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All’ultima Ifa di Berlino, la più importante fiera europea per gli elettrodomestici, tutte le principali multinazionali del settore hanno fatto a gara per mostrare i muscoli della connettività, dell’Iot e della realtà aumentata. Di segno opposto la scelta di It wash. Una ventata di semplicità da parte di una realtà industriale che è rimasta di fatto l’ultimo presidio italiano del bianco dopo la cessione di Candy ai cinesi di Haier. E che della semplicità sta facendo la sua bandiera, con la consapevolezza che in Italia e in altri mercati del mondo, ci sono migliaia di clienti che chiedono ancora «le manopole», con buona pace dei sistemi a comando vocale. Sono numerosi, nel mercato comunitario e non, i clienti di It wash che vogliono un prodotto pratico e «no frills». Per questo motivo il gruppo napoletano, con uno stabilimento ad Acerra in cui lavorano circa 250 persone (proprio a pochi chilometri dello stabilimento di Napoli per lavatrici d’alta gamma che Whirlpool ha dichiarato di volere chiudere), punta con convinzione su lavatrici se non interamente meccaniche almeno ibride, all’interno delle quali l’automazione si limita alla scheda elettronica (l’ormai imprescindibile «software» che comanda le diverse funzioni) e a poco altro, e dove la componente meccanica è preponderante. «Parte del nostro mercato è legato all’ibrido, di cui siamo al momento unici produttori in Europa; questo segmento trova un buon apprezzamento in Italia e da sempre in svariati paesi del Medio Oriente» conferma Tina Izzo, sales manager dell’azienda, nata dall’intuizione dei fondatori Elia Izzo e Ciro Tarallo, con un passato trentennale di fornitori di componentistica per le principali realtà del bianco attive sul mercato italiano. L’avvio della produzione è del 2003, con vendite soprattutto all’estero (per il 70%) e in misura minore in Italia. Nel 2010 c’è la svolta, con l’acquisizione da una procedura concorsuale del marchio San Giorgio (scongiurando la possibilità di un passaggio alla turca Beko), storica insegna del bianco italiano, operazione che ha contribuito a incrementare le vendite sul mercato interno, oggi pari a circa il cinquanta per cento del totale. Oggi l’azienda continua a investire nello sviluppo, con l’obiettivo di allargare ulteriormente la gamma di produzione. «Abbiamo da poco avviato una nuova linea, con un investimento di circa venti milioni di euro – spiega Tina Izzo -: dall’anno prossimo debutteremo sul mercato con un nostro modello di asciugatrice». La verticalizzazione estrema all’interno del ciclo produttivo permette a It Wash di rimanere competitiva in un mercato in cui il costo del lavoro, soprattutto per certe produzioni, è considerata una variabile determinante. «Produciamo quasi tutte le nostre componenti all’interno, attraverso altre realtà che fanno parte della nostra compagine sociale – spiega Izzo -. Cosit si occupa di stampi, mentre Insit è specializzata nella produzione di parti in plastica». L’azienda fattura circa 50 milioni di euro. «Siamo in utile dal secondo anno di attività» spiega Izzo. Buone anche le indicazioni per l’anno in corso, con la previsione di chiudere con un incremento del fatturato del 15-20 per cento.
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Carlo Carboni, Il Sole 24 Ore
Le nuove tecnologie consentono una trasformazione continua dei prodotti, dei modi di produrli e commercializzarli, spesso a un ritmo più veloce di quanto i consumatori richiedano. Un vortice di mode e d’innovazioni può provocare uno spaesamento del consumatore, di fronte a prodotti che ritiene eccessivamente sofisticati per le sue esigenze e del cui funzionamento potenziale, il più delle volte, non ha conoscenza.
Le sue esigenze semplici sono legate a una lunga familiarizzazione con il prodotto tradizionale e con il suo funzionamento. Ha il vantaggio di essere semplice, perché noto, come una conoscenza tacita. Moda e innovazione non vanno sempre d’accordo con necessità per il consumatore, o, per lo meno, con una parte dei consumatori. Il cambio automatico in auto è comodo, ma la rinuncia al cambio manuale, in questi anni, non è stato il pezzo forte del mercato italiano dell’auto. Mentre si lavora per auto driverless, non bisogna dimenticare che c’è a chi piace guidarla e non ci rinuncerà facilmente. Per non parlare di chi non si fida e che teme anche un volo aereo.
Il controllo piace non solo al “sistema”, ma anche le persone non vogliono vivere situazioni fuori controllo dalle proprie capacità. Piuttosto che affidarsi alle magie tecnologiche, meglio un prodotto il cui funzionamento sia noto, magari un po’ retrodatato, ma affidabile perché di qualità nei materiali e nei componenti. Si tratta di una cultura sociale meccanica, analogica, conservatrice, abitudinaria, dura da scomparire, a causa dei fasti industriali novecenteschi e, soprattutto, comune a una quota non risibile di consumatori.
Nella riscoperta degli oggetti nuovi retro, c’è la lavatrice semplice e tradizionale nel funzionamento della IT wash, ma anche la riedizione di oggetti cult, come la Fiat 500, la Vespa, il disco di vinile, ecc., per i quali, inoltre, esiste anche un florido mercato di oggetti vintage (prodotti nel passato). Per questi oggetti, funziona il ricordo, una loro appartenenza alla vita quotidiana del consumismo della “prima ora” dei prodotti industriali. Gli oggetti cult del passato sono riproposti in chiave post-moderna: forme del passato ibridate con tecnologie d’oggi. Nel caso della lavatrice ibrida della It wash, c’è però qualcosa di diverso, al di là della parziale ibridazione tra tradizione - sinonimo di qualità, semplicità- e modernità tecnologica – anche come tecnica di qualità e di funzionamento-.
Suona diversa la riproposizione del modello verticale dell’organizzazione produttiva per garantire la qualità di materiali e dei componenti, totalmente made in Italy. Diverso è anche il pubblico dei consumatori, una quantità non trascurabile, che subisce il fascino rassicurante dell’oggetto già familiare, quindi, semplice da usare. Le tecnologie del passato le conosciamo, quelle nuove sono troppo “immateriali” per essere apprezzate in modo da suscitare il tecno-entusiasmo della totalità dei consumatori. Esiste una nicchia di mercato, tutt’altro che irrilevante, che ritiene che il meglio del passato sia preferibile a un prodotto innovativo, se si prospetta troppo sofisticato. L’ampiezza di questa nicchia di mercato dipende fortemente dal contesto. Se un paese ha ancora qualche milione di casalinghe, avrà pur sempre una presenza in casa in grado di girare una manopola con semplicità. In tal caso, tecnologie sofisticate, come un robotline domestico, potrebbero essere anch’esse destinate a un mercato di nicchia, di single newyorkesi o milanesi, per intenderci.
Dopo un anno e mezzo trascorso in Asia, io stesso devo contabilizzare che nelle mie quattro diverse residenze, ho avuto ben tre volte a che fare con una lavatrice semi-automatica (due cestelli): per i consumatori medi indiani è ancora uno standard, anche perché la tradizione delle grandi lavanderie collettive, con lavaggio a mano (dà lavoro a centinaia di migliaia di indiani) è ancora quella che produce il miglior bucato a basso costo. La tecnologia non sempre appare opportuna ai consumatori.
Mentre infuria la domotica e si crea un overload di opportunità di nuovo funzionamento, il caso It Wash ci rammenta che la transizione alla casa del futuro avrà un ritmo differito.