il Fatto Quotidiano, 4 novembre 2019
Biografia di Francesco Bocola raccontata da lui stesso
“Nella vita non ho mai lavorato veramente, ho sempre giocato, senza darmi alcun limite”. Nel suo 81esimo autunno Francesco Bocola – singolare figura di artista, architetto, designer e molto altro – continua a creare con la freschezza di un ragazzo. Davanti al mare di Tenerife, tra un progetto di “casa perfetta” e una sfilata di abiti tratti da suoi dipinti, lima le bozze della sua autobiografia.
Cosa la spinge a pubblicare un volume di memorie?
Ho pensato che fosse il momento di raccontare la mia vita. Il libro avrà come titolo Marking the impossible. Spero che suggerisca ai giovani di pensare sempre in grande senza chiudersi in una specializzazione. Bisogna avere il coraggio di rompere gli schemi.
A quale attività è più legato?
L’esperienza più complessa è stata nel campo della nautica, dove ho messo la mia passione di velista. Dopo lunghi studi, ho introdotto un nuovo modo di concepire gli spazi interni e progettato barche oltre gli schemi tradizionali dell’idrodinamica, per navigare in assetto variabile oltre la velocità di carena.
Com’è stata la sua formazione culturale?
La mia fortuna nasce dal non essere stato indottrinato dalle scuole. Ho studiato a Brera, ma la cultura me la sono costruita da solo, approfondendo quello che più mi interessava tra tante discipline diverse. Ho imparato a fare sintesi, per questo sono riuscito a risolvere problemi complessi.
Come ricorda gli anni dei suoi esordi?
Ho vissuto in pieno il meraviglioso periodo degli anni Cinquanta e Sessanta, a Milano. Dopo una rapida affermazione nel campo dell’arte come pittore e scultore, passai al design e all’arredamento, in seguito all’architettura. A 27 anni avevo due studi a Parigi e uno a Milano. Frequentavo artisti come Burri, Scannavino, Rotella, Christo, Buren. Fu una stagione di enorme impegno e grandi soddisfazioni. Difficile che si ripeta un periodo così interessante.
Quali sono stati gli incontri decisivi della sua vita?
Senza dubbio il critico Pierre Restany, determinante nell’evoluzione dall’Informale alle strutture ambiente. Poi il fisico Adalberto Piazzoli: i suoi aggiornamenti sulle ricerche con Carlo Rubbia mi hanno permesso di rimanere collegato al mondo scientifico, con i suoi dubbi e le sue certezze. Ricordo inoltre Michele Scapino, poliedrica figura dedita a quel che chiamiamo esoterismo, che mi ha suggerito il trattamento sensoriale, per realizzare la casa che si adatta alla persona.
Come avvenne l’incontro con Lucio Fontana?
Fu all’epoca della mia prima mostra personale di pittura. Guardando alcuni miei quadri mi propose uno scambio con due sue opere. Mi scrisse anche una presentazione, che tengo ancora incorniciata. Questa sua proposta mi lusingò moltissimo ma la timidezza mi impedì di attuare lo scambio. Me ne pento ancora oggi.
E la collaborazione con Pierre Cardin?
Acquistò senza conoscermi una mia scultura luce, posizionandola all’ingresso del suo negozio di via Montenapoleone a Milano. Ci incontrammo. Il giorno dopo acquistò tutta la mia esposizione per trasferirla a Parigi. Da lì iniziò il nostro proficuo rapporto di lavoro. Progettai per lui oggetti, case, arredi, uffici. Mi coinvolse nella ristrutturazione dell’Espace Cardin a Parigi, chiedendomi di realizzare il suo ufficio avveniristico. Realizzai nell’Espace un teatro, un cinematografo per proiezioni d’avanguardia, un ristorante, un bar, una galleria d’arte, una linea di mobili e tanto altro.
Quante ore dorme per notte?
Appresi in quegli anni a programmare il sonno: posso dormire venti minuti, svegliarmi, eseguire un controllo e riprendere il sonno in pochi secondi. Questo mi è servito molto nel navigare gli oceani.
Racconti.
Ho girovagato per gli oceani con una barca a vela di undici metri per due anni. Un’esperienza di vita completamente immersa nella natura che mi ha dato una nuova consapevolezza. All’epoca non avevamo il Gps, ma il punto nave si faceva con il sestante e l’orologio. In quell’occasione mi sono reso conto dell’importanza della matematica. L’unica materia in cui davvero credo, è la più vera e attendibile realtà.
Lei è anche pilota di aerei.
In un momento buio della mia vita sul piano affettivo, all’età di settant’anni, per distrarmi ho deciso di conseguire il brevetto di volo. Volare è fantastico, dà una sensazione di libertà assoluta, di completo dominio dello spazio che ci circonda.
Da tempo ha scelto di vivere alle Canarie.
Ho scoperto l’isola di Tenerife navigando, era la tappa fissa per i rifornimenti prima della traversata dell’Atlantico. Qui si placa la mia sete di mare.
A che cosa si sta dedicando in questo periodo?
Mi interessa realizzare gli habitat che ho progettato, utilizzando nuove metodologie di costruzione e dando maggiore funzionalità in meno superficie, con criteri antisismici e nel rispetto dei principi dell’acustica e dell’illuminotecnica, miei antichi pallini. Naturalmente proseguendo le mie ricerche in campo artistico e sempre in attesa di una nuova idea che mi travolga.
Continua a divertirsi?
Mi sento un Homo Ludens. Nella mia vita non ho mai veramente lavorato, ma ho continuato a giocare, passando da un esperimento a un altro. Quando è bruciato il cantiere che avevo a Riva Trigoso, in Liguria, ho smesso di colpo con la nautica e sono passato ad un altro gioco.