la Repubblica, 3 novembre 2019
I nuovi lavori
AAA offresi: 3 milioni di posti di lavoro. L’economia tricolore è al palo da inizio 2018. Nei prossimi cinque anni, però, l’Italia Spa varerà lo stesso una valanga di assunzioni: almeno 3 milioni – calcola uno approfondito studio di Unioncamere – qualcosa come 1.643 al giorno. Unico problema: l’80% dei nuovi occupati (2,6 milioni) andranno semplicemente a sostituire l’ondata di baby- boomers che si avvia alla pensione. Mentre la crescita “sana” – quella legata alla creazione di nuove aziende o all’espansione di quelle esistenti – resta asfittica come il nostro Pil: da oggi al 2023 garantirà nella migliore delle ipotesi 534mila posti, 292 al giorno. Briciole, per dare un’idea, rispetto alle 1.111 persone assunte ogni 24 ore da Amazon tra luglio e settembre scorsi.
La radiografia del mercato del lavoro tricolore di Unioncamere, al di là di questo ritratto in chiaroscuro, disegna pure un accurato identikit dei profili professionali che tireranno di più nei prossimi anni: il vecchio “pezzo di carta” – alias il diploma o la laurea – pagherà ancora, visto che il 60% delle ricerche di personale pretenderà un certificato di questo tipo. Il turnover previdenziale – come dimostrano gli allarmi negli ospedali seguiti al varo di quota 100 – libererà oltre 600 mila posti nella sanità e nelle scuole.
I profili più richiesti – trasversalmente a tutti i settori – saranno invece quelli legati alla transizione digitale e alla green-economy, che genereranno nei prossimi cinque anni quasi 800mila offerte. Un timido squarcio di sereno in un’Italia che continua a muoversi a due velocità, sempre le stesse: l’80% delle nuove opportunità di lavoro sarà creato al Nord. E al centro, un po’ a sorpresa dopo il mini-boom degli ultimi anni, il saldo potrebbe essere addirittura negativo.
L’analisi di Unioncamere non misura tra le sue statistiche il numero dei robot (solo l’antipasto) che nei prossimi cinque anni andranno a sostituire in catena di montaggio o negli incarichi ripetitivi gli esseri umani. I mestieri meno qualificati e ritenuti da molti in via d’estinzione continuano però, numeri alla mano, a mostrare segni di resilienza: nei prossimi cinque anni ci sarà bisogno di 280 mila addetti ai lavori d’ufficio (73 mila contabili, 59 mila assistenti ai clienti, 137 mila per funzioni di segreteria), di 62 mila operai per la catena di montaggio, di 112 mila tra conducenti di tir e ruspisti. Quasi 30 mila persone verranno assunte dall’esercito.
Il lavoro “verde”, quello hi-tech e quello qualificato avranno però una marcia in più e sono quelli dove il tasso di rinnovamento degli organici e i numeri sarà più significativi. Entro il 2023 serviranno almeno 60 mila “specialisti nella salute di alta specializzazione” – leggi medici – e 70 mila tra ingegneri e architetti, professioni dove il turnover sarà particolarmente elevato e le opportunità di impiego molte. L’invecchiamento della popolazione e il drammatico tema dell’autosufficienza, fenomeno cui l’Italia si presenta assolutamente impreparata, fa degli “impieghi in servizi sanitari e sociali” il settore che avrà la maggior necessità di impiegati nuovi di zecca in termini percentuali. Mestieri per cui, con ogni probabilità, l’offerta sarà superiore alla domanda.
La rivoluzione in corso nell’agricoltura nazionale, con il rapido accorpamento di stalle e aziende di coltivatori e l’utilizzo esteso delle nuove tecnologie, aggiungerà 12 mila posti – anche in questo caso a elevata specializzazione – nel vecchio settore primario. Il bilancio dello studio Unioncamere è, come accade da tempo sul fronte del lavoro in Italia, il classico bicchiere riempito solo a metà. Il mezzo pieno sono i 3 milioni di posti disponibili nei prossimi cinque anni. Il mezzo vuoto sono i numeri bonsai dei nuovi lavori reali. Pochi, come è sempre successo negli ultimi anni. Risultato: il tasso di disoccupazione in Italia è sceso sì al 9,9% – meglio rispetto ai livelli pre-crisi – ma resta sempre il terzo peggiore del Vecchio continente, meglio solo di Grecia e Spagna, e il numero di ore lavorate davvero è ancora inferiore al 2008.