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 2019  novembre 03 Domenica calendario

Un corpo, tanti esseri e i 5 sensi (anzi, 33)

Si parte con una scorribanda nei paesaggi sconfinati della pelle umana, tra peli, capelli, pori e foruncoli, scoprendo che le presunte distinzioni razziali sono tutte racchiuse in un insignificante strato di epidermide. Poi si giunge al «chilo e mezzo di massa spugnosa che ci ritroviamo fra le orecchie», il cervello, un labirinto strutturale, «la creazione più straordinaria dell’universo». Da qui si passa al resto della testa, alla bocca e alla gola. Quindi si scende verso l’infaticabile cuore e si entra nel flusso sanguigno. Si seguono le complesse vie degli ormoni e ci si infila nel ginepraio dell’addome. Tocca poi alle opere di biomeccanica chiamate mani, piedi, polsi, articolazioni, tendini e muscoli, nonché alle ossa, al contempo leggere e resistenti. Dopo una visita al sistema immunitario, con un bel respiro si entra nei polmoni. Infine, si va e si viene dal sistema digerente immedesimandosi in un boccone di cibo, si corre come una scarica lungo i nervi e si fa un sopralluogo negli apparati riproduttivi.
L’esplorazione del corpo umano è uno schema narrativo assai frequentato, dal sottomarino miniaturizzato del film Viaggio allucinantedi Richard Fleischer (1966) al cartone animato francese C’era una volta la vita: la favolosa storia del corpo umano di Albert Barillé. A cimentarsi nell’impresa questa volta è uno che di viaggi se ne intende, Bill Bryson, lo scrittore statunitense naturalizzato inglese autore del bestseller Breve storia di (quasi) tutto (Guanda, 2014).

Nel libro Breve storia del corpo umano (Guanda) Bryson mescola alto e basso, battute di spirito e passaggi ispirati, materialismo e poesia. Il suo stile rispecchia il modello divulgativo anglosassone. Mette a proprio agio i lettori esibendo la propria incompetenza (sono uno di voi, voglio capire) e chiedendo a una schiera di esperti di aiutarlo nel farsi narratore delle ricerche scientifiche. Li va a trovare, li intervista, vede come lavorano. Così anche questa storia (non tanto breve) di quasi tutto ciò che sappiamo sul corpo umano diventa un’opera enciclopedica collettiva in forma popolare. Bryson si fa mediatore dei contenuti scientifici. Snocciola i numeri più strani: per esempio, il nostro corpo è fatto da 59 elementi chimici, molti dei quali si possono comprare dal ferramenta con 200 sterline (ma poi assemblarli per fare un organismo è un’altra storia). Aggiunge in dosi equilibrate umorismo, aneddoti e curiosità storiche su medici dimenticati, su sperimentatori talvolta avventati oppure geniali.
La ricetta funziona. Il lettore si fa accompagnare per mano senza mai sentirsi respinto e si diverte assaporando inusuali trattazioni scientifiche sul sudore umano, sulla saliva e altri liquidi, sul perché mai nessuno è morto di calvizie, sui misteri insondabili del cervello degli adolescenti, su quanto può restare cosciente una testa decapitata, sui nostri non cinque ma 33 sensi (si aggiungono per esempio il senso dell’equilibrio quello del passare del tempo, l’appetito), sulla fisica dello starnuto e del singhiozzo, sul perché non tutti i mammiferi hanno i testicoli esterni o sul perché ci sia voluto così tanto tempo per accettare la correlazione tra il fumo e il cancro.
Bryson evidenzia quanto sia importante l’ignoranza nella scienza: ci sfuggono ancora tantissime cose su come funzionano il nostro corpo, il Dna, la coscienza, il sonno, l’invecchiamento. Dunque, la ricerca continua. Bryson ci convince che il corpo non è solo una macchina meravigliosa, ma molto di più: è un insieme di ecosistemi ancora in parte da esplorare. Noi lo diamo per scontato e non ci pensiamo, finché non ci dà qualche noia. Sopporta vizi e negligenze. Non si lascia sopraffare dalle imperfezioni di cui è pieno: dai molari eccedenti al bacino troppo piccolo per partorire senza un dolore lancinante, dal rischio continuo di soffocamento ai mal di schiena e ai mille altri acciacchi causati dal bipedismo, fino all’incapacità di produrre la vitamina C.
Queste imperfezioni funzionano, nonostante tutto, perché il nostro corpo è il prodotto di milioni di anni di evoluzione, un po’ abborracciata e casuale, ma tenace: «Il nostro viaggio nella storia è cominciato sotto forma di masse unicellulari che galleggiavano in acque miti e poco profonde. Da allora è stato tutto un caso, un percorso lungo e interessante ma anche piuttosto straordinario». Ecco perché il corpo umano, come ogni prodotto dell’evoluzione, è intriso di dettagli inutili. Le impronte digitali e il mento non servono a niente, ma contribuiscono alla nostra identità. Secondo Bryson, tutto sommato anche avere una mente sofisticata non è indispensabile per il corpo, e osservando il comportamento di alcuni nostri simili si è portati a dargli ragione.
Il libro si chiude con un inno ai progressi della medicina, purché siano equamente distribuiti. I due capitoli migliori sono quello sul cancro, cioè la ribellione del corpo contro sé stesso, e quello sul microbiota, ovvero lo zoo di batteri, virus, funghi e altri microrganismi che popolano la nostra bocca, il naso, la pelle, i polmoni, tutto il tratto gastrointestinale e gli organi genitali. E così si scopre che il nostro corpo non è uno, ma molteplice: è un consorzio di cellule umane propriamente nostre e di migliaia di specie microbiche (del peso complessivo di circa un chilo e mezzo) che vivono in simbiosi con noi, garantendoci servizi essenziali. Per loro, il corpo umano è davvero un insieme di ecosistemi, un’isola traboccante di risorse. Nel più intimo di noi stessi, ci accorgiamo di essere una comunità.