperato e stimolante».

McConaughey vinse l’Oscar e fece un lungo discorso di ringraziamento in cui parlò di Dio e spiegò, più o meno, che il suo eroe era lui stesso nel futuro.

Poco dopo l’Oscar uscì la prima stagione di True Detective, in cui McConaughey ebbe un ruolo cupo e molto apprezzato, formando un’ottima coppia con l’amico Woody Harrelson, anche lui texano. Poi arrivò un breve ma notevole ruolo in The Wolf of Wall Street.

Non furono comunque gli unici suoni strani della sua carriera:

E poi arrivò Interstellar, che sembrava poter essere il definitivo salto che serviva a McConaughey di diventare un attore di primissimo livello, di quelli a cui pensi quando pensi anche a Brad Pitt o Leonardo DiCaprio.

Invece la sua carriera prese il giro sbagliato: da Interstellar in poi McConaughey non  ha più azzeccato un film. La foresta dei sogni, di Gus Van Sant, ottenne pessime recensioni; Free State of Jones, che raccontava una storia interessante e sembrava promettere bene, ebbe pessimi incassi e fu dimenticato presto; Gold – La grande truffa fece parlare per quanto si era imbruttito e ingrassato McConaughey ma poi non lasciò grandi tracce nei cinema; La torre nera fu un mezzo disastro, di critica e di incassi. Guardando avanti, ci sono discrete aspettative per The Gentlemen, il nuovo film di Guy Ritchie, in cui McConaughey interpreta un americano che ha fatto soldi a Londra coltivando e vendendo cannabis, e che finisce in mezzo a una serie di complicate circostanze che fanno pensare che Ritchie sia tornato a fare un film “alla Snatch“.

Cinema a parte, McConaughey gestisce la Just Keep Livin’ Foundation. È stato testimonial di Dolce & Gabbana insieme a Scarlett Johannson, si è occupato di una serie di pubblicità per il bourbon Wild Turkey, ha investito nella squadra di calcio F.C. Austin, e ha recitato in una serie di famose pubblicità della Lincoln (poi prese in giro e parodiate in diversi modi).

Ha anche dato voce a un discorso motivazionale che qualche anno fa prese un buon giro su internet.