il Fatto Quotidiano, 4 novembre 2019
Renzi, il politico più amato dai tiranni arabi
Se fosse un semplice portatore di pace, Matteo Renzi sarebbe un candidato ideale al Nobel. Il conferenziere e senatore di Firenze, sin dalle frequenti visite di Stato al tempo di palazzo Chigi, è sempre accolto con reverenza da ciascuno dei paesi del Golfo e cura rapporti speciali con le famiglie sovrane di Arabia Saudita e Qatar che si detestato. Allora non stupisce, anche se ha scatenato un mucchio di critiche, la partecipazione del fondatore di Italia Viva alla rassegna “Future Investment Initiative”, la cosiddetta “Davos del deserto”, che serve a consacrare la potenza saudita con oratori occidentali, pensose riflessioni e pure aziende di armamenti.
Renzi è intervenuto, assieme ai colleghi ex premier – il britannico David Cameron, il francese Francois Fillon, l’austrialiano Kevin Rudd – a un incontro sulla diplomazia economica e il gruppo G20 delle nazioni più industrializzate del mondo che l’anno prossimo si riunirà proprio nella capitale Ryad. Come a testimoniare che l’indignazione di europei e americani si è presto esaurita dinanzi al fascino danaroso dei sauditi e s’è smesso di frignare per l’assassinio di Jamal Khashoggi, che fu giornalista e scrittore e, soprattutto, oppositore dei regnanti e dei metodi spietati del principe Mohammed bin Salman, l’erede al trono. Perciò stona, e ha sorretto la polemica, la carezza di Renzi: “L’Arabia Saudita è una superpotenza, non solo nell’economia, ma anche nella cultura, nel turismo, nell’innovazione e nella sostenibilità”. Quello che di certo non si sostiene, lì a Ryad, è la democrazia. I sauduti, però, non l’hanno patito mai. Neanche con gli italiani.
La società tedesca Rwm, che ha una fabbrica a Domusnovas in Sardegna, durante i governi di centrosinistra, nel 2016 ha chiuso una commessa con Ryad di 410 milioni di euro per 20.000 bombe usate per la guerra civile in Yemen che vede la regia di sunniti sauditi e sciiti iraniani. Il 31 luglio la stessa Rwm, su impulso dell’esecutivo gialloverde e dei partiti, ha ordinato la sospensione delle esportazioni per un anno e mezzo verso Emirati Arabi e Arabia Saudita. Nel momento di massima tensione tra Ryad e Doha e appena sconfitto alle elezioni, nell’aprile 2018, Renzi è stato ricevuto con gli onori che spettano a un capo di Stato dall’emiro qatarino Tamim bin Hamad Al-Thani per un evento a dir poco interno: l’inaugurazione della biblioteca nazionale. Il fondo del Qatar ha numerosi interessi in Italia, gli Al-Thani hanno apprezzato l’ospitalità dei governi di Roma. Renzi è un seguace del modello Meridiana, trasformata in Air Italy con l’ingresso nel capitale al 49 per cento – datato settembre 2017, a Chigi c’era Paolo Gentiloni – di Qatar Airways e rinvigorita da un accordo sempre con Doha e l’assegnazione di nuove rotte internazionali.
Con Meridiana c’era il Cagliari-Milano, con Air Italy il Golfo Persico è di casa. Renzi ha accompagnato con entusiasmo – e i successori al governo di ogni colore l’hanno emulato – il progetto del Mater Olbia, l’ospedale che il Qatar ha costruito in Sardegna con la collaborazione scientifica del Vaticano attraverso il policlinico Gemelli. Con la scorsa legge di Bilancio, il governo Conte 1 ha autorizzato un incremento di spesa pubblica regionale per la sanità privata che, di fatto, ha permesso l’apertura del Mater Olbia.
Gli emiri conoscono la zona per mere ragioni di affari, perché hanno comprato un pezzo di Costa Smeralda e ambiscono ai soliti aumenti di cubature per costruire alberghi sul mare. Un buon contesto, la Sardegna, per sancire una tregua tra Ryad e Doha. Renzi potrebbe officiare. E poi pretendere davvero il Nobel.