Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  novembre 04 Lunedì calendario

Il ritratto di Mozart all’asta

C’è forse solo una cosa di cui le classi dirigenti italiche siano più ignoranti che in storia dell’arte: la musica, la sua storia e il suo presente. Siamo davvero un paese di “analfabeti sonori”, per riprendere il titolo di un recente, felicissimo pamphlet di Carlo Boccadoro. Anche per questo sarebbe un bel segnale, se lo Stato italiano (o almeno qualche fondazione di quelle ancora ben fornite di quattrini) acquistasse e riportasse in Italia il più importante ritratto di Wolfgang Amadeus Mozart oggi sul mercato, una tela che andrà all’asta da Christie’s a Parigi il prossimo 27 novembre.
Quando Giambettino Cignaroli (o suo nipote Saverio dalla Rosa) lo ritrae, siamo nel 1770 e Amedeo, come si faceva volentieri chiamare in Italia, non ha ancora quattordici anni, ma è già un riconosciutissimo prodigio, come dimostra l’anello con brillanti che sfoggia al mignolo destro, dono del principe Joseph von Fürstenberg. Mozart ci guarda, di tre quarti, mentre siede davanti a un clavicembalo che porta sulla cassa il nome del costruttore, e la data (“Joannis Celestini Veneti MDLXXXIII”). Sul leggio, un manoscritto (che anche nella trasposizione pittorica assomiglia molto alla grafia musicale del maestro) testimonia un Molto allegro in sol maggiore, che non conosciamo altrimenti e che solo grazie a questo quadro è stato inserito nel catalogo delle opere mozartiane (K 72a). Si è anzi supposto che proprio il dipinto sia all’origine della perdita della composizione: perché Wolfgang e suo padre Leopold dovettero lasciare lo spartito al pittore, che aveva bisogno di ‘ritrarlo’ con tutta calma.
Il motivo principale per portare (ri–portare) questo quadro in Italia è che tutto questo avvenne a Verona, tra il 6 e l’8 gennaio 1770. “Stamani, dopo la Messa – scrive Leopold Mozart domenica 7 gennaio, dalla città scaligera – dovevamo recarci dal signor Lugiati (il ricco committente del quadro: un alto funzionario melomane, ndr) per un’altra seduta di posa con il pittore, prima di pranzo. Sennonché il vescovo di Verona Giustiniani ci invitò dopo la messa non solo a casa sua ma anche a pranzo. Ma quando apprese che eravamo in procinto di far fare il ritratto a Wolf., ci lasciò andare ma trattenendoci da lui fin dopo l’1 di pomeriggio. Si procedette quindi a dipingere il ritratto, e andammo a tavola soltanto alle 3”. Mozart aveva appena tenuto il suo primo concerto pubblico in Italia (il 5 gennaio, nella Sala della conversazione, oggi Sala Maffeiana, dell’Accademia Filarmonica). Come molti altri italiani, Pietro Lugiati non si dava pace all’idea di non ascoltare più la divina musica del piccolo Amadeus, che non riuscendo a trovare un impiego nella Penisola tornò in Austria. Il ritratto era un modo per fissare nella memoria quella esperienza unica: “… Di sì raro e portentoso giovane avendone concepita stima, lo feci ritrarre al naturale – scrisse Lugiati alla mamma di Amadeus –. La dolce sua effigie mi è di conforto ed altresì di incitamento a riprendere qualche volta la musica, per quanto le pubbliche e private occupazioni me lo permettano”.
Rimasto agli eredi di Lugiati fino al 1857, il quadro è poi passato di mano fino ad appartenere al grande pianista svizzero Alfred Cortot, tra i cui beni va oggi all’incanto. Riportarlo oggi in Italia significherebbe onorare degnamente il 250 anniversario di un viaggio straordinario, che sarà ricordato con una mostra organizzata dalla Soprintendenza Capitolina di Roma e curata da Sandro Cappelletto e Nino Criscenti. Quel viaggio fu in realtà articolato in tre diversi momenti: quasi sedici mesi il primo, tra dicembre 1769 e marzo 1771; quattro mesi il secondo, da agosto a dicembre 1771; quasi cinque mesi il terzo, da ottobre a 1772 a marzo 1773. Nel primo itinerario i Mozart furono a Rovereto, Verona, Cremona, Mantova, Milano, Lodi, Parma, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Umbria e Marche fino a Loreto, la costa romagnola, di nuovo Bologna e Milano, Brescia, Torino, Padova, Venezia. Un’immersione profonda da cui Wolfgang uscì con il successo strepitoso di trentasette concerti documentati (spesso in luoghi straordinari: come nel Teatro Scientifico dei Bibiena a Mantova; a Firenze nella villa medicea di Poggio Imperiale; a Padova nella Basilica di Santa Giustina; a Roma nei palazzi Altemps, Barberini, Chigi…) e con un gran numero di composizioni: tre opere, nove sinfonie, sette quartetti, sei arie, mottetti, oratori, danze e divertimenti. Entrato in Italia da fanciullo prodigio, ne era uscito da consacrato compositore. Tra l’Italia e il giovanissimo Amedeo nacque e si rafforzò un legame profondo: “Non sono mai stato così onorato e stimato, come in Italia”, ricorderà da adulto. E da Parigi, nel 1778, implorerà il padre–impresario Leopold: “… la prego, mi aiuti a rivedere presto l’Italia. Così potrò rinascere. Mi dia questa gioia”.
Ma altri erano i progetti di Leopold, e il piano inclinato della vita di questo ineguagliabile gigante della musica non gli consentì di esaudire quel desiderio, che lo accomunava a tanta parte degli intellettuali europei, i quali vedevano nell’Italia una loro seconda (e spesso prima) patria: contribuendo, così, a meticciare e a ibridare nel modo più felice la nostra ‘identità’. Oggi, finalmente, Mozart potrebbe tornare a posare sull’Italia i suoi occhi di ragazzino felice: i suoi occhi dipinti in quel quadro così raro e importante. Tenere Mozart tra noi: non potrebbe esserci proposito migliore, per accostarci a questo anniversario. E soprattutto per rimanere un po’ più umani, per vivere un po’ più felici.