Corriere della Sera, 4 novembre 2019
Reportage dalla miniera di Serra Pelada in Amazzonia
SERRA PELADA (Brasile) Al posto del cratere verso l’inferno c’è un lago, e l’esuberanza della foresta che si è ripresa quel che le apparteneva. Erano 40.000 folli sognatori, oggi pochi anziani con il volto cotto dal sole bivaccano all’ombra delle stesse baracche di legno, in un villaggio da spaghetti western. E aspettano ancora di diventare ricchi. Quarant’anni fa, novembre 1979, nacque il mito di Serra Pelada, la scoperta nell’ Amazzonia brasiliana che fece scatenare una leggendaria corsa all’oro. «Una pietruzza luccicante nello straccio di una bambina che era andata a prendere acqua nel ruscello», racconta Genesio Silva, figlio dell’allora proprietario della fazenda dove tutto accadde. «Un contadino andò in città e la voce si sparse. Nei primi tre giorni arrivarono in 800. Poi successe il finimondo. Piovve gente da tutto il Brasile, e non solo». Qualche tempo dopo passò da qui anche Sebastião Salgado e i dannati di Serra Pelada finirono per sempre nell’Olimpo della grande fotografia documentale. L’attività mineraria, legale ma soprattutto illegale, è tuttora una delle grandi piaghe dell’Amazzonia, causa di aggressioni fatali all’ambiente. Si conquistano terre vergini, quasi sempre con il fuoco, non solo per cercare legname e aprire pascoli, ma anche per le ricchezze del sottosuolo.
Josiel Torres ha 52 anni e venne dal Pernambuco ragazzino con il padre. È rimasto qui, vive in una casupola di legno a due passi dal lago. «Lo so che sembra bellissimo, ma c’è più mercurio che acqua, non ci metterei nemmeno un piede». Padre e figlio non trovarono nulla. Spuntarono solo pietre dal loro barranco: così si chiamava il fazzoletto di terra da scavare 3 metri per 2, o anche meno, che veniva assegnato o venduto ai nuovi arrivati. Torres oggi fa parte della direzione della cooperativa dei garimpeiros (minatori) di Serra Pelada, migliaia di soci che hanno tuttora i diritti di sfruttamento del sottosuolo. Dal 1984, quando la miniera venne chiusa per ordine del governo brasiliano e il cratere aveva raggiunto i 200 metri di profondità, aspettano di poter ricominciare a lavorare. Torres è convinto che là sotto quel lago (che in origine era una collina) ci sia ancora molto oro, «ma lavorare a mano come a quei tempi è impossibile, oltre che vietato». Servono macchine, tecnologie, insomma una partnership con una società. In paese tutti ripetono la stessa cosa. «Ci hanno fermati perché il grosso è ancora da estrarre, lo vogliono tutto per loro». Non si capisce, però, perché una società canadese che ha fatto uno studio dettagliato del sottosuolo abbia poi rinunciato a diventare partner della cooperativa. D’altronde, dove c’è oro due cose non mancano mai: le teorie cospirative e le leggende.
«Mio padre non ha guadagnato quasi nulla, ci dovrebbero 120 chili di oro di royalties che non abbiamo mai visto», racconta l’ex proprietario della terra. Ma quanti sono diventati davvero ricchi a Serra Pelada? Genesio dice che non arriva a contarne sulle dita di una mano. «Quasi tutti tornarono a casa, o sono rimasti a vivere qui senza un soldo. C’era un meccanismo per cui si vendevano le pepite per comprare altri barrancos o semplicemente si sperperavano i soldi in feste e soprattutto donne». Una parte delle ricchezze del garimpo finì infatti nelle tasche delle migliaia di ragazze che arrivarono da tutto il Brasile per prostituirsi. Una delle leggende racconta che la più accorta di tutte risparmiò tanto che aprì un negozio a Belem e oggi guida una catena di abbigliamento. Una storia (questa invece sicura) di arricchimento è quella di Zé Maria da Silva, all’epoca trentenne, che trovò in poche settimane 1.300 chili d’oro, presto investiti in case e fazendas. Oggi è un signore benestante della vicina Marabá, che lo celebra anche per aver aperto in città il Golden Motel, «un luogo dove i miei compagni potessero divertirsi con le donne in modo finalmente dignitoso, e non in quelle baracche fetenti a Serra Pelada», come spiegò in una intervista. Altre storie venne poi mitizzate in film e serie tv nate sull’epopea della corsa all’oro.
Dopo i primi mesi, quando fu il proprietario della fazenda a tentare di gestire il caos, il governo brasiliano mandò un militare per mettere ordine nel garimpo. Sebastião Curió fu efficiente, organizzò il lavoro cercando di evitare ingiustizie e si guadagnò la fiducia dei minatori, che lo chiamavano il Dottore. Oggi per arrivare all’ex miniera si passa per una città da lui fondata, della quale è stato sindaco e che si chiama, ovviamente, Curionópolis.
Era tutto un sogno Serra Pelada, ma ha lasciato un mondo nuovo. I vecchi raccontano sempre le stesse storie, i giovani sognano un posto di lavoro alla Vale (la multinazionale del ferro, che opera non lontano da qui). E il fine settimana aspettano il gruppo che sale fin quassù a suonare il forró, per ballare tutta la notte.