Il Messaggero, 2 novembre 2019
Intervista a Renzi: «Avanti con o senza Conte»
Il veto di Italia Viva a nuove tasse nella manovra, indicando però nel dettaglio le alternative per far quadrare i conti («perché io le leggi di Bilancio le ho fatte e le so fare»). Un’ammissione: «Ritrovarmi alleato con M5S mi costa, mi costa molto». E una previsione: la legislatura arriverà a scadenza naturale, se anche con Conte presidente del Consiglio, ecco, «dipende da come funziona il governo». Sul lungo volo di rientro dagli Usa via Emirati Arabi, Matteo Renzi sfrutta il wifi di bordo per fare il punto sulle tensioni nella coalizione e sulle prossime scadenze. Senza – bisogna dirlo – giri di parole.
Non c’è giorno, presidente Renzi, senza che nella maggioranza non ci si scontri su qualcosa. Ormai anche il Pd dice che se questo è il clima, divisi su tutto dopo appena due mesi, meglio prendere atto e staccare la spinta. Lei cosa risponde?
«Per me è folle. Questo governo è nato in emergenza per rispondere allo strappo leghista. Con le elezioni anticipate avremmo avuto l’aumento dell’Iva, i pieni poteri a Salvini, un capo dello Stato No Euro e tensioni sui mercati. Con il blitz di agosto abbiamo eliminato in un colpo solo tutti questi rischi: rivendico l’operazione di igiene istituzionale che abbiamo fatto. Adesso abbiamo due obiettivi: eleggere un Presidente della Repubblica garante dell’Italia in Europa nel 2022 e utilizzare questo periodo di calma sui mercati per ridurre il costo degli interessi sul debito. Nel 2013 pagavamo 77 miliardi, il prossimo anno saremo a 59 miliardi: se diamo stabilità possiamo scendere sotto i 50 miliardi nel proseguo della legislatura. Se poi qualcuno vuole andare a votare prima, magari per replicare il brillante risultato dell’Umbria dove si è scelto di anticipare il voto facendo della regione un caso nazionale, non ha che da dirlo. Basta che poi ciascuno si prenda le sue responsabilità. Noi siamo per andare avanti, gli altri ci faranno sapere».
Lei ama ripete che la legislatura deve andare avanti ma non dice se con o senza Conte premier. Vuole chiarirlo qui?
«Dipende da come funziona il governo, non da me. Niente di personale, sia chiaro: a me sta a cuore l’Italia, non il futuro dell’avvocato Conte. Conte è stato il premier di una maggioranza che ha azzerato la crescita in Italia: per una serie di circostanze oggi si ritrova premier anche della maggioranza alternativa. Qualcuno degli alleati, che confonde i sondaggi con la politica, lo immagina addirittura candidato leader alle prossime elezioni. Tutto assolutamente legittimo. Io però ragiono diversamente. Per me l’unica preoccupazione è che l’Italia vada avanti, che le tasse non aumentino, che il Paese si rialzi: quindi spero che Conte lavori bene. Faccio il tifo per lui e gli do una mano, oggi, senza farmi film su domani. Che cosa abbia in testa Conte per il suo futuro mi è indifferente: basta che adesso pensi a lavorare per il bene dell’Italia. La legislatura durerà fino al 2023, sicuramente: siamo una democrazia parlamentare e in Parlamento c’erano, ci sono e ci saranno i numeri per un governo che non ci spinga fuori dall’Europa».
Italia Viva è in prima fila nelle critiche...
«Il contrario! Lei non sa quante volte tacciamo per senso di responsabilità. Su un punto però non transigiamo: non possiamo alzare le tasse agli italiani. Abbiamo vinto la battaglia per eliminare l’aumento dell’Iva e adesso vinceremo anche quella sulle macchine aziendali, sulla plastica e sullo zucchero. C’è chi rivendica la propria battaglia No Tav, chi quella No Tap. Noi di Italia Viva siamo quelli No Tax».
