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 2019  novembre 01 Venerdì calendario

Cottarelli: «La vera evasione fiscale è a 130 miliardi»

L’evasione fiscale e contributiva in Italia è ben più dei 109 miliardi l’anno calcolati dal ministero dell’Economia: viaggerebbe sui 130 miliardi, il 7,7% del Pil, un livello drammaticamente superiore a quello dei nostri concorrenti. La stima- choc viene da Carlo Cottarelli, che con i tecnici dell’Osservatorio sui conti pubblici da lui diretto presso la Cattolica, ha rifatto i calcoli.
Cottarelli, perché questo brusco peggioramento rispetto alle stime precedenti, già abbastanza allarmanti?
«Le stime sono state predisposte dalla commissione presieduta da Enrico Giovannini, che ha lavorato con grande meticolosità e rigore. Non coprono però, come chiaramente indicato dalla relazione stessa, tutte le tasse e i contributi. Trattandosi di valutazioni ufficiali oggetto di analisi anche in sede europea, però, non sono inserite nella stima dell’evasione alcune voci per cui non erano disponibili informazioni complete. Fra queste, la più cospicua è quella dei contributi non versati che riguardano i lavoratori autonomi. Noi abbiamo considerato l’alta evasione che caratterizza l’Irpef da lavoro autonomo, che la commissione stima intorno al 68% delle tasse che teoricamente dovrebbero essere pagate (contro circa il 3,6% dei dipendenti). È verosimile che l’evasione degli oneri sociali corrispondenti sia altrettanto elevata. Inoltre, sempre per motivi di incertezza delle stime, non viene calcolata l’evasione per altri tributi minori come le imposte ipotecarie e altre tasse sugli immobili, le imposte su tabacchi, quelle su bollo e assicurazioni. Mettendo tutto insieme si arriva facilmente a una evasione di almeno 130 miliardi».
Nel corso degli anni si è registrata una lieve riduzione dell’evasione.
Aumentando la base imponibile e le tasse che dovrebbero essere pagate teoricamente l’evasione percentuale si riduce un po’. È così?
«Sì, anche se, inutile dirlo, la riduzione dell’evasione è del tutto insufficiente. Dal 2012 al 2016 la propensione al cosiddetto "gap", cioè l’evasione come percentuale di quanto dovrebbe essere effettivamente versato, è scesa dal 22,1 per cento al 21,4%. Ma ci sono differenze fra imposta e imposta: l’evasione dell’Iva per esempio è stimata nel 2016 al 27%: pensate che negli anni ’80 era tra il 35 e il 40%. In altri comparti il recupero è assolutamente insufficiente. È comunque confortante pensare che l’evasione non si è impennata negli anni della crisi, contrariamente a quanto accade in momenti di difficoltà economica».
Se lei fosse al governo cosa farebbe per combattere l’evasione?
«Metterei una pietra sopra alla stagione dei condoni. Siamo rimasti l’unico Paese occidentale, insieme alla Grecia, con questa malsana abitudine. La certezza che prima o poi arriverà un condono totale o parziale, è un sicuro viatico all’evasione di massa. È vero, di non farne più l’hanno promesso praticamente tutti i governi, però l’hanno fatto "in coda" a qualche condono. Anche il centrosinistra di Renzi purtroppo ha ceduto a questa tentazione con la voluntary disclosure e la rottamazione delle multe. Certo, c’è condono e condono e altri governi hanno fatto ben di peggio. È una questione di credibilità. Intendiamoci: in tutto il mondo esiste la possibilità di negoziare e rateizzare un pagamento dovuto, purché ci si presenti all’autorità amministrativa e si dimostri che si è evaso perché era proprio impossibile pagare. È ben diverso dal condono all’italiana che riguarda tutti indistintamente».
Altre misure? Cosa pensa della proposta sulle manette?
«Mah, aumentare le pene, come viene suggerito per i grandi evasori, servirebbe come segnale, ma poi è la pratica che conta. Ricordo che anche ora c’è il reato penale con l’arresto per gli evasori, e oggi 200 persone sono in carcere. Peraltro si dice che in America si finisca in galera con facilità, ma a dire il vero risulta che non più di 300 evasori siano dietro le sbarre, addirittura meno che in Italia facendo le proporzioni. Ma quello che in America, così come nel nord Europa, funziona meglio, sono i controlli: capillari e oggettivi. Senza sconti. Perché lo siano anche da noi occorre intanto intensificarli, e poi cercare di centralizzarli il più possibile. Infine, credo che siano utili misure come la fatturazione elettronica. La tracciabilità dei pagamenti è essenziale. Certo, i limiti al contante non sono un toccasana ma sono anch’essi un segnale».