Tuttolibri, 2 novembre 2019
Tv, il palinsesto del nostro (s)contento
Il commissario Kostas Charitos, protagonista dei romanzi di Petros Markaris, ha una curiosa abitudine: quando è stanco, un caso lo inquieta o la moglie lo tormenta, si mette a letto con il vocabolario della lingua greca. Cerca lemmi e si rilassa. Addormentarsi non può, perché se il librone gli cade in faccia, son problemi. Lo stesso si potrebbe fare, ricavandone gran diletto, con la monumentale Storia critica della televisione italiana, scritta da Aldo Grasso, critico tv e docente alla Cattolica di Milano, con la collaborazione di Luca Barra e Cecilia Penati, pubblicata da Il Saggiatore: sono 1418 pagine suddivise in tre volumi contenuti da un cofanetto bianco, compatta casa di carta per questo prodotto uno e trino. Una consultazione adatta non soltanto a studenti e addetti ai lavori, ma anche e soprattutto a chi la televisione non può fare a meno di ignorarla: per amarla, denigrarla, detestarla, ambirla. Praticamente, ogni singolo spettatore.
I tre volumi scandiscono la storia del mezzo, dalle origini ai giorni nostri. Più un capitolo dedicato alla «preistoria della televisione» che si fa ufficialmente risalire al 1929, «quando a Milano, negli studi dell’Uri (Unione radiofonica italiana, la futura Eiar, Ente italiano audizioni radiofoniche), in corso Italia 13, due ingegneri, Alessandro Banfi e Sergio Bertolotti, tentano i primi esperimenti di trasmissione a distanza dell’immagine». Ecco già un esempio di minuziosa ricostruzione. «Preistoria» a parte, il primo volume va dal 1954 al 1979; il secondo dal 1980 al 1999; il terzo dal 2000 al 2018. In ogni volume, un anno segue l’altro e ogni anno è diviso in tre comparti: «Scenario», «Cartellone», «A video spento». Lo «Scenario» inquadra l’epoca dei fatti, e i piccoli-grandi cambiamenti che vanno a incunearsi nel corpaccione televisivo, le eterne mani della politica sulla Rai, la dc di Bernabei, la lottizzazione, l’arrivo di Berlusconi, il moltiplicarsi delle reti e degli schermi e delle video piattaforme, computer, talblet, telefoni. La terza parte, «A video spento», è dedicata alla riflessione, accademica ma anche giornalistica, sull’anno appena esaminato. Prendiamo il 1986, metà esatta tra 1954 e 2018: ecco Fruttero & Lucentini che commentano Il processo del lunedì, «programma votato all’esegesi delle partite di calcio domenicali (...). In una società appena appena evoluta, scherzare è sempre stata una cosa delicatissima, rischiosissima, come nessun’altra ambigua».
Al centro, la parte preponderante del «corpus» grassiano: il «Cartellone», un elenco commentato minuzioso, certosino, delle trasmissioni. La prima è Attenti al fiasco, andata in onda il 4 gennaio 1954 per una sola, ma significativa, puntata. C’erano già quattro persone in studio che dovevano rispondere agli indovinelli, vincendo quelli che tanto tempo dopo Nino Frassica avrebbe chiamato «premi in paglia». Chiude la parata Baby, la serie di Netflix con adolescenti inquieti e genitori egocentrici, perdizione e rispettabilità borghese. Tanti, tanti titoli, anche se naturalmente non sono proprio tutti: non ho trovato, a esempio, un Televisionando degli Anni ’90, regista Giulio Graglia, e altro mancherà. Era d’altronde impossibile avere in collezione ogni infimo lavoro dimenticato: soprattutto nella crescita infinita di canali e orari.
All’inizio non si aveva cura della memoria televisiva, nell’età di mezzo non si riusciva a star dietro al trasmesso. Adesso tutto è nella rete, che niente distrugge, ma dove non sempre è facile trovare: ecco, la «Storia critica» pone fondamentali argini alla fluidità. Ma siccome i tre volumoni sono scritti bene, attraverso la loro consultazione è pure possibile dilettarsi a ripercorrere la storia d’Italia di cui classicamente la televisione è specchio. Andando a cercare vecchie madeleine, curiosità perdute, ombre di sogni fuggenti. Oltre che compagni fedeli nelle ore della frustrazione, come il vocabolario per il commissario Charitos, questi trattati possono costituire un’ottima base per gare di famiglia, soprattutto tra elementi non più giovanissimi. Chi guida il gioco tiene il librone, e chiede ai partecipanti chi ricorda questo e quello. Il vincitore si aggiudica un premio «in paglia» per l’appunto, come nei migliori quiz.
Esempio. Che cos’era Il signore delle ventuno, anno 1962?: «Senza mai strafare, con stile sobrio ma svagato, Ernesto Calindri è il padrone di un ipotetico night club dove ogni settimana viene allestito un importante spettacolo di varietà». E chi ricorda Festa di compleanno, 1991? «In onda tutte le sere su Telemontecarlo, presentato da Loretta Goggi, festeggia in diretta i compleanni di personaggi famosi ma anche gli anniversari di istituzioni, giornali, associazioni». E il più recente Kings of Crime, 2017? «Sul Nove, Roberto Saviano racconta in ogni episodio le vite di tre capi della criminalità organizzata». Insomma c’è da divertirsi, riflettere, rimpiangere e sperare, esercitare la memoria, ricordare come eravamo e constatare come siamo.