A proposito della manovra. Dal primo giorno lei dice no a nuove tasse e invece dalla plastica allo zucchero ce ne sono parecchie. Vuol dire che non le danno retta?
«Normale dialettica. Italia Viva ha fatto un lavorone con Teresa Bellanova e Gigi Marattin per evitare i 23 miliardi dell’aumento dell’Iva e l’aumento di tasse su cellulari, gasolio, casa. In questa manovra c’è qualche segnale incoraggiante su famiglia, sanità, stipendi. Ora c’è bisogno di eliminare i tre principali errori rimasti: le tasse su zucchero, plastica e soprattutto auto aziendali che sono una inspiegabile mazzata alla classe media. Nella mia esperienza politica ho sempre abbassato le tasse, dall’addizionale Irpef in comune all’Ipt in provincia, fino agli 80 o Industria 4.0 o l’Irap costo del lavoro o l’Imu prima casa. Non cambio linea adesso. Anzi: rivendico la battaglia culturale. Giusto combattere l’evasione fiscale ma va combattuta anche l’invasione fiscale: l’invasione fiscale di nuove tasse e aumenti sconsiderati. Le tasse in Italia sono troppe: facciamole scendere. O almeno non alziamole».
Quali alternative ci sono per far quadrare i conti?
«Servono meno di 2 miliardi di euro. Non stiamo parlando di cifre enormi: lo 0.1% del Pil. Ci sono tante soluzioni. Se il cuneo parte a settembre anziché a luglio, il problema è risolto. E per l’anno successivo basta diminuire di una cifra analoga il cashback. Ma si può intervenire anche sulle spese: col mio governo spendevamo undici miliardi in meno di quello che si spende ora per beni e servizi. Trovare qualche centinaio di milioni qui non è un dramma. I numeri per eliminare le tre tasse ci sono: nel Bilancio e in Parlamento. Non aumenteremo le tasse a due milioni di italiani che vengono fatti passare per ricchi solo perché hanno un’auto aziendale. Non esiste!».
Pensa che la manovra in Parlamento cambierà?
«Ma certo! È un diritto, persino un dovere del Parlamento cambiarla. A meno di non dare al governo i pieni poteri. Solo lo scorso anno il Parlamento fu esautorato dalla discussione della legge di Bilancio per la prima volta in 70 anni. Sono certo sia stata anche l’ultima. E mi auguro che le opposizioni diano il loro contributo: in una democrazia parlamentare si prende il buono da tutti».
Il Caso Umbria è una sonora sconfitta per l’alleanza rosso-gialla, che lei ha criticato dal primo momento. Magari se Italia Viva avesse dato una mano poteva finire un po’ meglio?
«Non credo sia stato geniale dare tanto valore alle regionali in Umbria. Erano elezioni locali. Mi sono sforzato invano di capire perché abbiano convinto il premier a fare la foto a Narni: lasciamo che chi ci governi, pensi a governarci, non a fare spot in Umbria. Stiamo insieme a livello nazionale per necessità. Ma a livello locale ognuno fa le proprie valutazioni. Italia Viva sta crescendo: migliaia di adesioni tra i cittadini, centinaia di eventi sul territorio, un clima bello e l’obiettivo di raggiungere il 10% che è agevolmente alla nostra portata. Ci troverete in prima linea sulle battaglie culturali, non nelle photo opportunity».
Le costa ritrovarsi, a Roma, alleato con M5S?
«Sì, mi costa molto, perché negarlo? Mi costa molto a livello personale ma se rompessimo agli italiani costerebbe molto di più, da tutti i punti di vista, a cominciare da quello economico. Dunque metto al primo posto l’interesse dei nostri concittadini: abbassiamo il costo del debito, raggiungiamo quota 50 intesa come 50 miliardi di interessi, eleggiamo un Presidente della Repubblica. Poi nel 2023 tutti saremo liberi. Se invece lei si riferisce a Roma come città: siamo fieri di essere all’opposizione di Virgina Raggi. Niente di personale, ma il suo modo di fare il sindaco è il contrario di ciò che io intendo per buona amministrazione».
