Corriere della Sera, 2 novembre 2019
Le case di riposo nel mirino dei Nas
I nomi sono rassicuranti: Casa Amica, Villa Paradiso, L’Accoglienza... L’ultimo in ordine di tempo a fare capolino nelle pagine di cronaca è il colosso nazionale delle case di riposo: 85 strutture gestite, 5.900 posti letto, 3 mila dipendenti, quasi 200 milioni di fatturato. Si chiama Sereni Orizzonti ma per il pm di Udine Paola De Franceschi gli orizzonti erano tutt’altro che sereni: «Bieco cinismo, perseguimento del profitto ad ogni costo, sacrificando il fondamentale interesse umano a una vita dignitosa...», ha bacchettato nel chiedere e ottenere otto arresti, compreso quello del fondatore del gruppo Massimo Blasoni, un imprenditore partito da zero poco più di vent’anni fa e a lungo consigliere regionale di Forza Italia. Si parla di frode a sei Regioni, di 10 milioni di euro di contributi pubblici percepiti illecitamente, di personale stressato, sottopagato e, quindi, di servizi di scarsa qualità e precaria assistenza agli anziani. «Mai, in nessuna conversazione intercettata – scrive il magistrato – viene manifestata la preoccupazione che gli ospiti delle strutture abbiano troppo caldo o troppo freddo o non siano lavati e puliti con la necessaria frequenza o siano abbandonati a loro stessi... Quello che interessa agli indagati è tradurre l’ospite in cifre, in modo da risparmiare il più possibile sull’assistenza». Venerdì scorso, assistito dall’avvocato Luca Ponti, Blasoni si è difeso davanti al giudice spiegando di «aver sempre cercato di arrivare alla maggiore efficienza possibile nel rispetto delle leggi».
Tutto questo succede a Udine, nel senso che l’inchiesta penale, condotta sul campo dalla Guardia di Finanza, è in corso nel capoluogo friulano, anche se le strutture interessate riguardano sei regioni: Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Sicilia. Non vengono contestati maltrattamenti, violenze o abusi, tuttavia il pm sottolinea come la truffa si sia ripercossa su «persone che meno di altre avrebbero potuto obiettare, protestare ed esigere trattamenti migliori». Udine non è un caso isolato. Negli ultimi anni in Italia sono state aperte decine di indagini sulle case di riposo. I pm perseguono reati per violazione delle norme in ambito sanitario e reati contro la persona. I numeri che sforna il Comando per la Tutela della salute dei Nas dei carabinieri fotografano una situazione critica. Dal 2017 al settembre scorso sono state chiuse o sequestrate 211 strutture, più di una ogni cinque giorni, mentre quasi una su tre è risultata irregolare.
Colpisce il dato sulle persone denunciate all’autorità giudiziaria nello stesso periodo, tutte occupate nel settore: 1.074 (251 nel 2017, 531 nel 2018, 282 nei primi 9 mesi del 2019). Dalla Federazione italiana dei pensionati della Confesercenti rimbalzano le conclusioni di una ricerca intitolata «Quelle case senza amore»: «Dal 2013 al 2018 sono oltre mille le vittime accertate delle case di riposo, con 3 mila episodi di violenza contestati agli indagati». Qualche esempio? Borgo d’Ale (Vercelli): 300 episodi di maltrattamenti; Besana Brianza, dipendenti denunciati per percosse agli ospiti; Alessandria, undici sotto accusa per aver usato farmaci scaduti... Le cause del fenomeno sono varie perché varie sono le situazioni. Per la procura di Udine non ci sono dubbi: troppa attenzione al profitto e troppo poca all’affetto. L’Osservatorio nazionale sulle residenze per anziani del sindacato Spi-Cgil parla di settore privato imperante. «Io sono il proprietario, io decido, io convoco, io faccio quello che voglio della mia azienda, siamo in un sistema capitalistico, non comunista», diceva Blasoni, intercettato. «Attenzione però, ci sono strutture private che sono dei modelli di efficienza: potrei fare molti esempi. C’è piuttosto un problema di finanziamenti del settore», aggiusta il tiro Marco Trabucchi, da 10 anni presidente dell’associazione italiana di psicogeriatria. Secondo l’Ocse, in Italia i posti letto convenzionati (250 mila) sono la metà di quelli necessari. «La domanda inevasa genera ricoveri impropri e abusivismo», denunciano alla Fipac. Di qua, dunque, i profitti, di là la mancanza di strutture. E in mezzo loro, gli anziani, sempre più soli, sempre più deboli.