La Stampa, 2 novembre 2019
Biografia di Benedetta Paravia (Princess Bee)
La chiamano Princess Bee, la grande influencer della tv degli Emirati. 40 anni appena, è considerata un fattore chiave del Rinascimento Globale Arabo, attraverso il suo impegno in favore delle donne sulla tv emiratina. Benedetta Paravia non è solo una star. Ha una storia impegnata che piace molto alle donne arabe.
Perché ha iniziato la sua esperienza negli Emirati?
«Mi sono innamorata del Paese delle Mille e una notte dopo una vacanza. Ho voluto dare voce alla sua anima e a quella delle donne».
Come è arrivata a ideare il suo programma?
«Avevo cominciato a lavorarci con un produttore italiano della vecchia scuola, ma era maschilista. Continuai da sola e decisi di trasformare il format in una serie di sole donne. Scelsi 24 storie: 12 di emiratine e 12 di provenienti da altre nazioni. E così ho parlato di una buddista tibetana poverissima, di una libanese che ha perso una gamba a causa di un cancro a 15 anni ma ora fitness model. E di tante altre. Sono storie di successo nell’ affermazione di sè, non del denaro».
Quale è il segreto del suo grande successo?
«La serie è andata in onda subito dopo il Tg, in prime time sul canale TV di Governo di Dubai: Dubai One.1 milione di ascoltatori. Le donne emiratine si sono identificate nelle storie delle loro compatriote, e le straniere con le protagoniste immigrate. Il segreto del successo sta nell’aver rappresentato, cuore e anima di Dubai, attraverso storie vere di donne e non il solito scintillio del lusso».
E ora su che cosa sta lavorando?
«Sulla seconda serie: Hi Emirates la cui messa in onda è prevista per il 2020, e che poi arriverà in Italia. Saranno 35 le donne protagoniste».
E’ vero che ha iniziato posando come modella per Cartier, Dior, Chanel e Clarins?
«Sì. Era il 2003. La manager inglese di Bareface un’agenzia importantissima, mi disse che con i miei colori ed il mio volto avrei potuto rappresentare la donna araba nella moda. Le emiratine allora non potevano fare le modelle. Accettai, era meraviglioso essere fotografata da nomi internazionali. Oggi non serve più, ci sono modelle emiratine che lo fanno».
E’ stata impegnata anche in tutt’altra attività, la formazione.
«Si, mio padre Vittorio era Presidente della Fondazione Antonio Genovesi Salerno – SDOA. Pensammo che sarebbe stato positivo per le studentesse universitarie emiratine diciottenni venire in Italia a formarsi. Selezionavo le più meritevoli, 290 in tutto. Le portavo in visita ai siti Unesco, nei musei. Le facevo incontrare con Ministri e rappresentanti delle Istituzioni. Tornavano trasformate ed entusiaste. Erano bellissime le partenze per l’Italia, in aeroporto. Le ragazze arrivavano accompagnate da mamme e nonne o da mamme e zie. Le madri mi affidavano le loro figlie chiedendomi di proteggerle. Era commovente. Le nonne con le maschere di metallo sul viso, erano preoccupate ma fiere delle loro nipoti. Mi abbracciavano. Momenti indimenticabili».
Si apre poi una fase di impegno filantropico per i bambini. Ha fondato la Onlus Angels.
«Si, bellissima esperienza che dal 2008 dura fino ad oggi. Decidemmo di prendere in cura bambini molto malati, ignorati da altre associazioni, casi gravissimi. Li abbiamo curati con successo. Solo una, Bayan, non ce l’ha fatta».
Ha qualche episodio interessante da raccontare a questo proposito?
«Si, due. Tra i bimbi che abbiamo curato, c’era una palestinese di Gaza con un grave epatoblastoma. Le urgeva un trapianto di fegato. I biglietti aerei e parte del soggiorno furono offerti da una famiglia ebrea di Roma, i Sermoneta. Ne fui tanto felice. Siamo in tanti a voler costruire ponti. L’abbiamo salvata! »
Il secondo episodio?
«Un giorno una donna molto potente mi invitò a palazzo, per essere coinvolta nell’attività di beneficenza. Avevo disegnato e fatto realizzare un gioiello per la Pace con i simboli delle 3 religioni monoteiste la cui vendita avrebbe finanziato i viaggi dei bambini. C’era la Stella di David, la Croce e la mezza luna islamica. La signora mi offrì 2 milioni di dollari ma a condizione di togliere dal gioiello la Stella di David. Non volli accettare. Oggi sono consapevole di aver anticipato i tempi: ad Abu Dhabi si sta costruendo la Casa Abramitica dove sorgeranno una Sinagoga, una Moschea ed una Chiesa, una accanto all’altra, come nel gioiello».
E’ vero che ha anche cantato per beneficenza?
«Si, è da lì che mi venne dato il nome Princess Bee. Ho prodotto e cantato Emaraat, assieme ad Harbi Al Hamri. Per mesi fummo primi in classifica nel 2014, nei Virgin Megastore in Medio Oriente. Madonna era quinta! »
Come si trova negli Emirati Arabi?
«Sono un’italiana felice di vivere in un Paese di donne forti, in rapida evoluzione. In passato gli uomini erano pescatori di perle, salpavano per mesi, lasciando alle donne il compito di portare avanti la comunità. È lì la radice della loro forza. E a me piace raccontarla».