Se il centrosinistra dovesse perdere in Emilia, sua regione simbolo, per Salvini e Meloni stavolta il governo dovrebbe considerarlo un voto di sfiducia vero e proprio e dimettersi. Secondo lei?
«Per me no. Si vota per l’Emilia Romagna, non per l’Italia. E mi piacerebbe parlare di una regione in cui la disoccupazione è sotto il 5%, dove Industria 4.0 ha ottenuto risultati brillanti, dove il turismo tira, dove il Pil cresce, dove gli asili sono tra i migliori a livello europeo. Salvini e Meloni hanno la solita cantilena su migranti e comunisti: noi abbiamo una Regione che funziona, con un presidente capace, vogliamo bloccare anche quella? Le regionali sono elezioni regionali, non sondaggi nazionali. Anziché replicare la foto di Narni se il governo vuole dare una mano a Bonaccini tolga le tasse sulla plastica visto che l’Italia è leader mondiale del packaging e le aziende migliori si trovano proprio sulla via Emilia. Lasciamole competere nel mondo senza costringerle a pagare ancora più tasse. Se competono nel mondo, assumono in Emilia. Non è difficile da capire. Se vogliono aiutare Bonaccini facciano un emendamento con noi in Senato sulla plastica e sulle auto aziendali, non facciano un’altra foto dei leader».
Altro tema difficile di questi giorni, il rinnovo del memorandum con la Libia. Ma è vero che Italia Viva non è stata consultata? E qual è la sua opinione sulle modifche preannunciate dal premier?
«Purtroppo è vero. Ma anche stavolta non abbiamo fatto polemica. So peraltro che il premier si è scusato con Rosato. Se si vuole fare davvero una politica di contenimento dell’immigrazione si deve andare in Africa con un progetto serio, europeo. Ci stanno lavorando vari soggetti privati, a cominciare da Eni e della cooperazione internazionale. Ma non basta. Occorre riprendere il grande progetto Africa che lanciammo a Malta nel novembre 2015 e che ancora stenta a partire: in Africa l’Europa dorme e la Cina investe. Quanto al memorandum: quando ero premier non ho voluto firmare un documento analogo perché non lo condividevo. Rispetto chi lo ha firmato e chi lo rinnova. Spero che le modifiche decise dal premier siano sostanziali perché le testimonianze che arrivano dai lager libici sono inequivocabili. Conte dice che tutto cambierà: abbiamo il dovere di credergli».
Infine, presidente, una domanda su quanto sta avvenendo al centro del centrodestra. Carfagna e altri esponenti azzurri dopo il voto sulla commissione Segre sembrano sempre più a disagio in Forza Italia. Lei ha detto più volte che sarebbe felice se decidessero di unirsi a Italia Viva. Qualcosa si sta muovendo?
«Su questo voto Forza Italia ha scritto una brutta pagina della sua storia. Ma rispetto il travaglio di chi soffre vedendo Berlusconi inseguire Salvini in una deriva incompatibile con il popolarismo europeo. Qualcuno verrà con noi? Forse, ma non tiro per la giacchetta nessuno: saranno loro a decidere. Italia Viva è una piccola start-up che si propone di cambiare la politica assorbendo consenso sia dal Pd che dai Cinque Stelle che dalla destra. Chi sta con noi ha un profilo liberale e riformista, mette al centro la persona umana e i suoi valori, rifiuta il giustizialismo. Gente che quando Trump dice: l’Italia starebbe meglio fuori dall’Europa si alza e dice: No, noi siamo gli eredi di Ventotene. Siamo per una società aperta, basata sul merito e non sulla rendita. Chi ha questi valori, non può stare con i sovranisti. Vale per chi ha creduto in Forza Italia ma anche per chi ha creduto nel Pd o in Cinque Stelle. È tempo di scrivere una storia nuova».