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 2019  novembre 04 Lunedì calendario

Fecondazione, il donatore arriva con la chat

Elisa ha tre anni. Fra qualche mese nascerà il fratellino e la mamma la sta preparando. Le racconta come sarà bello giocare insieme e fare tutte quelle cose che si fanno quando in una famiglia c’è un altro figlio in arrivo. Elisa ha altri tre fratelli e sorelle consanguinei: stesso padre ma madre diversa. Conoscerà anche loro ma la mamma non gliene ha ancora parlato. «Lo farò quando inizierà ad andare a scuola, qualcuno di loro potrebbe essere in classe con lei o nello stesso istituto».
Lontani da ogni legalità
Elisa è figlia di un donatore di sperma, uno che si era presentato così: «Sono alto, capelli castani, occhi azzurri e un fisico agile e allenato. Ho tre bei figli, siamo tutti sani. Vorrei offrire ad altri le gioie e la felicità che ho avuto io. Non chiedo altro». Firmato: Marcus. E’ vero, Marcus non ha chiesto nulla alla mamma di Elisa. Sarebbe scomparso del tutto dalla sua vita se la donna non avesse chiesto un figlio anche per sua moglie, la seconda mamma di Elisa.
Marcus ha accettato: è un donatore di sperma privato, l’ultimo approdo per chi non può accedere alle tecniche di fecondazione ufficiale in Italia, un terreno minato lontano da ogni legalità. Nessuna banca del seme, nessun viaggio all’estero, nessuna siringa con ormoni. Tutto avviene in modo autonomo. E le conseguenze sono una curva rispetto alla linea retta che alcuni immaginano nei rapporti sociali. Non del tutto prevedibili, forse nemmeno immaginabili. 
Nessuno sa quanti siano i donatori di sperma non ufficiali. Si sa, però, che sono sempre più richiesti. Sono 5 milioni gli uomini in Italia non fertili e il numero dei gameti è in caduta irreversibile. Aumentano i single, sono 1,8 milioni in più rispetto a dieci anni fa: una crescita del 25%. In Italia solo le coppie eterosessuali possono accedere alla donazione dello sperma seguendo i percorsi ufficiali, e solo le coppie eterosessuali con alcune migliaia di euro possono investire in una tecnica che potrebbe non riuscire al primo tentativo e quindi richiedere un investimento considerevole in tempi e denaro. 
Che siano single o in coppia con una donna o con un uomo non fertile, quando le donne desiderano un figlio e non hanno né i soldi per le cliniche all’estero né l’età per aspettare a lungo, la scelta più semplice è rifugiarsi nel mondo sommerso dei donatori privati. Per entrare hanno due possibilità: il passaparola oppure i siti Internet. Nel primo caso buona parte delle difficoltà sono superate: un’amica ha già avuto un figlio dal donatore, garantisce su questioni di enorme importanza come l’assenza di malattie o il suo legame (o il non- legame) con i figli. Nel secondo caso bisogna mettersi comodi, accendere il pc, registrarsi sui siti online, pagare minimo 29 euro per un mese di abbonamento e lanciare un messaggio più o meno nel buio.
E’ quello che provo a fare in una sera di fine settembre. Creare un profilo è questione di pochi minuti. Inserisco i dati e mi trovo di fronte a un catalogo di migliaia di donatori di sperma sparsi nel mondo intero. Un motore di ricerca permette di selezionare sulla base di decine di parametri: età, occhi, capelli, statura, religione, segno zodiacale, nazionalità, residenza e molto altro. Preferisco non scegliere. Lancio all’immensa platea un messaggio abbastanza generico.
AAA cercasi papà
«Cerco un donatore, sono single, vivo a Roma, 37 anni». In pochi giorni ricevo oltre 80 visite al mio profilo, oltre 80 persone disponibili a donare. Conto una trentina di persone collegate a ogni ora del giorno in chat: è lì che si avvia il contatto: ci si conosce, si scambiano le prime informazioni. Se si decide di andare avanti basta scrivere il numero di telefono e continuare su Whatsapp o, meglio ancora, su Telegram. Il giorno dopo aver mandato il mio appello arrivano una decina di messaggi. E’ l’inizio vero e proprio della scelta del futuro padre. Il primo messaggio è di un certo Ale346, fisico palestrato, dice di avere 35 anni e un reddito sicuro, di non essere sposato e di essere interessato solo a donare non a una cogenitorialità. Per una donna che cerchi un figlio mancano ancora due informazioni: i certificati che confermino l’assenza di malattie come l’Hiv, e le foto di chi potrebbe donare una parte dei geni a tuo figlio o tua figlia. Su questi due argomenti si sviluppa la conversazione successiva. Dalle parole e dai toni usati nelle risposte si riesce a capire qualcosa di più del carattere di chi è ancora soltanto un nome in chat. 
Ale346 è pragmatico, espone subito le sue cifre perfette, la sua strabordante fertilità. «Ho un tasso di spermatozoi di 109 milioni per millilitro, la maggior parte degli uomini ne ha tra i 20 e i 40. Posso fornire facilmente miliardi di spermatozoi in due giorni. Da quando l’ho scoperto, ho deciso di donare. Mi sentirei un egoista a non farlo sapendo che tante donne cercano proprio un seme per essere felici. E tu come sei messa con i tuoi ormoni? Hai controllato anche vitamine e aminoacidi?». 
Mrb105 scende più sul personale. Mi racconta la storia con la sua fidanzata terminata prima di avere il tempo di avere dei figli. Gli ha lasciato dentro un senso di incompiuto, prova a riempirlo così. Anche se non è la stessa cosa gli piace l’idea che ci sia un pezzo vivo di sé da qualche parte nel mondo quando lui non ci sarà più. E’ il vuoto davanti al quale in molti finiscono per guardarsi ma nel caso dei donatori crea alcuni effetti difficili da prevedere. Che cosa diventerà con il passare degli anni il desiderio insoddisfatto di figli? Questi uomini andranno a cercare queste loro parti? E le donne che non vorranno fare i conti con il passato hanno degli strumenti per impedirlo? Alcuni uomini accettano di firmare una sorta di liberatoria, un accordo in cui giurano di scomparire. In altri casi si stabilisce di vedersi a intervalli regolari o di voler fare delle scelte comuni. Molto bello ma anche ghiotta materia per avvocati in caso di liti, in caso di problemi. E di problemi possono sorgerne molti mentre i figli crescono. Per non parlare delle difficoltà di riconoscere i figli da parte della madre non biologica nel caso delle coppie lesbiche.
Molti messaggi di donatori arrivano da Roma ma in tanti si offrono anche da molto lontano. Jorge scrive dalla Spagna. La distanza non è un problema, assicura: «Un biglietto aereo costa 60 euro, non mi crea difficoltà. Preferisci usare la siringa o il metodo naturale?». E’ l’altro grande dilemma arrivati a questo punto della trattativa. Le percentuali di successo con un rapporto tradizionale sono il doppio di quelle assicurate dal kit per inseminazione. Non tutti però hanno voglia di avere un contatto fisico. Jorge è categorico: «Con me solo metodo artificiale. Nessun contatto». Non vuole soldi, nessuno ne chiede. E’ altro quello che stanno cercando tutti. Soltanto Mrb105 ha voglia di ammetterlo: «Ho mariti che mi implorano di dare un figlio alle mogli per salvare il loro matrimonio, donne sole che mi pregano di dare un senso alla loro vita e scomparire. Io stesso mi rendo conto di essere alla ricerca di un senso che ho perduto quando la mia ex è andata via. Siamo alle prese con un enorme dramma umano che nessuno vuole vedere».